sabato 27 maggio 2023

QUANDO FACEVO COME GLI INDIANI

 (Difficoltà 1,1/5)

Da piccolo i miei andavano al lavoro tutto il giorno, e quindi io il tempo lo passavo con mia zia (in realtà mia prozia, cioè la sorella di mia nonna). E cercavo di rendermi utile per come potevo. Non per soldi o altro, ma per far vedere che sapevo fare qualcosa di quasi sovrumano, e quindi per autogratificazione.

Ogni volta che la mia anziana zia lasciava cadere qualcosa, fosse pure uno spillo (lei faceva la sarta), io avevo inventato un modo per trovare tutto. Non posso dire che questo mi fosse stato ispirato dai film di cowboy e indiani, perché non è vero (almeno a livello conscio), ma noto la similitudine oggi. Gli Indiani erano soliti capire che qualcuno si stava avvicinando appoggiando l’orecchio sul terreno e sentendo le vibrazioni create dagli zoccoli di cavalli in lontananza. Ebbene, anche io in un certo senso avvicinavo l’orecchio al pavimento, ma solo per mettere gli occhi allo stesso livello del suolo e così percepire ogni minima irregolarità dell’orizzonte della stanza, ogni dislivello. Lì, spesso, si annidava l’oggetto che stavo cercando. Questo mi permetteva di trovare tutto, non importa quanto piccolo. E di ricevere i ringraziamenti della mia cara zia.

E’, questa, una creatività ti tipo pragmatico (cioè applicata, a non solo artistica) che si vede poco frequentemente. Ed è qualcosa che mi porto dentro anche oggi, in combinata con l’arte di arrangiarmi che ho sviluppato in decenni di forzata o auto-inflitta solitudine.