domenica 14 aprile 2013

IL TRIONFO DELLO SPETTACOLO NELLA DISINTEGRAZIONE SOCIALE: LA "GUERRA FRA POVERI"

 (Difficoltà: 4,6/5)

Non lo si dirà mai a sufficienza: l'incoraggiamento alla divisione nelle forze antagoniste è il miglior modo per affermare un potere autoritario. Ciò lo si comprende al meglio quando si esamina il potere autoritario per eccellenza, cioè quello della merce divenuta immagine: lo "Spettacolo". Lo Spettacolo è il regno della divisione, nell'immagine e grazie all'immagine, dove solo la divisione fra parti conferma, nel concetto e nella realtà, l'unità indissolubile dello Spettacolo. “Divide et Impera” è il verbo: un principio che vale da sempre, anche da prima che lo Spettacolo si affermasse come regola di esistenza. 
La “guerra fra poveri” è in questo senso il nucleo della strategia spettacolare, perchè la divisione va coltivata soprattutto fra le forze che avrebbero interesse a combattere lo status quo, riunite dalla coscienza di un destino comune. Infatti, nel momento in cui i privilegi si instaurano, nel momento in cui la politica e l'economia si suddividono in caste intoccabili che godono di privilegi feudali, si è compiuto il delitto perfetto: la costituzione di un divario apparentemente incolmabile fra le classi. Questo “apparentemente” non deve ingannare: l'apparenza è nello Spettacolo sostanza, l'immagine realtà. Allora il poveraccio desisterà dal pretendere per sé una condizione che gli si vuol far credere non alla sua portata, anche se ciò vale per difetti che sono inerenti a lui e alle sue aspirazioni, non certo al modo in cui la società è strutturata. E quindi se la prenderà con chi è sopra di lui, ma solo se lo è di poco: il disoccupato indigeno con l'extracomunitario venuto a fare i lavori che gli italiani non fanno più; chi non ha la casa con colui che, avendo reddito familiare al di sotto della soglia di povertà, l'ha ricevuta dal Comune; il dipendente precario con il dipendente statale dal posto fisso; questi con coloro che nella loro stessa categoria guadagnano poco di più ecc. La "guerra fra poveri" è resa possibile dal fatto che la povertà conosce diverse gradazioni, che partono dal reale e sconfinano nel puro percepito. Sempre più spesso la cognizione di sè come povero si alimenta di aspirazioni frustrate al possesso di beni accessori o all'impietoso confronto son modelli di vita eccentrici, e non su una reale condizione di non-sopravvivenza materiale. Chi è povero, oggi? Cosa significa essere poveri oggi? Tutto è lasciato volutamente e ad arte nell'indeterminato, per allargare la "guerra dei poveri" al numero più grande possibile di reclute.
E' il potere reale, che divide e sottomette, ciò con cui non ce la si deve prendere. Del resto, esso è ormai proiettato su una sfera che lo rende indistinguibile alla capacità critica comune e anche alla semplice immaginazione. 


La Verità Dietro i "Talent Show"
 
La retorica dell'impegno sedimenta la legge della competizione fra pari fin dalla più tenera infanzia, nel teatro senz'altro spettacolare delle partite di calcio, dei programmi di corteggiamento e dei talent show televisivi, dove le leggi dell'ascolto impongono la creazione di attriti fittizi e di elementi di rivalità posticci, secondo le regole di un darwinismo fondato sull'immagine: non il più forte o intelligente, ma colui che semplicemente appare come il più forte e intelligente; non le leggi della natura, ma le leggi dello Spettacolo.
I celeberrimi “talent show”: l''esistenza del concorrente medio ne esce distrutta; l'esistenza del talentuoso viene messa a dura prova nei fondamenti dai giudizi spietati e pretestuosi di giudici educati alla critica per la critica, dove l'insoddisfazione e l'invidia sono un ingrediente della torta; l'esistenza del vincitore, infine viene sentenziata da un tribunale di burattini a una gloria eterna della durata di un battito di ciglia. Nessuno ne scampa, nemmeno i bambini, perchè i genitori stessi diventano complici entusiasti di un massacro annunciato. L'innocenza dell'infanzia e i fattori di crescita dell'adolescenza vengono depravati in una guerra senza frontiere, dove è il premio più ambito è una patacca spettacolare da appuntarsi al petto qualche mese prima del calcio nel culo che consegna all'oblio definitivo.


Au Spectacle comme au Spectacle

Come per i diciannovenni del Vietnam, sergenti di ferro fanno a gara nell'umiliare con atti di sadismo autoritario, in preparazione a una guerra che è in realtà lo spettacolo della guerra: una competizione fratricida basata sul nulla ed eterodiretta in ogni particolare. Lo scopo nominale: il guadagno degli ascolti; quello reale: l'educazione alla sottomissione, al rifiuto di ogni umanità e di partecipazione spirituale alle sorti dei più deboli, al crudele accanimento verso il basso ecc. Come aveva già capito la Scuola di Francoforte, l'autorità è un virus che si trasmette nella società a partire dai confini della famiglia. L'autoritarismo del padre sarà l'autoritarismo del figlio divenuto padre, capoazienda, politico: “L’autorità è […] una categoria storica centrale. Il fatto che essa svolga un ruolo così decisivo nella vita di gruppi ed individui nei più diversi settori e in tutti i tempi, si fonda sulla struttura che la società umana ha avuto finora.” (M. Horkheimer, E. Fromm, H. Marcuse et al., Studi sull’autorità e la famiglia, Torino 1974, p. 22)
Lo Spettacolo è la società, è questa grande famiglia.  
À la guerre comme à la guerre, au Spectacle comme au Spectacle.

Notizia d'agenzia