giovedì 30 maggio 2013

ZUPPA DI ZOMBIE: "Zombie Nation"

Zombie Nation

IL GIORNALISMO PERMETTE UNA VERA CONOSCENZA? LA STRUTTURA "INEZIALE" DEL GIORNALISMO CONTEMPORANEO E IL SUO RAPPORTO CON LA CONOSCENZA STORICA

(Difficoltà: 4,1/5)

Marco TravaglioHo sempre pensato che il giornalismo stia alla Storia come l'acqua sta alla pietra su cui scivola via nei giorni di pioggia. Conoscenza giornalistica e conoscenza storica occupano ruoli sostanzialmente opposti. Questo perchè il giornalismo, un po' per sua natura un po' per intenzionalità maliziosa, sta lì apposta per confondere le acque attorno al senso stesso del fatto di cronaca, ivi incluso quello destinato potenzialmente a passare alla Storia. Certo è principalmente una questione di forma mentis: il giornalista non deve scrivere per un sapere abbastanza universale da meritare di essere tramandato, impiegato nelle scuole o citato nelle università. Gli interessi del giornalista sono più vicini a quello che intendiamo con la parola “curiosità”. Questo cronico interesse per la curiosità, il particolare sciocco, l'elemento scandalistico o l'inezia, si incrocia solo raramente con quello che viene chiamato “giornalismo d'inchiesta”. Ne consegue che quest'ultima forma di giornalismo (invero la più nobile), non è affatto rappresentativa del giornalismo in quanto tale, ed è più rara di quanto si pensi, se non schiettamente accidentale. Basti pensare a quante poche sono le volte in cui, come nello scandalo Watergate rivelato dai giornalisti del Washington Post Woodward e Bernstein, il fatto dietro la cronaca ha potuto assurgere alla nobiltà di evento storico. 


Giornalismo "d'Attualità" e Giornalismo "Storico": il Ruolo della Periodicità

La differenza fra la conoscenza storica e quella giornalistica sta tutta proprio nella difficoltà di definire una “conoscenza” giornalistica. I giornali “informano” veramente? Offrono spunti di educazione o di acculturamento? C'è da dubitarne. L'elemento decisivo per il giornalismo, se confrontato con la cronaca storica, è l'unità di tempo prescelta. Nel caso del giornalista, questa è decisa dalla periodicità del giornale o rivista sul quale scrive. Man mano che la periodicità aumenta (fino alla rivista semestrale o all'annuale), il livello di analisi, la pregnanza e significanza dell'argomento affrontato, e la raffinatezza nel modo di affrontarlo, aumentano e si migliorano. Così si va dagli articoli di aria fritta della Repubblica o del Corsera, che riprendono magari l'ennesima ri-conferma o ri-smentita di una ricerca scientifica (una delle più “in” è quella della dannosità/virtuosità del vino rosso), ai coraggiosi reportage di Fabrizio Gatti sull'Espresso, fino ad arrivare alle soglie fra giornalismo e Storia. Va detto a questo proposito che il giornalista di qualità - molto raro specialmente in Italia - è colui che, senza essere uno storico, coltiva una “memoria storica” più o meno diacronicamente accentuata, che può limitarsi a ricercare citazioni e riscontri in articoli o editoriali degli ultimi anni, oppure veri e propri parallelismi e indizi di un'eziologia storica, o entrambi. Nel primo caso si ha il Travaglio (a cui non fa difetto però naturalmente anche una solida conoscenza storica dell'Italia Repubblicana); nel secondo, caratteristicamente, giornalisti più vetusti (Montanelli, Cervi, Biagi). Il giornalista privato di memoria e conoscenza storiche, all'opposto, sarà nel migliore dei casi condannato a essere vittima del proprio tempo e del conformismo che questo detta. C'è infine il caso dei giornalisti prezzolati, che fanno categoria a sè in quanto "scrivani" del potere.


Inezia, Sensazionalismo e Gossip come Elementi Strutturali del Giornalismo Contemporaneo

Il giornalista prigioniero dell'hic et nunc, si è detto, contrapposto allo storico o ai (rarissimi) giornalisti disposti a ricercare corsi e ricorsi, cause ed effetti nel continuum storico, per addivenire a una comprensione più profonda dell'attualità. Del resto, a tutti può risultare chiara la difficoltà di riempire ogni giorno 50-60 pagine di un quotidiano. Ma con questo non si vuole sminuire le responsabilità della categoria: infatti non sta scritto nelle Tavole della Legge che i quotidiani debbano avere tutto quello spazio. Da quando i giornali sono usciti dal loro ruolo elettivo, cioè quello asciuttamente cronachistico, aumentando le rubriche e ricalcando così l'offerta dei settimanali, hanno sbracato verso il confine del gossip sensazionalistico e oltre, e questo ha contaminato di ritorno le rubriche più tradizionali come quella politica e quelle dell'Economia, della Cultura, dello Sport nonché, a strascico, gli editoriali degli “esperti”, che devono commentare come capita quello che capita. E' al fondo una questione di ristrettezze temporali, che però vanno a formare il calco di uno stigma mentale, come si diceva: innegabilmente, una cadenza settimanale di pubblicazione offre più tempo per la selezione, l'elaborazione e l'approfondimento della notizia, mentre i tempi per i quotidiani sono molto più stretti. Le stesse dimensioni raggiunte dai quotidiani sono quindi un chiaro indizio di un contenuto esteso artificialmente a mò di divagazioni, sparate, inezie, sollecitazioni pseudo-pornografiche, ricerche scientifiche confermate e poi smentite, scoop tirati per i capelli o puttanate più o meno elaborate. 


La Parola al Posto dell'Azione: Politica e Giornalismo Alleate nella Strategia dell'Immobilismo

Naturalmente, il terreno d'elezione della supercazzola evasivo-digressiva non può che essere la politica. La politica è in Italia da tempo immemorabile il terreno del detto-non detto, del detto ma non pensato, del pensato ma solo alluso, del pensato detto diversamente, del diversamente taciuto. Il parlamento italiano sta al Bundestag tedesco come il teatrino dei Sofisti sta alla Agorà ateniese. Posta di fronte a problemi concreti da risolvere, la politica è tutta un: "Dobbiamo trovarci attorno a un tavolo per valutare l'abbozzo di un'idea rivolta a un disegno strategico che porti a un abbozzo di intervento. La dialettica politica italiana è l'arte dell'elusione dell'impegno. E i giornalisti sono ben felici di offrire una sponda o una cassa di risonanza, da una redazione o studio televisivo all'altra, per queste manovre di ottundimento distrattivo dell'opinione pubblica. Il cicaleccio di politici inetti è in questo senso perfettamente complementare alla forma mentis “riempitiva” del giornalista medio, che è ossessionato dal “pezzo” da consegnare e dal countdown scandito dalle rotative di stampa. Un blaterare sempre uguale a se stesso snellisce e facilita il lavoro del giornalista, per il quale le parole reiterate all'infinito del politichese diventano una seconda natura, come il campionario degli "scenari" e delle "strategie" che le dichiarazioni dei politici evocano in loro ormai quasi automaticamente, e che l'interpretazione giornalistica infila nell'intercapedine fra il detto e il non detto.
Politica e giornalismo si associano insomma per dar vita all'autoreferenzialità assoluta: quella che si basa sulla parola vuota, sullo slogan politico, sul politichese stretto e largo, dove significante e significato vanno a spasso per direzioni contrapposte. Il "cortocircuito comunicativo" di cui ogni tanto si parla non è un discorso interno alla comunicazione, ma si riferisce al rapporto tra parola e azione, dove la parola non diventa mai azione se non per realizzare il proprio contrario, nel circolo infinito delle promesse disattese. Esso è il vuoto pneumatico che si crea fra parola e azione, a vantaggio dell'inerzia, dell'inazione e del nascondimento. Tutto questo mentre fuori dal Palazzo infuriano i prodromi di una guerra civile.


Walter Veltroni Padre Italiano dell'"Infotainment"?

In allegato a questo articolo, ci tocca parlare di Veltroni. Per quanto appaia strano che una personalità siffatta abbia potuto influire in qualsivoglia ambito della vita pubblica, va ammesso che la pratica del gadget inaugurata dal nostro sull'Unità nel corso dei '90, ha determinato uno sconquasso dell'idea stessa di giornalismo, relegando la notizia e il lavoro di giornalisti anche prestigiosi ad appendici accessorie. Da coadiuvante della vendita della testata, il gadget l'ha vampirizzata, sottraendo inesorabilmente valore giornalistico al mezzo e quindi, a cascata, serietà e pregnanza ai temi trattati. Il discorso va ben là di questo o del tal altro gadget, estendendosi all'idea di giornalismo e alla percezione della realtà ricavabile dalla sua produzione. Ogni tematica affrontata deve, al pari di un film, di un cd o di un pupazzetto da collezione, far “divertire”. Il cosiddetto Infotainment è giustificabile nella sezione dello sport o degli spettacoli; quando è invece invece la cronaca “seria” a subire la giustapposizione dell'affettazione melensa, della velleità letteraria, del particolare gustoso o morboso ecc., allora l'intero discorso si corrompe, come si corrompe il rapporto del lettore con la realtà, rapporto che è ancor oggi per ampi versi esclusiva di questo tipo di giornalismo.
Veltroni ha cioè fatto al giornalismo quello che ha fatto alla Sinistra italiana: l'ha demolito. Ma - va detto - allora come adesso egli ha fatto tutto con le migliori intenzioni. Perchè - si veda - Veltroni non è una persona cattiva e non è nemmeno un giornalista: è semplicemente un politico, in quanto tale inetto.

Cosa c'è Sotto?

sabato 25 maggio 2013

ZUPPA DI ZOMBIE: "Magraba Consolazione"

Magraba Consolazione

10MILA COSE CHE MI FANNO INCAZZARE/9988

(Difficoltà: 2,1/5)

IL VOCABOLARIO DELLE CASTE: LA PAROLA "LUCIDITA'"
COME SPIA DELLA GERONTOCRAZIA ITALICA

Lucidità
Se c'è una cosa che mi fa incazzare, è la frase “con grande lucidità”. E', questa, una frase che si usa frequentemente nel mondo della politica della cultura e delle accademie, quando si vogliono tessere gli elogi di qualcosa che uno ha detto o fatto (qui un caratteristico esempio che tocca la giovane promessa della politica italiana Giorgio Napolitano). In realtà, lo spirito di cricca che impregna gli ambiti elitari della società italiana fa sì che queste attestazioni di merito siano nulla più che le solite ruffianate a “partita di giro” (un giorno io a te, domani tu a me) nei confronti delle quali il contesto specifico (la frase detta) è solo un pretesto.
Si noti poi a margine che esistono numerose varianti, se possibile ancora più grottesche: per esempio il “Magnifico” attribuito al Rettore delle università, o il “Chiarissimo” rivolto ai professori ordinari (e quale miglior complimento rispetto alle circonvoluzioni retoriche con le quali costoro mascherano in libri e conferenze da insondabile sapienza un'inconcludente dabbenaggine?)


 La Lucidità in Fondo al Tunnel

Ora, la frase o parola in oggetto (“con grande lucidità”, o “lucidissimo”, “lucidamente” ecc.), per quanto frequente e anzi proprio per questo, rischia di scivolare via nel turbinio quotidiano di frasi fatte, promesse vuote e inchini verbali che le personalità afferenti alle varie categorie professionali (ma in particolare quelle più esposte pubblicamente, come politica, cultura e giornalismo) si distribuiscono vicendevolmente in ogni dove e a ogni quando. Se però, discorso che vale in generale, si cerca di dare forma al fastidio istintivo che certe parole (come certe immagini o atti) ingenerano nel pubblico più critico, allora si può arrivare ad aggiungere importanti tasselli interpretativi sui modi operandi e cogitandi degli ecosistemi del privilegio sociale, che hanno nella politica, nella cultura (accademica e non) e nell'informazione le loro rappresentanze più caratteristiche e influenti.
Cosa evoca la parola “lucidità”, se presa in questo contesto? Semplicemente l'idea che una personalità, pur dovendo essere rincoglionita per raggiunti limiti di età, ha (sorpresa!) ancora il cervello che le funziona. E si cerca di compiacerla facendoglielo notare. All'aspetto della vuota e pretestuosa riverenza, si aggiunge quindi l'allusione involontaria (ma proprio per questa rivelatoria) alla gerontocrazia che risaputamente controlla in Italia i vertici della politica, della cultura, dell'informazione, della finanza e dell'impresa. E' notizia fresca, per esempio, che la Grande Recessione, ormai diventata dopo 6 anni un discorso a tre (Grecia, Spagna e Italia) fa nel Belpaese strage di giovani (che dovrebbero rappresentare il futuro e invece sono per quasi il 40% disoccupati), e gli unici che sembrano passarsela bene sono le cariatidi che monopolizzano trans-settorialmente gli strati dirigenti (e che nei decenni hanno ridotto il paese a una fogna a cielo aperto).


Il Decadentismo delle Cricche: un Esoterismo Pataccaro e "Lucidamente" Idiota

Naturalmente, un complimento che allude più o meno indirettamente alla stupidità è un complimento equivoco, e quindi frutto esso stesso di stupidità. Ma la Storia insegna che tanto più un potere riposa su basi fragili, tanto più è indotto non solo all'intolleranza e alla prepotenza, ma anche alla pompa, all'autocelebrazione e all'ermetica chiusura in un milieu ovattato, esclusivo, totalmente autoreferenziale, contrassegnato da insuperabili barriere di accesso e dove ci si scambia favori e parole dolci. E' in questo contesto che si elabora un codice culturale che si avvale spesso di una simbologia esoterica (le ridicole vesti che i professori indossano all'apertura dell'anno accademico, sorprendentemente simili alle toghe massoniche, sono solo un esempio), e sempre di un linguaggio talmente ricercato e fanfarone da diffondere un'atmosfera di catatonico ottundimento nell'utilizzatore di un'italiano medio.
Se è vero che la risata può valere come strumento della rivoluzione (la “pernacchia” di Totò o il detto “una risata vi seppellirà”), allora bisogna concludere che le elite del nostro paese fabbricano le munizioni per le stesse pistole che si vedono puntare alla testa. 
La prossima volta, fateci caso.

Buona Morte, cattiva immortalità


lunedì 13 maggio 2013

OMOSESSUALITA': COSA SI CELA DIETRO IL NUOVO "CONSENSUS"

(Difficoltà: 3,8/5)

Macchia di RorschachIn questo articolo vorrei affrontare tre ordini di considerazioni. Il primo di carattere ideale; il secondo di carattere storico-demografico; il terzo di carattere per così dire "socio-interpretativo".


Il Duplice Pregiudizio sull'Omosessualità

Quando si parla di omosessualità, si ingenerano frequentemente due tipi di pregiudizi, pressochè uguali, chiaramente opposti. 
1) Il primo è quello a cui più immediatamente si pensa: quello cioè che condanna l'omosessualità come un'anomalia e una malattia. A quale grado di aberrazione un simile pregiudizio possa giungere, è illustrato dalla sorte del matematico inglese Alan Turing, morto suicida negli anni '50 del '900 perchè condannato per il reato di omosessualità da un tribunale inglese a una cura di ormoni femminili.
2) Il secondo tipo di pregiudizio a cui accennavo è quello, ultra-liberale, che quasi celebra l'omosessualità come un valore, come una cosa equipollente per normalità all'eterosessualità. Anche quello che può essere definito un "anti-pregiudizio" mantiene i tratti del pregiudizio. Infatti, è certamente sbagliato considerare l'omosessualità come un'anomalia, ma è altrettanto incoerente considerarla come una condizione di assoluta normalità. Questa mia idea può suscitare scandalo solo presso chi sia rimasto irretito in questo pregiudizio. Il concetto di “politically correct” sta alla società come quello di “diplomazia” sta alla politica: è vissuto come un'ipocrisia necessaria, e la discussione sull'omosessualità è un caso emblematico. Se disclochiamo per un momento la massima kantiana dell'“agisci come se la massima della tua azione dovesse essere elevata dalla tua volontà a una legge universale di natura” dall'ambito della morale a quello naturalistico-darwiniano, capiremmo che l'omosessualità non è un'anomalia, ma sì una condizione peculiare che, se estesa all'intero genere umano, lo porterebbe all'estinzione. Dobbiamo sforzarci di capire che la contestazione di questo fatto come di un “pregiudizio”, sarebbe essa stessa un pregiudizio (del secondo tipo descritto) che nega la realtà dei fatti naturali. E dobbiamo anche sforzarci di capire che non tutto ciò che diverge da una condizione di normalità è necessariamente negatività o impoverimento, anzi è spesso l'esatto contrario, come testimonia la figura del genio.


Alle Origini dello Sviluppo “Virtuoso”: il Ruolo della Mercato e della Politica

Il secondo ordine di considerazioni è quello di carattere storico-demografico. E' palese riscontrare un notevole cambiamento di sensibilità nei confronti della condizione omosessuale, nonostante i vecchi pregiudizi (quelli del primo tipo che ho descritto) siano duri a morire. Si parla sempre più spesso del riconoscimento di diritti civili coniugali, e le aperture in seno alla società e alla politica si sprecano. Il fatto che, pur in tempi di grave crisi economica, questa ed altre questioni collegate occupino con costanza l'apertura di quotidiani come il francese Le Monde, non può essere un caso. Ma chiediamoci piuttosto: è questa serie straordinaria di aperture mediatiche e politiche veramente il frutto di una diffusa sensibilità verso la condizione omosessuale? Come nel caso dell'uovo e della gallina, è sempre difficile distinguere ciò che è causa da ciò che è effetto. Certamente l'uomo comune è diventato in media più aperto e tollerante verso gli omosessuali, e quindi i media, la produzione culturale, la politica hanno seguito a ruota. D'altra parte però, i media e la politica hanno svolto un ruolo nella sensibilizzazione della società attorno a questa questione. Chi ha influenzato chi? E' stata un'operazione portata avanti dai media, dalla produzione culturale e dalla politica o un moto spontaneo della società a cui giornali, pubblicità, industria culturale e classi dirigenti hanno dovuto adeguarsi? Questione difficile da risolvere, e comunque nemmeno molto essenziale. Sembra di poter dire che se l'attuale rivalutazione della condizione gay fosse attribuibile alla generalizzata emancipazione dei costumi sessuali, essa avrebbe manifestato i tratti attuali già a ridosso degli anni '60 o '70. Ma ciò non avvenne: film e sitcom dai '70 in poi palesano pregiudizi e motteggi ai danni degli omosessuali che se mostrati oggi condurrebbero a un sollevamento dell'opinione pubblica. La mia opinione è piuttosto che vi possa essere stato in tempi recenti un accrescimento della popolazione omosessuale, e che questo accrescimento sia però molto più percepito che reale: semplicemente, si sono prodotte delle condizioni socialmente più favorevoli per l'“outing”, poi il risultato è stato registrato sociometricamente ed è finito sulle scrivanie delle agenzie di marketing e delle segreterie politiche, che hanno così scoperto un nuovo target di consumatori/elettori. Il vero effetto a cascata sulla percezione pubblica della questione si è avuto quindi con questo passaggio fondamentale, e cioè con il risveglio di un interesse commerciale e politico attorno alla rappresentanza omosessuale della popolazione, che ha reso “mainstream” questioni appartenenti a una micro-rappresentanza sociale diventata ora numericamente appetibile.


L'Evoluzione in Positivo dell'Opinione Pubblica Attorno alle Tematiche Gay: il Ruolo Giocato dalla Scoperta della Fecondazione in Vitro

Ma ogni discorso sul legittimo esplodere della solidarietà verso la condizione omosessuale può essere affiancato da un ulteriore elemento interpretativo, possibilmente dirimente. E' l'elemento socio-interpretativo al quale accennavo. Si è parlato sopra del dato di fatto di un'estinzione del genere umano nel caso altamente ipotetico che la condizione omosessuale potesse essere fatta valere per tutti, ciò che preclude una sua "normalità" in senso strettamente logico. Ma a ben vedere, nel dire questo non si tiene conto degli ultimi sviluppi della scienza in termini di fecondazione artificiale. Quindi una domanda si impone: è possibile che l'improvvisa generalizzata attenzione verso le dinamiche e le problematiche gay sia attribuibile a un rilassamento dell'istinto autoconservativo della specie che vedeva nel diffondersi dell'omosessualità una possibile via verso la propria estinzione? E' possibile che la copertura mediatica offerta allo sviluppo di evolute tecniche di fecondazione in vitro, assurgibile a concreta alternativa tecnologica all'utero femminile, abbiano adombrato in tale prospettiva una soluzione reale al problema dell'estinzione umana, tenendo aperta una possibile via di fuga e rassicurando quello che Schopenhauer chiama lo "spirito della specie"? E' chiaro qui che si sta riflettendo in termini di "inconscio collettivo", come è il caso dell'intero articolo, e che l'elemento interpretativo della fecondazione artificiale getterebbe lumi sui motivi per cui nei media questioni come il matrimonio e le adozioni gay abbiano guadagnato così tanta attenzione.
Ma se l'omosessualità diventa una prospettiva "sostenibile" di vita nell'economia della specie, allora anche l'universalistico precetto morale kantiano potrebbe essere utilizzato in senso inverso, cioè per avvalorare la liceità morale dell'omosessualità proprio a partire dalla universalizzabilità della stessa in termini naturali.


Riflessione Conclusiva

L'improvviso infervorarsi della discussione attorno alle problematiche del mondo gay è in parte caratterizzato da apprezzabili momenti di apertura e di confronto. Ma non bisogna mai perdere di vista il dato di fondo, che si può scorgere solo a partire da un'analisi critica basata sulla concretezza delle dinamiche sociali. C'è sempre da dubitare sulla genuinità di un sentire sociale fondato sulle premesse del Mercato e della ricerca di consenso politico. E il carattere dogmatico, pregiudiziale e sovente adulatorio dell'approccio alla questione dell'omosessualità nei media e nelle tribune politiche sembra confermare ogni dubbio. La solidarietà verso i gruppi socialmente svantaggiati è un dovere civile, ma la ricerca della verità attorno alle cause dei fenomeni sociali è pure un dovere civile, perchè disvela rapporti di potere e di influenza che strumentalizzano in forma di un "buonismo" ipocrita e peloso i sentimenti civili più encomiabili, con il risultato di diluirli e corromperli. Nei confronti di queste forze è sempre opportuno mantenere uno sguardo criticamente vigile.

Esserappariressere

mercoledì 8 maggio 2013

L'"INANIMALE CIBERNETICO": QUANDO UOMO E COMPUTER DIVENTANO LA STESSA COSA

(Difficoltà: 4,2/5)

Lui, Monsieur Descartes en personne.
Come forse qualcuno saprà, Cartesio, l'iniziatore dell'era moderna del pensiero filosofico, divide il mondo – e quindi la conoscenza del mondo – in due dominii: da una parte l'IO e dall'altra la NATURA. E' il cosiddetto “dualismo cartesiano”. Eccone le caratteristiche: 

a) l'IO (Res cogitans) è l'anima, inestesa, consapevole, libera. Costituirà base teorica per la nascita delle filosofie idealistiche. Si identifica con l'uomo come essere pensante.
b) La NATURA (Res extensa). E' il mondo naturale, esteso, materiale e meccanico, determinato dall'altro e quindi non libero, e non cosciente di sé. Costituirà base teorica per le filosofie materialistiche e per la scienza moderna basata sullo studio materiale e sperimentale delle cause. Si identifica con le cose. 

Dove si colloca il mondo animale in questo dualismo? Dichiaratamente per Cartesio, nel mondo naturale: l'animale non ha volontà, non ha libertà, e agisce per ogni cosa come agirebbe un metallo attratto da un magnete, o un peso sottoposto alla legge di gravità.
Naturalmente, la Storia ha fatto giustizia di una visione troppo condizionata dai pregiudizi del proprio tempo: la visione della mente umana come qualcosa di libero dai condizionamenti del corpo è stata consegnata ai polverosi scaffali dell'archeologia filosofica (si pensi per esempio alla neurochimica), e gli animali sono ora considerati esseri pensanti, soggetti a sofferenze non solo fisiche ma anche psicologiche, e ai quali persino la Chiesa in certe istanze sembra voler attribuire un'anima. 


Percezione e Calcolo: Quando Differenziarsi dall'Animale Significa Assimilarsi alla Macchina

Ma vorrei qui riflettere su un punto. Se noi diciamo di uno che "pensa come un computer", non gli stiamo rivolgendo un bel complimento. Infatti, così dicendo neghiamo la sua umanità e gli diamo della “macchina”. Questo perchè anche il computer elabora dati secondo rigorosi passaggi logico-matematici che hanno origine dall'algebra booleana (la quale traduce in numeri elementi della logica proposizionale), e questo modo di “pensare” è tutt'uno con il modo con cui il computer è costruito, con la sua circuitazione: ad es., le proposizioni vere, rappresentate dal numero “1”, vengono tradotte nel passaggio della corrente attraverso l'apertura di una porta, mentre le proposizioni false (“0”) si segnalano per l'interruzione della corrente con la chiusura della porta. Quindi “pensiero” e materia, attività “mentale” e dinamiche fisiche coincidono, con buona pace del dualismo cartesiano, perchè gli elementi della logica sono traducibili nientemeno che nell'ambito di una gestione circuitale degli impulsi elettrici che fanno operare i nostri computer. Non è una novità del resto che il computer, il cui funzionamento ricalca quello del cervello umano (e infatti all'inizio prendeva il nome di “cervello elettronico”), eccelle nelle attività “umane” come il calcolo razionale (ad es. negli scacchi), mentre è largamente deficitario, nonostante i progressi tecnologici, nelle attività che condividiamo con gli animali, quali la percezione e il riconoscimento fisico: quando al computer è richiesto di riconoscere il volto umano del suo possessore per garantire accessi in sicurezza, la cosa non regge il confronto con la capacità del cane di riconoscere il padrone. E va sottolineato che le facoltà percettive, e non il calcolo logico e computeristico, stanno alla base dell'interazione che noi definiamo "umana" (ma che in realtà condividiamo con gli animali, come si è visto), e ciò principalmente perchè per relazionarci all'altro, anche affettivamente, dobbiamo prima percepirlo.  
Il messaggio è quindi chiaro: il computer è lì a dimostrare che, nell'essenza, ciò che rende l'uomo diverso dall'animale è anche ciò che lo condanna a essere una “macchina”, ancora con buona pace di Cartesio.


 Input-Output

Vorrei infine raccontare un episodio che mi è capitato, e che penso contenga della forza illustrativa. Qualche anno fa mi recavo ogni sabato a Padova per seguire un corso di tedesco. Tra i colleghi studenti, spiccava una ragazza tra i 25 e i 30 anni, che era marketing manager (o qualcosa di simile) in una certa azienda. La cosa che più mi colpiva di questa persona, a parte il fatto che la carriera figurava come “il suo valore più importante”, era il suo modo di prendere appunti. Per ogni regola grammaticale o frase-esempio che il professore enunciava, questa persona segnava una singola parola. Il risultato era stridente: sui nostri quaderni valanghe di testo; sul suo, singole parole incolonnate, ognuna “spia” di una frase o esempio rilevante per un'ipotetico studio successivo. Come per un qualsiasi computer, singole parole-chiave erano in grado in questa persona di innescare associazioni quasi meccanicamente, secondo un sistema di input e output che aveva poco di umano. Per uno strano motivo, quell'esperienza mi fece orgoglioso della mia animalità, certo forse un po' meno efficiente, ma sicuramente più schietta e “umana”.

Cyberdonna

ZUPPA DI ZOMBIE: "Croce e Testa"

Croce e Testa