martedì 11 dicembre 2012

10MILA COSE CHE MI FANNO INCAZZARE/9995

 "NON ANDATE A VOTARE E STATEVI ZITTI". LA "DEMOSCROTIZZAZIONE" DELLA CULTURA

Se c'è una cosa che mi fa incazzare questa è la democratizzazione della cultura, che io chiamo la demoscrotizzazione della cultura, e i suoi effetti.
L'equivoco sotteso a questo sviluppo è lo stesso che fa da base alla democratizzazione della politica, che noi chiamiamo democrazia. In realtà, già la parola "democratizzazione" contiene in radice la parola democrazia, per cui sembra che il mio discorso sia una tautologia, un circolo logico e anzi
semplicemente verbale. Ma la scelta delle parole non deve sviare dal fondamento di quello che voglio dire. Diciamo allora, per meglio capirci, che la democrazia è la politica messa a disposizione del popolo, cioè di tutti. Non certo, ovviamente, nel suo aspetto operativo (il "fare" la politica, che richiede conoscenze tecniche), ma solo per quanto concerne la scelta dei nostri rappresentanti politici, che poi andranno a prendere decisioni su nostro mandato. Ma qui scatta l'equivoco, basato su una mancanza di coraggio degli addetti ai lavori: il coraggio di dire che anche chi sceglie i futuri governanti deve avere gli strumenti per capire cosa andranno a fare, e se ne saranno in grado. La democrazia nasce così zoppa, perchè da una parte il popolo è sovrano, dall'altra non si può porre la problematica dell'inadeguatezza delle masse nel scegliersi i rappresentanti politici senza rischiare di minare un fondamento della democrazia moderna: il suffragio universale.

"Libertà di Voto" e "Libertà di Parola": Tutt'un Equivoco

Che il gioco democratico spalanchi le porte con una frequenza impressionante a populisti e a estremisti di ogni sorta da una parte, o a semplici mediocri dall'altra, è semplicemente il cerchio che si chiude: il popolo tende a votare chi gli assomiglia, cioè personalità viscerali od omini senza arte nè parte. E' destino della democrazia disegnare ad ogni occasione un movimento circolare che sancisce la regola della fungibilità della classe politica rispetto al popolo che la elegge. In parole semplici, come una regola del successo televisivo è quella di scegliere i propri personaggi non tra le persone in gamba, ma tra quelle con cui lo spettatore medio possa identificarsi, così la politica sceglie i propri rappresentanti non tra le persone tecnicamente in gamba, ma il popolo sceglie direttamente (e senza la mediazione esercitata in tv direttore di rete) coloro che sono simili a loro. Tutti possono sostituire tutti ("fungibilità"), e il merito non ha nessun ruolo. In politica la mentalità troppo "tecnica" o "ragionieristica" non accende gli animi, così come in tv la personalità troppo brava e brillante dà fastidio e suscita invidia tra gli spettatori. Il risultato è che chiunque potrebbe andare a fare in tv quello che fa Paolo Conti, così come chiunque potrebbe andare a fare in Parlamento quello che fa Enrico Boselli. Per questo è giusto dire che la democratizzazione della cultura non è per nulla dissimile alla democratizzazione della politica. Per carità, qui ci si muove su un terreno sdrucciolevole, perchè quando si contesta il suffragio universale si rischia di dare l'impressione di dire che non tutti debbano avere diritto di voto. In realtà, tutti devono avere diritto di voto (politica) così come tutti devono avere diritto di parola (cultura). Ma questo non ci impedisce di dire che non tutti possono fare politica e non tutti possono fare cultura. se uno di quelli che vota i populisti o gli incompetenti si mette in testa di esercitare la politica, una democrazia sana è quella che pone dei paletti per impedirglielo. Se uno che non ha istruzione su ciò di cui parla ne discute in pubblico (e cioè "fa" cultura), una cultura sana (nel contesto di un principio di libertà di parola correttamente inteso, e cioè facente capo a una democrazia sana) glielo deve impedire. Ma attenzione: l'elemento "pubblico" qui è determinante: se uno massacra shakespeare tra le mura di casa sua, non "fa" cultura, ma solo chiacchiera; se uno massacra Shakespeare in un convegno di dotti, con giovani studenti a pendere dalle sue labbra, allora qui c'è l'elemento del pubblico e costui "fa" cultura. Allo stesso modo, non è affatto vero che l'unico modo per fare politica sia quello di entrare nelle stanze del potere: il semplice voto, che ha naturalmente rilevanza "pubblica", è un "fare" politica. Conseguentemente, quanto detto sopra a proposito del politico praticante va esteso anche al semplice votante.

L'Anarchia Strisciante

Ad ogni modo, politica e cultura sono due facce di una stessa medaglia. Se si capisce questo, si è sulla buona strada. Dire che tutti devono avere diritto di voto equivale a dire che tutti devono avere accesso agli strumenti per votare in modo consapevole, cioè il discorso politico incorpora il discorso culturale. Allo stesso modo, dire che tutti hanno diritto di parola equivale a dire che tutti devono avere accesso agli strumenti della cultura e alla scuola che li distribuisce, secondo un principio egalitario correttamente inteso (cioè, anche qui, facente capo a una democrazia sana), cioè il discorso culturale incorpora il discorso politico. "Diritto di voto" non deve significare il diritto di segregare il paese per 5 anni nella prigione di inefficienze e illegalità scaturite da una scelta iniziale sbagliata, così come "diritto di parola" non significa dare a tutti carta bianca per sequestrare la cultura nelle segrete di un "opinionismo" fallace, sterile e fine a se stesso. L'egalitarismo democratico inteso nel senso che “tutti possono fare e dire tutto”, a prescindere dalla preparazione e dalla condivisione di strumenti propedeutici a un corretto esercizio di tali diritti, è solo una propaganda democratica che nasconde l'anarchia: comprensibile in un periodo nel quale la democrazia doveva ancora imporsi, ma ingiustificabile per una democrazia che si vuol dire matura. L'equivoco sottostante la democratizzazione della politica porta ad esiti che tutti conosciamo e abbiamo conosciuto negli ultimi 20 anni. L'equivoco sottostante la democratizzazione della cultura può avere effetti altrettanto devastanti. Per chi voglia a tal proposito farsi 4 risate, legga l'ultimo paragrafo.

"Calmierare i Bollenti Spiriti"

Su una rete televisiva locale della mia città, c'è a ora di pranzo una trasmissione di cui non faccio il nome per non circostanziare troppo. Argomenti:
attualità politica e cronachistica. Ospiti: prevalentemente politici veneti. Struttura della trasmissione: prevalentemente un "dare la parola" telefonicamente a chi sta a casa (in genere casalinghe e pensionati, perchè la trasmissione è ad ora di pranzo), per stimolare così la discussione in studio. Chi la vede, subisce una sensazione simile alla nostalgia, e mi spiego. Chi può dire se la nostalgia è cosa buona o cattiva? Certo si piange sui bei tempi andati, ma lo si fa con un gusto dolce in bocca e nella mente. Allo stesso modo, vedendo questa trasmissione, si piange sui brutti tempi arrivati, ma lo si fa sbellicandosi dalle risate. A onor del vero, si "piange sui brutti tempi arrivati" non direttamente, ma ascoltando la mediocrità colpevole di persone che sono assieme l'effetto e la causa dei tempi che stiamo vivendo. E' il Veneto "che si è fatto da solo" quello che si ascolta in quella trasmissione dalla bocca delle persone in studio e da casa. Il risultato di quest'opera autopoietica? Il lettore giudichi da sè. Queste sono alcune delle cose che sono uscite da quella trasmissione, e che io ho volenterosamente raccolto (miei commenti tra parentesi): 
1) “Bisogna sconfiggere il terrorismo occupando la striscia di Garza.” (bastasse un semplice bendaggio per sanare certe ferite..."
2) “E' brutto dover constatare il progressivo barbarimento della politica” (e perchè no “giovannamento” o “elenamento”?).
3) “Bisogna essere uniti nella lotta contro il turismo!” (forse "terrorismo"?)
4) “So che mi tirerò addosso qualche inamicizia, ma posso fare una critica a quei due ospiti della sinistra? Fate schifo!!” (Quel che si dice una critica costruttiva...)
5) “E' tutto un magna-magna. Svergognatevi!” (Ssi shai sragione, schiedo svenia.)
6) “Cerchiamo di calmierare i bollenti spiriti, qui, eh?!” (Lo dicevo io che in tv si parla troppo di economia...)

Conclusione Polemica (e non potrebbe essere altrimenti)

Vedete allora qual è la vera differenza tra noi e gli americani? Che loro possono dire "I have a dream..." parlando del loro futuro; noi possiamo dire "I have a nightmare" parlando della merda di presente in cui siamo impelagati.
La prossima volta, FATECI CASO.