domenica 6 settembre 2015

10MILA COSE CHE MI FANNO INCAZZARE/9976

(Difficoltà: 1/2)
 VA IN ONDA LA PORNOGRAFIA DEL DOLORE
"Un bel piantino per l'audience, signora?"
Si dice spesso che, di fronte al dolore, più di tante parole può il silenzio. La televisione ha un modo tutto personale di interpretare questa massima, in quella che viene definita, in maniera giustamente spregiativa, “tv del dolore”. La strategia è semplice: si prende una persona che ha vissuto un forte trauma (un familiare ucciso, una casa distrutta dal terremoto, la disoccupazione), le si fa una domanda e le si piazza il microfono in bocca attendendo la risposta, il tutto a favore di telecamera, con un primo piano inesorabile dell'intervistato. Ottenuta la risposta, si valuta il grado di drammaticità della stessa, soprattutto per come può essere percepita dal telespettatore, e se è quello giusto, si rimane immobili e silenti per diversi secondi, microfono in mano, quasi come per suggere vampirescamente dal silenzio e dall'espressione addolorata dell'intervistato -che da quella pausa trarrà occasione per riflettere su quanto appena detto, con inevitabile ulteriore struggimento– linfa da tradurre in ascolti. 

Una simile pornografia del dolore è roba di tutti i giorni, e una delle spie rivelatrici è proprio questo squallido espediente, che sicuramente rientra nel novero dei trucchi esoterici che ogni professione vanta, e che non possono essere spifferati all'esterno, un po' come per i maghi i trucchi di prestidigitazione.
La spettacolarizzazione del dolore altrui desensibilizza e rende meno umani. Non perdiamo mai il vizio di inorridire di fronte a questo scempio; meglio ancora, purifichiamo la nostra esistenza dalla fogna del mezzo televisivo: la rete permette una selezione critica dei contenuti che, abbinata all'ormai prossima estinzione tecnologica del medium catodico, potrà forse contrassegnare una rinascita diffusa di una capacità di giudizio fondata su una scelta libera e autonoma. 

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