martedì 26 febbraio 2013

"IL RICATTO MORALE DELL'ESEMPIO"

 (Difficoltà: 2,1/5)


IL RICATTO MORALE DELL'ESEMPIO

Se c'è una cosa che mi fa incazzare è la frase “Dammi un esempio”, se usata con l'intenzione di invalidare una tua osservazione o critica. Con questo espediente retorico è relativamente facile confutare ogni critica senza far appello a una controcritica di merito, ma semplicemente sfuttando la proverbiale debolezza della memoria umana. Nel momento in cui il soggetto non riesce a dare nessun esempio a corredo della propria dichiarazione, si produce negli ascoltatori la netta sensazione di una mancanza di fondamento della stessa: "Non mi sai dare un esempio? Allora hai detto una falsità".A quel punto - e qualche volta ne siamo testimoni nei talk-show, anche chi ha la ragione dalla sua parte è molto probabile che passi per colui che ha torto.

La debolezza della Memoria Umana

In realtà, ci sono verità talmente consolidate ed evidenti, che l'invito a illustrarle con esempi meriterebbe di essere smascherato nel suo fondo di volgare trivialità e pretestuosità. Se io dico: “Socrate era una brava persona”, non ho bisogno di corroborare questa mia affermazione con esempi, perchè la sua verità sta inscritta da secoli nella tradizione culturale occidentale. Se una persona mi chiede: “Hai un esempio a prova di quello che dici?” i casi sono 2: 1) non conosce Socrate, e quindi non può da solo evocare esempi della sua rettitudine, per cui pecca di ignoranza; 2) sa benissimo che dico il vero, ma cerca di mettermi in difficoltà per provare che ho torto quando sa benissimo che ho ragione.
Se io abbocco e mi metto a pensare a degli esempi, allora è probabile che, sul momento, non mi venga in mente nulla. Non perchè non sappia, ma perchè la memoria umana è fatta così: tanti più sono i dati dai quali attingere, tanto più difficile ci risulta isolarne uno o un paio in particolare. Se ci fosse solo un singolo motivo, legato a una dichiarazione o a un gesto, per il quale Socrate è riconosciuto come una persona moralmente retta, allora la nostra risposta sarebbe repentina e fulminante. Considerato invece che le prove della rettitudine di Socrate sono molte e disseminate nei numerosi dialoghi platonici, è probabile che anche la prova più lampante e concreta ci sfugga: cioè, il fatto che Socrate abbia scelto di darsi la morte con la cicuta per semplice rispetto formale verso la legge degli uomini, che l'aveva condannato a morte da innocente. 


Storia, Revisionismo e Giornalismo

Per fare l'esempio contrario, se io dico: "Berlusconi è un delinquente", e mi venisse chiesto di fornire un esempio a sostegno di questa mia dichiarazione polemica, io avrei diritto di far rimbalzare l'onere della prova sul mio interlocutore: mi provi lui che quello che dico è falso, piuttosto di dover io elucubrare sugli innumerevoli esempi di violazione della legge e di istituzioni di leggi pro-canaglia offerti dalla lunga storia di B. come imprenditore e come governante. Perchè? Non per una forma di stolto pregiudizio ("è così e basta"), ma perchè viene a un certo punto il momento di depositare agli atti della memoria collettiva (la “Storia”) delle conclusioni certe e provate, senza doverle riesumare ogni volta per ritestare il loro grado di verità, molto spesso per interessi di parte e di bottega (il cosiddetto “revisionismo storico”). Viene il momento, cioè, di distillare dalla cagnara quotidiana del sensazionalismo e dell'opinionismo giornalistici quegli elementi di essenziale e provata verità che definiscono il ruolo storico di un personaggio. Se dovessimo ogni volta giustificare proposizioni del tipo: “Hitler è stato il più grande criminale di guerra di tutti i tempi”, la memoria storica degenererebbe in una rapsodia caotica e capricciosa e, semplicemente, non sarebbe più possibile.
Non è la Storia a dover rendere conto a noi, bensì siamo noi a dover fare i conti con la Storia.
La prossima volta, fateci caso.
 
Teschio Amletico


martedì 19 febbraio 2013

IL PAPA-MOLLA

Il papa mentre si scioglie dinnanzi ai fedeli.
(Difficoltà: 2,3/5)

Dopo le dimissioni del papa, i giornali e gli opinionisti fanno a gara sul sottolineare che si tratta di una scelta “coraggiosa”. Come sempre in un paese piegato da decenni di “cultura” berlusconiana, la strategia del totale rovesciamento della realtà non risparmia niente e nessuno. Il fatto stesso che l'attributo "coraggioso" associato alla scelta del papa si sia ripetuto come un mantra immediatamente a partire dalla ricezione delle agenzie, non può non mettere all'erta le coscienze civicamente più sveglie. Il refrain mantristico di singole parole è una particolare strategia di ogni circuito informativo linguainbocca al potere politico e non. Lo scopo: esorcizzare una semplice verità attestandone l'esatto contrario.


Il Papa Molla la Croce

Le ragioni dell'abbandono del papa sono abbastanza inessenziali. Sia che si tratti di un problema di salute, sia che si tratti di un “gettare la spugna” di fronte agli scandali, ai veti incrociati, ai ricatti, ai complotti papicidi (articolo del Fatto), insomma a tutto quell'humus di corruzione e vizio che è il precipitato della dominante direttrice temporalistica dell'agire della chiesa cattolica, poco importa: l'abbandono non è pratica che si addice a un papa. Perchè? Per un semplice sillogismo: 1) il papa è il rappresentante di Cristo in terra, la massima autorità morale e religiosa a guida della Chiesa; 2) la Chiesa ha la missione di preservare l'umanità dal peccato nella fede in attesa del giudizio universale; 3) (ERGO) se il papa abbandona il suo ruolo, egli abbandona la Chiesa, e quindi l'umanità, al suo destino di peccato. Sia che non se la sentisse più fisicamente, sia che abbia ceduto al ricatto dei notabili di una Ecclesia impelagata nelle sue trame di potere e nella messa sotto coperta di scandali inconfessabili, un papa che molla il timone della chiesa di Pietro è come un Cristo che, sceso dalla croce, esclama a chi ha creduto in lui: “Ma chi me lo fa fare?” Se la risposta a questa domanda è (naturalmente!): “Dio”, allora si può inferire che nel fare ciò il papa rinnega Dio medesimo. Ogni ruolo ha le sue responsabilità, in ragione della sua importanza: la maggior responsabilità di un papa è quella di accettare il martirio (cioè l'arte, tanto cara alla Chiesa, di morire combattendo per la purezza della fede) quando le circostanze mondane lo richiedano.


Il Totale Rovesciamento della Realtà

Inutile girarci attorno, perchè già l'aveva capito Debord: l'Italia (il paese della politica mafiosizzata e della mafia politicizzata) è l'emblema della spettacolarizzazione della vita pubblica (cfr. “Commentari su 'La Società dello Spettacolo'”, 1988, par. IV): tutto è falso, mistificato, nascosto, imbellito, recitato, rettificato ecc. Nessuna dichiarazione pubblica può essere presa come definitiva perchè tutto può essere meglio precisato, ritrattato, corrotto nel suo contrario, e ogni posizione può essere invertita, condizionata, ribaltonata, ecc. E' l'imprevedibilità del clown, l'astratta assenza di contorni del mimo, il funambolismo del santimbalco da circo. Niente vi si sottrae: la politica, l'informazione, la giustizia, la spiritualità religiosa ecc. Quando due di questi elementi si uniscono, poi, è l'apoteosi. Questo capita abitualmente quando l'informazione amplifica l'abissale inserietà della sfera pubblica, aggiungendovi di suo. Capita così che un comandante che abbandona le sue truppe ai capricci viziosi e colpevoli di un sottotenentato blasfemo e corrotto che butta a mare le voci libere, fa la cresta sulle provviste e relega i virtuosi alla distribuzione della sbobba, si becchi pure del “capitan coraggioso”. Secondo quali arcani criteri Ratzinger avrebbe fatto un gesto “coraggioso”? Pressocchè tutti l'hanno detto, ma guarda caso nessuno ha saputo spiegare il perchè e il come. Chè si aggiungono pure i giornalisti adesso a sviscerare misteri della fede incomprensibili alla logica umana ma chiarissimi all'intelletto della Provvidenza? Se il “gran rifiuto” di Ratzinger è un "atto di coraggio", allora ciò varrà anche per il comandante Schettino, e lo spettacolo aggiungerà al suo palmarès un nuovo decisivo trionfo.
Vogliamo un papa donna....forse


martedì 12 febbraio 2013

IL CONCETTO DI "PROVOCAZIONE" TRA PARACULAGGINE E RACKET

 (Difficoltà: 3,1/5)

Ah, giusto! Poi c'è QUEST'ALTRO tipo di provocazione...Era solo una provocazione” è una frase che sentiamo spesso detta dai nostri politici ai giornali o in occasioni pubbliche. Di solito viene utilizzata, questa frase, come riparo e rettifica di qualcosa di maldestro e inopportuno detto in precedenza, e che potrebbe esporre a una salatissima querela o a un calo di consensi. E' diventata, insomma, un modo per tentare di relegare veri e propri obbrobri o insulti al rango di espediente retorico per attirare l'attenzione su un problema, come se l'inaccorta uscita fosse nient'altro che un elemento del dibattito politico.


Cos'è Veramente la Provocazione?

In realtà, la “provocazione”, quella vera, è se vogliamo un artifizio retorico che mira a presentare all'interlocutore le estreme conseguenze e somme di quanto da lui detto, enunciate in modo volutamente paradossale. Per esempio, se la Lega affermasse (ipotesi tutt'altro che peregrina) che gli extracomunitari devono essere sottoposti a pene più severe per disincentivare una loro “più naturale tendenza a delinquere”, e un oppositore politico rispondesse: “Allora se già sappiamo che delinqueranno, mettiamoli tutti e quanti in galera preventivamente”, questa è una provocazione. Essa serve a smascherare il carattere razzista della proposta della Lega, celato dietro il velo di una normale proposta politica. Nel porre le estreme conseguenze di un ragionamento, in realtà ci si avvicina a quelle che sono le reali intenzioni del proponente la legge. La provocazione svolge un'opera di verità che penetra più a fondo di ogni possibile analisi logica e letterale.
La differenza tra provocazione “buona” e provocazione “cattiva” sta nell'assenza, nel primo caso, di un carattere letterale di quanto si dice. Certo ciò dipende anche da chi lo dice: quest'ultima stessa affermazione in bocca a un'esponente leghista potrebbe essere presa sul serio, cioè letteralmente.
Ma passiamo a descrivere in dettaglio le due versioni di provocazione “cattiva".



1) La “Provocazione” come Pretesto: “Era solo una Provocazione”

Per l'esempio opposto, si può guardare a Berlusconi. Nel giugno del 2012, B. azzardava l'ipotesi di un'uscita dall' euro (qui un'articolo). Di fronte alle prevedibili reazioni negative da parte politica (Casini: “Se la volonta' del Pdl e' uscire dall'euro, Berlusconi lasci anche il Ppe. Non si puo' stare in una casa e sostenere le idee esattamente contrarie") ma, c'è da scommetterlo, anche nei sondaggi, ecco il dietrofront: “Era solo una provocazione”: B. in realtà auspicava quell'unità politica europea che scongiurerebbe proprio l'uscita dall'euro. Ipotizzare che B. intendesse qui applicare una “provocazione” secondo il modello virtuoso che io ho descritto, significherebbe ammettere che a B. freghi qualcosa dell'unità politica europea come progetto internazionale di lungo corso: una troppo generosa concessione per un politico che vive da decenni nell'immediatezza dei suoi livori e appetiti, e nella temporalità brevilinee e spasmodica che costerna il suo status di homo economicus (i conti delle sue aziende) e di homo criminalis (i conti con la giustizia).

2) La “Provocazione” come Ricatto: il Racket Mafioso entra in Parlamento

Ma la provocazione può anche non essere semplicemente un'etichetta appiccicabile post factum per scopi di rettifica. Può anche assumere la forma di un'esca lanciata nel mare della vita politica e istituzionale, che è fatta anche di compromessi, sempre interpretati dalla volgarità berlusconiana come “scambi”. Un caposaldo della strategia politico-comunicativa di B. è quello di “sparare” dichiarazioni per vedere l'effetto che fa. Ciò vale sia nei confronti dell'elettorato (per cui poi le reazioni si registrano nei sondaggi), sia nei confronti delle altre parti politiche in seno alla trattativa politico-parlamentare per la risoluzione legislativa dei suoi problemi giudiziari e la messa a frutto dei suoi conflitti di interessi. Su quest'ultimo versante, la strategia è la seguente: se lui ha in mente di ottenere 50, spara per ottenere 100 e, se tutto va bene, può pure ottenere 80, cioè più dell'obiettivo che si era prefisso inizialmente. Inutile precisare che in anni di falsa opposizione da parte del “PdmenoElle” (Grillo), questo si è verificato più di qualche volta. In particolare in tema di giustizia, B. ha più volte posto i magistrati e il sistema della giustizia in generale, e quindi l'intero paese, di fronte alla prospettiva di una paralisi totale per via legislativa costringendo le parti politiche (e i magistrati stessi, non di rado intimiditi) a concessioni facenti capo alle sue pendenze processuali. Nel 2008, B. minacciava un taglio del 40% dei fondi alla giustizia, la riduzione dello stipendio ai magistrati, l'abolizione delle intercettazioni e la cancellazione di 100.000 processi, se non si fosse approvato il cosiddetto Lodo Alfano. E' la stessa logica del “racket” criminale, denominata per l'occasione “dialogo”, come spiega qui Travaglio.


Conclusione
Per riassumere, la versione inautentica di provocazione può rispondere a due diverse esigenze:
1) riparare una gaffe, una dichiarazione avventata e arrischiata, per evitare querele e cali nel consenso politico.
2) Saggiare il mercato elettorale e la disponibilità a compromessi dei vari attori politici e istituzionali.

La comprensione delle varie distinzioni interne al concetto di “provocazione” può essere per noi uno strumento in più nell'impegno di decifrazione delle reali intenzioni dell'agire politico, a beneficio di una scelta di voto più cosciente

Provocation

giovedì 7 febbraio 2013

CANCR'ELETTROMAGNETICO

Torre di telefonia cellulare
(Difficoltà: 2,2/5)

Il cancro ha assunto nell'era contemporanea uno status epidemico. Il cancro può avere due cause: cause genetiche e cause ambientali. In realtà, come è ovvio che sia, queste cause interagiscono in una maniera che è tutt'ora oggetto di studio. Ma è provato che il fattore genetico incide per un 5-8% sulla casistica dei tumori, mentre il restante 92-95% è lasciato a stile di vita e fattori ambientali (vedi).


Fattori Ambientali nella Genesi del Cancro

Ma quali sono le “cause ambientali” che ho citato? L'incidenza di cattive abitudini alimentari è un fatto assodato, così come lo sono gli stili di vita poco riguardosi per la salute. Dell'inquinamento atmosferico molto si è detto, e a ragione. Quest'ultimo fattore non sembra però essere prominente, a differenza di quanto si crede. Non è forse vero a rigor di logica che, se così fosse, quello al polmone sarebbe di gran lunga la forma di cancro più frequente? Dopo tutto, lo smog è qualcosa che si respira e quindi interessa il sistema respiratorio nella maniera più diretta, e i polmoni stessi non sono un organo più resistente di altri, semmai il contrario, verrebbe da sottolineare, data la loro consistenza molle e “spugnosa”. Molteplici ricerche evidenziano all'opposto che, di fatto, più del 90% dei casi di cancro al polmone interessa fumatori, e che se non esistesse l'abitudine del fumo questa forma di cancro inciderebbe in misura minimale sulla casistica generale (vedi).
A mio avviso, è allora altrove che vanno ricercate le cause principali del cancro. Se la difficoltà di curare il cancro è da imputare alla sua natura di malattia genetica e cronico-degenerativa, la difficoltà nel prevenirlo sta nella mancata individuazione di alcune delle cause principali per le quali si manifesta. La ricerca, nel suo eterno dibattersi tra lo scopo nobile della salvaguardia della salute pubblica e l'ossequio a soggetti portatori di interessi economici, non potrà sottrarsi a lungo alle sollecitazioni della realtà.
La conlusione che mi azzardo ad avanzare è: l'inquinamento elettrico ed elettromagnetico, detti anche “elettrosmog”, sono (o saranno a breve) la causa principale della maggior parte dei casi di cancro. Ciò significa che, messo da parte questo fattore, il cancro rimarrebbe presente e incurabile, certo, ma si circoscriverebbe a un numero relativamente esiguo di casi per i quali l'etiologia è già ampiamente nota. 


Campi Elettrici e Campi Elettromagnetici

Il campo elettrico alternato (AC) è qualcosa che non esiste in natura. Per contro, la terra possiede naturalmente un campo magnetico (è quello che fa funzionare la bussola), ma questo subisce però l'accrescimento e l'ingerenza delle onde emesse da tutte le apparecchiature di trasmissione a distanza (radar, elettrodotti, stazioni radio-base, impianti di diffusione televisiva, ponti radio, sistemi wifi pubblici, locali e privati, ecc.) (Cfr.)
Il cancro era una volta un evento raro, ma con l'età moderna le cose sono cambiate. Per colpa dell'industrializzazione, certo, ma – e questo tocca il succo del mio discorso – anche e soprattutto per l'“elettrificazione” nella quale è incorsa la vita di ognuno, con l'ingresso degli elettrodomestici nella casa. Ne consegue che, per la maggior parte di noi, il maggior pericolo per la salute proviene proprio dal luogo che riteniamo più sacro e più sicuro: l'ambiente domestico. La casa è il luogo nel quale passiamo la maggior parte del nostro tempo. Ancor più significativamente, esso è il luogo nel quale trascorriamo le ore del nostro sonno, e si sa che ogni essere vivente è più vulnerabile mentre dorme, in quanto il sonno costituisce una fase essenziale per la rigenerazione del sistema immunitario e per il ricupero psico-fisico dallo stress subito durante la giornata.
Dato l'utilizzo ubiquo del telefono cellulare, si può dire che, mentre il cancro è il male del nostro tempo, il tumore al cervello in particolare sarà prevedibilmente il male del futuro. L'inquinamento industriale o da auto è diventato ormai (o diventerà) un problema relativo, in senso quantitativo (perchè non sarà la causa principale del tumore, se mai lo è stato), e in senso geografico (può essere un problema eminente in Cina o a Milano, ma non nella maggior parte dei territori abitati). 


Conservatorismo Suicida

L'atteggiamento dell'uomo della strada di fronte al tentativo di sensibilizzarlo su queste questioni è ormai conosciuto, e si riassume nella consueta frase: “Ma se stai a pensare a tutto...” Sopraffatto psicologicamente dai molteplici attacchi alla salute portatigli dall'età tecnologica e post-industriale, l'uomo della strada sceglie il disimpegno, anche se ne va del bene più prezioso. Cioè: il suo rifiuto di “pensare a tutto” non implica, come parrebbe di evincere, la disponibilità a operare una selezione. A fronte di questo “tutto” c'è il nulla, perchè la frase in questione si applicherà, senza nulla escludere, a ogni singola minaccia alla salute lo si inviti a considerare: il fumo, l'alcol, i cibi sofisticati, il rivestimento plastificato del Tetrapack, i miasmi di un'adiacente fabbrica di solfuri, l'esposizione prolungata a una torre di telefonia cellulare ecc.
Quella attuata dall'uomo della strada è una forma di difesa dello status quo, a testimonianza di quanto il conservatorismo (come il progressismo) non sia un fatto eminentemente politico, ma un qualcosa che parte dal basso e viene solo recepito dalla politica. Ogni cambiamento, più o meno radicale, è percepito dall'uomo comune come troppo difficile o scarsamente conveniente. Tutto appare troppo radicato, in particolare le proprie abitudini, perchè valga la pena cambiare. In politica quueto atteggiamento causa un lento declino del Paese, ma nella vita personale esso può condurre lentamente alla malattia e alla morte.


Conclusione

Il cancro non è una piaga divina come le cavallette della Bibbia, ma un fatto che ha sempre una spiegazione plausibile. Sta a ognuno di noi attrezzarsi per superare le Colonne d'Ercole dell'ignoranza e dell'indifferenza, alla scoperta della conoscenza più lieta: quella che ci può salvare la vita.
In Internet molte sono le risorse che istruiscono sulla prevenzione degli effetti dell'esposizione a campi elettrici ed elettromagnetici. Da molti di essi, si comprenderà che bisogna partira dal nostro ambiente domestico e in particolare dalla stanza da letto. Qui un esempio. 

Wi-Bye