domenica 21 aprile 2013

ZUPPA DI ZOMBIE: "Rompicapo"

Rompicapo

LA DEVIANZA CHE SI FA ISTITUZIONE: IL CASO DELLA RIELEZIONE-GOLPE DI NAPOLITANO

(Difficoltà: 4,7/5)

Ponzio Pelato, instancabile firmatario di leggi pro-BerluscaOgni sistema del governo delle cose umane, sia esso politico economico o sociale, ha le sue storture, la sua “quota” sindacale di cose che possono andare male e di persone interessate a che le cose vadano male per il Paese perchè gli interessi di questo confliggono con i loro. Per cui evasione fiscale, corruzione, tensioni eversive ecc. sono in una certa misura “fisiologiche”, e non ci si deve scandalizzare o sorprendere per la loro presenza. Il “moralismo”, parola frequentemente usata come mannaia contro i giusti, per cui essa diventa sinonimo di “ipocrisia” e spesso maliziosamente confusa con “moralità” (parola ben diversa), è anche di coloro che non prendono atto del fatto che politica e società sono costruzioni imperfette. Perchè? Perchè furono sì inventate per controllare e disciplinare la natura egoistica dell'uomo in un sistema di regole, ma promanano dall'uomo medesimo, quindi in una situazione di conflitto di interessi. E poi c'è la natura potente e immutabile dell'essere umano, per cui pretendere sistemi avulsi da devianze sarebbe un po' come pretendere di catturare l'acqua con la rete. Dopotutto, le devianze sono lì a ricordarci lo scopo originario per il quale ci siamo dati dei sistemi e delle regole inibitorie, quindi rivestono un certo ruolo. 


Tollerare le Devianze non Significa Tollerare i Deviati

Il punto è che, in tutta ovvietà, queste devianze non sono “individualizzabili” a priori, o meglio detto: nessun soggetto sociale (sia esso individuo o gruppo) può avere l'arroganza e la superbia di pretendere di incarnare le eccezioni alla regola (e alle regole). Infatti: perchè loro e non altri? Quindi l'ammettere come “fisiologiche” simili devianze non coincide con il tollerare che determinati individui o gruppi si ergano a rappresentanza di queste devianze e le rivendichino per se stessi. Si tollera il principio, ma non la sua materializzazione. Infatti, visto che le “devianze” sono per definizione delle eccezioni, coloro che si candidassero ad esserle pretenderebbero per se stessi una esclusività che lascerebbe fuori decine o centinaia di milioni di persone, esercitando una superbia inaccettabile. Ciò a meno di non voler estendere questa rappresentanza, e di chiamare altri al club degli "irregolari". Ma questa è un'operazione dai rischi evidenti: chi sa, infatti, qual è il quantitativo di “devianza” che un Paese si può permettere? Il prevalere della devianza vanifica l'esistenza stessa di uno Stato, perchè decreta il fallimento delle regole che questo si è dato. Il ritorno alla barbarie tribale è allora l'unica strada. Ma poi: siamo sicuri che il concetto di “prevalenza” è qui interpretabile in termini strettamente matematici? Il magistrato Piercamillo Davigo osservò sagacemente che i ladri devono essere sempre una minoranza rispetto alle persone oneste, perchè se toccassero la quota del 50% più uno già inizierebbero a derubarsi gli uni con gli altri. L'osservazione non fa una piega in termini di matematica astratta, ma quando si parla della vita di un Paese naturalmente il discorso è infinitamente più complesso, perchè la soglia di tolleranza prima del tracollo di un sistema democratico obbliga alla considerazione di infiniti fattori inerenti a tutte le sfere della vita pubblica e alla condizione di salute della società che subisce la devianza, nonchè all'entità dell'atto di devianza: in una città con poche centinaia di migliaia di anime, un singolo atto di devianza da parte di uno sparuto gruppo di malfattori può comportare il tracollo di un'intero sistema (è un po' ciò che è successo - rispetto alla città di Siena - con l'acquisto di Antonveneta da parte del MPS).
Riassumendo, è per un triplice motivo che la considerazione della “necessità” della devianza non implica in nessun grado la tolleranza nei suoi confronti: a) in primo luogo, l'“inassegnabilità” di un diritto alla devianza: nessuno, individuo o gruppo, ha titolo per contravvenire alle regole più di quanto lo abbia chiunque altro in una data comunità, prova ne sia che se tutti si assegnassero tale diritto, il sistema si disintegrerebbe; b) in secondo luogo, perchè non si può conoscere la soglia di tolleranza della devianza in rapporto a un sistema, il punto di non ritorno oltre il quale il sistema è spacciato; c) terzo perchè, dato che la natura umana è quella che è, ogni ambiguità verso la devianza da parte di chi è preposto a combatterla innesca un processo di contagio culturale che una volta a regime è difficilmente controllabile.


La Casta Politica Italiana: la Devianza che si Istituzionalizza

La contravvenzione alle regole può essere motivata dalla miseria e dalle fame. Ma quando essa è frutto dell'arroganza individuale o di “casta”, allora è la superbia che ne fornisce la base a dover scandalizzare il cittadino comune, perchè qui i soli motori sono la superbia e l'ingordigia, e le conseguenze per la tenuta di un sistema democratico sono incalcolabili. Ed è evidente che ciò vale tanto più in quanto una simile arroganza riguardi la classe dirigente. Una classe dirigente (politica, economica, delle professioni ecc.) che ragioni per interessi di individui o di gruppi non è nulla di diverso dalla mafia, in quanto si arroga dei “diritti” speciali che contraddicono l'interesse comune e costituiscono quindi un'“antisocietà” o un “antistato” all'interno della società e dello Stato.
Ora, prendendo spunto dalla conferma di Napolitano alla Presidenza della Repubblica, ennesimo sussulto autoconservatore di “[...] un sistema marcio e schiacciato dal peso di cricche e mafie, tangenti e ricatti, [che] si barrica nel sarcofago inchiodando il coperchio dall'interno per non far uscire la puzza e i vermi” (Travaglio, dal F. Q. di oggi), è facile capire a chi si applichi in Italia quanto ho cercato di spiegare, e perchè la cancellazione dell'attuale classe politica è così vitale per la sopravvivenza della nostra democrazia. Ammesso che già non sia troppo tardi.
Barbarie Retroattiva