mercoledì 8 maggio 2013

L'"INANIMALE CIBERNETICO": QUANDO UOMO E COMPUTER DIVENTANO LA STESSA COSA

(Difficoltà: 4,2/5)

Lui, Monsieur Descartes en personne.
Come forse qualcuno saprà, Cartesio, l'iniziatore dell'era moderna del pensiero filosofico, divide il mondo – e quindi la conoscenza del mondo – in due dominii: da una parte l'IO e dall'altra la NATURA. E' il cosiddetto “dualismo cartesiano”. Eccone le caratteristiche: 

a) l'IO (Res cogitans) è l'anima, inestesa, consapevole, libera. Costituirà base teorica per la nascita delle filosofie idealistiche. Si identifica con l'uomo come essere pensante.
b) La NATURA (Res extensa). E' il mondo naturale, esteso, materiale e meccanico, determinato dall'altro e quindi non libero, e non cosciente di sé. Costituirà base teorica per le filosofie materialistiche e per la scienza moderna basata sullo studio materiale e sperimentale delle cause. Si identifica con le cose. 

Dove si colloca il mondo animale in questo dualismo? Dichiaratamente per Cartesio, nel mondo naturale: l'animale non ha volontà, non ha libertà, e agisce per ogni cosa come agirebbe un metallo attratto da un magnete, o un peso sottoposto alla legge di gravità.
Naturalmente, la Storia ha fatto giustizia di una visione troppo condizionata dai pregiudizi del proprio tempo: la visione della mente umana come qualcosa di libero dai condizionamenti del corpo è stata consegnata ai polverosi scaffali dell'archeologia filosofica (si pensi per esempio alla neurochimica), e gli animali sono ora considerati esseri pensanti, soggetti a sofferenze non solo fisiche ma anche psicologiche, e ai quali persino la Chiesa in certe istanze sembra voler attribuire un'anima. 


Percezione e Calcolo: Quando Differenziarsi dall'Animale Significa Assimilarsi alla Macchina

Ma vorrei qui riflettere su un punto. Se noi diciamo di uno che "pensa come un computer", non gli stiamo rivolgendo un bel complimento. Infatti, così dicendo neghiamo la sua umanità e gli diamo della “macchina”. Questo perchè anche il computer elabora dati secondo rigorosi passaggi logico-matematici che hanno origine dall'algebra booleana (la quale traduce in numeri elementi della logica proposizionale), e questo modo di “pensare” è tutt'uno con il modo con cui il computer è costruito, con la sua circuitazione: ad es., le proposizioni vere, rappresentate dal numero “1”, vengono tradotte nel passaggio della corrente attraverso l'apertura di una porta, mentre le proposizioni false (“0”) si segnalano per l'interruzione della corrente con la chiusura della porta. Quindi “pensiero” e materia, attività “mentale” e dinamiche fisiche coincidono, con buona pace del dualismo cartesiano, perchè gli elementi della logica sono traducibili nientemeno che nell'ambito di una gestione circuitale degli impulsi elettrici che fanno operare i nostri computer. Non è una novità del resto che il computer, il cui funzionamento ricalca quello del cervello umano (e infatti all'inizio prendeva il nome di “cervello elettronico”), eccelle nelle attività “umane” come il calcolo razionale (ad es. negli scacchi), mentre è largamente deficitario, nonostante i progressi tecnologici, nelle attività che condividiamo con gli animali, quali la percezione e il riconoscimento fisico: quando al computer è richiesto di riconoscere il volto umano del suo possessore per garantire accessi in sicurezza, la cosa non regge il confronto con la capacità del cane di riconoscere il padrone. E va sottolineato che le facoltà percettive, e non il calcolo logico e computeristico, stanno alla base dell'interazione che noi definiamo "umana" (ma che in realtà condividiamo con gli animali, come si è visto), e ciò principalmente perchè per relazionarci all'altro, anche affettivamente, dobbiamo prima percepirlo.  
Il messaggio è quindi chiaro: il computer è lì a dimostrare che, nell'essenza, ciò che rende l'uomo diverso dall'animale è anche ciò che lo condanna a essere una “macchina”, ancora con buona pace di Cartesio.


 Input-Output

Vorrei infine raccontare un episodio che mi è capitato, e che penso contenga della forza illustrativa. Qualche anno fa mi recavo ogni sabato a Padova per seguire un corso di tedesco. Tra i colleghi studenti, spiccava una ragazza tra i 25 e i 30 anni, che era marketing manager (o qualcosa di simile) in una certa azienda. La cosa che più mi colpiva di questa persona, a parte il fatto che la carriera figurava come “il suo valore più importante”, era il suo modo di prendere appunti. Per ogni regola grammaticale o frase-esempio che il professore enunciava, questa persona segnava una singola parola. Il risultato era stridente: sui nostri quaderni valanghe di testo; sul suo, singole parole incolonnate, ognuna “spia” di una frase o esempio rilevante per un'ipotetico studio successivo. Come per un qualsiasi computer, singole parole-chiave erano in grado in questa persona di innescare associazioni quasi meccanicamente, secondo un sistema di input e output che aveva poco di umano. Per uno strano motivo, quell'esperienza mi fece orgoglioso della mia animalità, certo forse un po' meno efficiente, ma sicuramente più schietta e “umana”.

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