giovedì 9 marzo 2017

IL RUOLO DELL'ONU NELLA JIHAD ARABO-PALESTINESE CONTRO ISRAELE

Nota: quanto segue è l'estratto di un libro "work in progress" sul conflitto arabo-israeliano.

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Nel 1948, l'Organizzazione delle Nazioni Unite riconobbe lo stato d'Israele. Gli Stati arabi si opposero a questo riconoscimento, e scatenarono una guerra per la distruzione di Israele e lo sterminio del suo popolo. Israele vinse, così come sconfisse gli stati arabi nella successiva “Guerra dei sei giorni” (1967), che essi avevano mosso a Israele con le stesse finalità della precedente. Nell'impossibilità di sconfiggere Israele per via militare, gli stati arabi e islamici hanno sfoderato l'arma della diplomazia e della propaganda. Il teatro di questa guerra è nelle piazze, nell'influenza sui media, nel lobbying, nelle organizzazioni studentesche e associazioni islamiche di tutto il mondo, nella società tutta. Ma sul versante propagandistico della jihad anti-israeliana, l'asso nella manica è stato e rimane l'occupazione dell'Onu.


L'Organizzazione delle Nazioni Unite: Storia, Fatti, Dati

Nel corso degli ultimi 40 anni, l'Onu ha fatto di Israele l'oggetto esclusivo di una feroce campagna di delegittimazione per via politica e diplomatica. Stiamo parlando dell'unico paese nel Medio Oriente (e di uno tra i pochissimi in Asia) che conserva tutti i tratti delle democrazie più avanzate: rispetta i diritti delle donne e dei gay; esercita piena tolleranza nei confronti dei credo religiosi più diversi; possiede una stampa libera; permette a un'etnia araba potenzialmente ostile di vivere sul suo territorio e di godere di tutti i diritti dei cittadini ebrei, incluso l'elettorato attivo e l'accesso alla Corte Suprema. All'Onu – nata con la missione di garantire la pace nel mondo e di tutelare i diritti umani – tutto ciò non sembra interessare. Perché? Un po' di storia.
Nel 1949, quando ammise Israele come stato membro, l'ONU aveva 58 membri, rappresentativi di un orientamento democratico e pro-occidente. Oggi, l'ONU conta ben 193 Stati membri, la maggior parte dei quali costituita da regimi totalitari o semi-totalitari. In particolare l'alleanza fra gli stati arabi/islamici e il blocco sovietico è stato un asset fondamentale per la guerra contro Israele, dentro e fuori le Nazioni Unite. (1)
Se si prende per esempio il solo Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite (Unhrc), esso raggruppa 47 nazioni, elette per un termine di 3 anni. La pregiudiziale contro lo Stato di Israele si spiega con la composizione etnico-religiosa del gruppo di nazioni che vi fanno parte: la maggioranza, in tutto 26, sono paesi africani e asiatici; otto sono latino-americani; sei sono dell'Europa dell'est; solo sette appartengono al blocco occidentale propriamente detto. Ben 18 di questi Paesi sono membri dell'Organizzazione della Cooperazione Islamica (OIC). Tra i membri (dato 2014) di questa organizzazione per la “tutela dei diritti umani” figurano molte tra le più sanguinarie e dittatoriali nazioni al mondo, come Cuba, l'Arabia Saudita, il Kuwait, il Pakistan, gli Emirati Arabi Uniti, la Russia, la Cina. (2)
Va ricordato che all'Assemblea Generale dell'Onu - uno dei sei principali organi delle Nazioni Unite e il principale organo deliberativo, legislativo e rappresentativo dell'Onu - ogni Stato, per quanto piccolo, ha uguale rappresentanza; ciò significa che ogni Stato ha un voto, e che il voto del più piccolo e meno influente Stato al mondo ha la stessa rilevanza di quello del più grande e potente. Questo spiega per esempio perché nel solo periodo 2012-2015, del totale delle risoluzioni contro Paesi emanate dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, un incredibile 81% siano state contro lo Stato di Israele (83 a fronte delle 20 per i rimanenti 192 membri dell'Onu). (3)
Ecco una carrellata di eventi e fatti che percorrono ed esemplificano la perversione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite:
  • Nel 1975, mentre la Cambogia stava massacrando tra i 2 e i 3 milioni di persone grazie anche all'assordante silenzio dell'ONU (nessuna risoluzione contro la furia genocida di Pol Pot), quest'ultima riunisce i suoi membri a Durban (nella Sudafrica dell'apartheid, non a caso) nella “Conferenza mondiale contro il razzismo, la discriminazione razziale e la xenofobia” per approvare, grazie alla maggioranza costituita dal blocco sovietico e dai paesi islamici, la risoluzione n. 3379 che equipara il sionismo (cioé il movimento che dichiara il diritto dello stato ebraico a esistere) al razzismo. Si tratta, come dichiarerà l'ambasciatore degli Stati Uniti intervenuto, di un “tentativo di fare dell'antisemitismo una legge internazionale”. E', soprattutto, un'“orgia di odio e di propaganda anti-israeliana e anti-ebraica” che usa, con ipocrisia rivoltante, i diritti umani come paravento. La conferenza di Durban dà piena espressione a un dirottamento della nozione di “diritti umani” portata avanti dalla nuova Onu nella sua composizione “allargata”:
L'Onu cambiò il principio di auto-determinazione da un principio che guardava ai diritti umani in un mondo appena uscito dalla Seconda Guerra Mondiale e dall'Olocausto a uno strumento da brandire contro l'Occidente e, specialmente, contro Israele. (4)

L'ambasciatore israeliano all'Onu Chaim Herzog strappa una copia della risoluzione di condanna di Israele alla conferenza di Durban nel 1975
    Nel paese dell'apartheid, la conferenza di Durban segnala un solo paese al mondo colpevole di discriminazione razziale: Israele.
    L'ONU si vedrà costretta a revocare la risoluzione di Durban nel 1991, quando però ormai essa ha sortito tutti gli effetti propagandistici ricercati.
  • Durante gli eventi che condurranno alla “Guerra dei Sei Giorni” (1967), l'Onu, su richiesta del presidente egiziano Gamal Abdel Nasser, ritira senza fiatare le truppe stanziate nel Sinai, dando di fatto carta bianca per una guerra che, nelle dichiarate intenzioni dei leader arabi, avrebbe condotto alla distruzione di Israele e al genocidio del popolo ebraico, e per la quale Nasser aveva già mobilitato decine di migliaia di uomini e centinaia di carri armati al confine con Israele. Il genocidio non riuscì e gli eserciti egiziano, giordano e siriano furono sbaragliati.
    Analogo comportamento l'Onu tenne in occasione della guerra di Ruanda il cui inizio, e il genocidio che ne seguirà, saranno diretta conseguenza dell'irresponsabile e vigliacco ritiro delle truppe Onu da Kigali e delle scelte dell'allora capo del dipartimento delle operazioni di peacekeeping, Kofi Annan, che confermò l'ordine di sgombero anche dopo aver ricevuto comunicazione che gli hutu erano pronti a sterminare i tutsi (11 gennaio 1994). Il risultato fu il massacro di 800 mila persone. (5)
  • Nel 1949, fu istituita la “United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees of the Near East” (UNRWA). Questo organismo, che conta più di 30 mila dipendenti (6) si occupa esclusivamente dei 4-5 milioni di palestinesi registrati come profughi. Dimensioni elefantiache, specialmente considerato che l'altra organizzazione dell'ONU che si occupa dei restanti 55-60 milioni di profughi nel mondo (distribuiti in 128 paesi), e cioè l'“Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati” (Unhcr), conta solo 10800 dipendenti (dato dicembre 2016) (7). Lo staff dell'Unrwa si compone quasi esclusivamente di palestinesi reclutati in loco. Il budget a disposizione è di circa 680 milioni, in larga parte finanziato con “contributi volontari” di Stati, Il maggior “donatore” sono gli Stati Uniti, seguiti dall'Unione Europea (tutti i dati sono del 2013) (8)
    Una disparità di trattamento fra i profughi palestinesi e tutti gli altri profughi del mondo che rasenta l'incredibile, e che solo si spiega con la volontà di alimentare un pretesto per nuocere a Israele. La verità però è che sono proprio i profughi tutti ad avere la peggio, inclusi gli stessi palestinesi. Ecco, al proposito, come il già parlamentare europeo socialista portoghese Paulo Casaca illustra la situazione:
La radice del problema è che queste persone [i profughi palestinesi] sono profughi perché quelli coinvolti nell'industria dell'odio abusano di loro. Sono intrappolati in una macchina dell'odio. Anziché aiutare i profughi stiamo aiutando coloro che vogliono usarli contro Israele. (9)
    Il profugo palestinese è un profugo affatto “sui generis”. I criteri Unrwa di ammissibilità allo status di profugo (10) sono pensati apposta per perpetuare la condizione di rifugiato stessa. In primo luogo, naturalmente, vi è la “trasmissibilità” della condizione di rifugiato alla discendenza per parte maschile, ivi inclusi i bambini adottati legalmente. Un espediente, questo, che, assieme ad altri criteri altrettanto assurdi, condanna un numero crescente di persone [dalle 950 mila del 51 ai ben 5 milioni odierni (8)] a una perenne precarietà esistenziale, e che serve allo scopo di fomentare nei rifugiati un odio da finalizzare al terrorismo e al logoramento dello Stato di Israele. I palestinesi sono il primo e unico caso al mondo di gruppo di rifugiati che cresce in numero (e a ritmo vertiginoso, come si è visto). I rifugiati palestinesi, inoltre, rimangono tali anche quando ottengano altre cittadinanze. (11)
    Nelle parole del pollitico israeliano Binyamin Elon,
[…] l'Alto Commissariato ha il mandato di risolvere il problema dei profughi [mentre] l'UNRWA invece no. Vi sono ciniche motivazioni politiche dietro la volontà di preservare all'infinito lo status dei profughi. (9)
    Il 4 ottobre 2004, l'allora Commissario Generale dell'Unrwa, Peter Hansen, ammette alla CBC (Canadian Broadcasting Corporation) senza traccia di pentimento, che l'Onu dà impiego a membri di Hamas, organizzazione votata alla distruzione di Israele e che figura nelle liste mondiali delle organizzazioni terroristiche:
Oh, sono sicuro che ci sono membri di Hamas sul libro paga dell'UNRWA, e non lo considero un crimine.” (12)
  • L'Unesco, l'agenzia specializzata delle Nazioni Unite che si occupa di istruzione, scienza e cultura, è il settore dell'Onu impegnato nel progetto islamico di revisionismo storico-culturale in funzione di propaganda anti-israeliana. Nell'ottobre del 2016, infatti, L'UNESCO emana una risoluzione che menziona il Monte del Tempio come luogo sacro unicamente per i musulmani, e stabilisce che ci si debba riferire a storici luoghi sacri della tradizione ebraica – come il Monte del Tempio e il Muro del Pianto – usando la denominazione araba. In sostanza, si nega ogni legame tra gli Ebrei e il Monte del Tempio. Il Direttore Generale dell'Unesco, Irina Bokova, e il presidente del Consiglio di amministrazione, Michael Worbs, hanno espresso dispiacere e si sono scusati con Israele per la risoluzione. La Bokova avrebbe ricevuto anche minacce di morte per la sue dichiarazioni riparatorie (13).
    Scrive Sergio Pikholtz:
l'Unesco, un'organizzazione con numerosi precedenti di risoluzioni anti-Israele, leggasi giudeofobiche, il 13 ottobre ha emesso un documento in cui dichiara che il il Monte del Tempio e il Kotel, o Muro Occidentale [il “Muro del Pianto”, ndr], unitamente alla tomba dei patriarca, nella città di Hebron, e la tomba della matriarca Rachele, in Betlemme, devono essere ritirati dalla lista dei luoghi sacri del popolo ebraico.
    Tra l'altro, la risoluzione definisce lo Stato di Israele in tutte le occasioni in cui lo menziona come potenza occupante, e chiama tutti i siti sacri con il solo nome arabo.
    E non è finita: esso contiene l'intimazione a Israele di cessare opere archeologiche e costruzioni; tra le altre, quelle che implicano miglioramenti per, ad esempio, la piazza di fronte al Muro Occidentale, il luogo più sacro per gli Ebrei, che pure dovrebbe venir ritirato dalla lista dei luoghi sacri per il giudaismo. Ancora Pikholtz:
[…] Il mondo, i paesi civilizzati della Terra, devono comprendere che questa risoluzione non tratta solamente della lista in cui [debbono figurare] i siti sacri. Questa risoluzione mostra la tendenza di questo organismo funesto a porre in discussione il diritto dello stato di Israele alla sua esistenza, iniziando precisamente dai luoghi più profondamente radicati alla sua storia di più di 3500 anni. (14)
    R. Herzinger dalle pagine di “Die Welt”:
La risoluzione accusa Israele – costantemente denunciata come 'forza di occupazione' - di grave violazione dei diritti religiosi dei musulmani; non menziona però i tentativi a volte violenti da parte islamica di ostacolare agli Ebrei l'accesso al Monte del Tempio.
    Continua il corrispondente del quotidiano tedesco:
Non menziona parimenti che la fondazione islamica Waqf, che si occupa della gestione della moschea di Al-Aksa, proibisce sistematicamente scavi archeologici sul Monte del Tempio. In tal modo intende ostacolare ritrovamenti che proverebbero l'esistenza dei due templi ebraici, siti un tempo in quel luogo. Il fatto della loro esistenza viene spacciata dalla propaganda arabo-palestinese come “fiction sionista”. (15)
    Scrive il giornalista Gil Yaron, sempre dalle pagine del “Welt”:
Il concetto ebraico di 'Monte del Tempio' non appare […] una sola volta nella risoluzione. L'Unesco ignora così la propria linea guida, cioè quella di promuovere la pace 'nella testa delle persone' attraverso la scienza, la cultura e l'istruzione. Infatti, essa sovverte non solo la Storia della religione cristiana, che è impensabile senza la ribellione di Gesù contro l'elite sacerdotale, ma ignora con l'omissione numerose testimonianze scritte e incontrovertibili prove archeologiche.
Che la rivendicazione islamica poggi sulla tradizione orale, attestante che il profeta Maometto viaggiò in una notte dalla Mecca a Gerusalemme e ritorno a bordo del destriero mitologico al-Burak, non impedisce [all'Unesco] di parlare del Muro Burak, al quale Maometto avrebbe legato la bestia. [Ma] la denominazione ebraica di questo luogo – 'Muro del Pianto', viene messo tra virgolette. Pare che presso l'Unesco le favole contino più della scienza.
    La falsificazione storica è alla base delle rivendicazioni islamiche del luogo. Per gli islamici – e per l'Unesco - la cultura ebraica non esiste perché ciò che si pensa tale è in realtà sempre stata cultura islamica, anche millenni prima della nascita del profeta dell'Islam:
Non c'è da sorprendersi che quelli che festeggiano la risoluzione siano gli stessi che dichiarano che Abramo eresse il Muro del Pianto assieme al progenitore dei musulmani, Ismaele, e che affermino che il re Salomone fosse stato un virtuoso musulmano o che una moschea apparisse sul Monte già 3000 anni or sono – 1600 anni prima della nascita di Maometto.
Questa distorsione della Storia mira a invalidare il diritto all'esistenza di Israele. Si nega che nella città di Zion ci sia mai stato un Tempio perché si vuole affermare che il sionismo è in realtà una chimera. Nel momento in cui nasconde ogni legame degli Ebrei con il Monte del Tempio, l'Unesco fa sua l'argomentazione degli estremisti. (16)
    Per il Primo Ministro di Israele Netanyahu,
il teatro dell'assurdo continua, all'Unesco […]. Dire che Israele non ha legami con il Tempio del Monte e il Muro Occidentale è come dire che la Cina non ha nessun legame con la Grande Muraglia e che l'Egitto non ha legami con le piramidi.
    Ancora il premier israeliano:
Stabilito che [l'Unesco] non legge la Torah, suggerisco ai suoi membri di andare a visitare l'Arco di Tito a Roma, e vedere ciò che i Romani vi hanno portato [a Roma] dopo la distruzione e il saccheggio del Monte del Tempio 2000 anni fa. […] Sull'arco di Tito è scolpita una menorah a sette bracci. Simbolo del popolo ebraico di allora e dello Stato ebraico attuale. Di questo passo, presto l'Unesco affermerà che l'imperatore Tito era un propagandista sionista. (17)

Il particolare dell'Arco di Tito menzionato da Netanyauh, con la menorah (il candelabro ebraico) a sette bracci
  • Nel suo discorso d'apertura della 61a Assemblea Generale delle Nazioni Unite (settembre 2006), l'allora segretario generale Kofi Annan ammette le pratiche vessatorie dell'Onu contro Israele:
[…] Da una parte, i sostenitori di Israele avvertono che Israele è giudicata duramente e con standard che non si applicano ai suoi nemici. E troppo spesso questo è vero, particolarmente in alcuni organismi dell'Onu. (18)


L'Onu e le sue Agenzie. Missione: Delegittimare e Demonizzare Israele

Esaminiamo ora, anche dal punto di vista numerico, il trattamento di Israele da parte delle principali agenzie specializzate dell'Onu. (19) La disparità di trattamento a danno di Israele sta nei numeri, che hanno dell'incredibile.
  • UNHRC. Tra il 2006 (l'anno della sua creazione) e il 2012, l'Unhrc ha emanato 48 relazioni di condanna nei confronti di Israele, contro le sole 9 dirette al regime genocida di Assad in Siria, le 3 rivolte all'Iran – principale finanziatore del terrorismo islamico di Hezbollah (Libano) e di Hamas (Gaza) e campione di violazione dei diritti umani -, e zero nei confronti di un paese come la Cina, autrice di 2500 esecuzioni capitali nei soli primi sei mesi del 2015. (4)

    Dal 2006 al 2016, l'Unhrc ha adottato in tutto 135 risoluzioni contro Paesi. Di queste, ben 68 sono contro Israele (più del 50%) (dati al giugno 2016). Per il solo periodo 2006-2009, delle 12 “sessioni speciali” d'emergenza relative a specifiche situazioni di Paesi, sei riguardano Israele. Tutte queste risoluzioni sono state iniziate da Paesi arabi. (20)
    Anche l'impiego dei finanziamenti all'Unhrc illustra una pregiudiziale anti-israeliana, se pensiamo che nel 2013 l'agenzia ha speso ben 367 milioni di dollari per la Giordania (un Paese con popolazione a maggioranza palestinese), 362 per il Libano (di fatto controllato dalla milizia terroristica di Hezbollah), 316 per la Siria, 293 per l'Iraq e la miseria di tre milioni per Israele.
    Il 30 giugno del 2006 l'Unhrc ha adottato l'articolo 7: Israele, unico paese tra tutti, viene fatto annualmente oggetto di osservazione attorno a presunte violazioni di diritti umani. Questo ruolo di “osservatorio” ad-nationem diventa da questo momento un tratto permanente dell'attività del Consiglio. L'adozione dell'articolo 7 fu promosso, ovviamente, dall'OIC. (2).
  • UNESCO. L'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura (Unesco), adotta ogni anno risoluzioni contro Israele e contro nessun altro Stato. Unica eccezione il 2013, quando sotto la pressione dell'organizzazione UN Watch, l'Unesco ha adottato una risoluzione contro la Siria.

  • OMS. Per una settimana all'anno, l'“Assemblea Mondiale per la Sanità delle Nazioni Unite”, l'organo decisore dell'Organizzazione Mondiale per la Sanità (Oms), si incontra per formulare norme per la sanità nel mondo, e per emettere risoluzioni. Anche questo organismo prende di mira lo Stato degli Ebrei con un accanimento almeno pari a quello delle altre agenzie dell'Onu. Il 27/05/2015, per esempio, e con un voto di 104 a 4, l'unica nazione del pianeta sanzionata dall'Assemblea è stato proprio Israele, fresco dall'aver aiutato con i suoi team medici 1600 vittime del terremoto del Nepal, e che accoglie nei suoi ospedali i feriti dalla guerra di Siria. Nessuna menzione nella sessione, per esempio, per i 1850 uccisi, i 7394 feriti e i 545 mila dispersi della guerra dello Yemen. Passati inosservati anche i 6000 uccisi, il milione di rifugiati della guerra d'Ucraina (21) e l'impellente rischio di epidemie di poliomelite, morbillo, difterite e rosolia per milioni di bambini ucraini (22). Tutto ciò semplicemente non rientra nell'agenda politica dell'Oms. Come per l'Onu e tutte le sue divisioni, il nemico da colpire è Israele e solo esso.

  • ILO. L''Organizzazione Internazionale del Lavoro (Ilo), altra agenzia afferente all'Onu, fu istituita per migliorare le condizioni del lavoro, regolamentarne l'orario, combattere la disoccupazione, assicurare salari adeguati e proteggere i lavoratori a livello mondiale. Nel panorama dell'accanimento contro Israele da parte dell'Onu nel suo complesso, questo organismo si distingue per produrre report pieni di inesattezze, menzogne e pregiudizi sulla “situazione dei lavoratori nei territori arabi occupati”. Come quello del giugno 2014, che attribuisce l'unica responsabilità delle difficoltà economiche e lavorative nei territori all'“occupazione” israeliana. Il report non è molto più di un copia-incolla di refrain della propaganda palestinese e dei governi palestinesi della West Bank e di Gaza (23).


Conclusione

L'Organizzazione per le Nazioni Unite ha come scopo quello di favorire la soluzione pacifica dei conflitti e controversie internazionali, promuovere e mantenere la pace e favorire il rispetto dei diritti umani. La Storia parla e ci dice che l'Onu ha pressoché sempre fallito in questi scopi, e anzi il suo operato ha favorito il rinfocolarsi di àsti attorno a sussistenti rivendicazioni. Ciò è certamente il caso della contesa arabo-israeliana.
Quando si tratta di attaccare Israele, l'Onu è sempre in prima linea nello stigmatizzare supposti diritti violati dallo Stato ebraico. Per i veri crimini contro i diritti umani perpetrati in giro per il mondo, all'Onu dominano silenzio e indifferenza. Dalla II guerra mondiale, stragi e guerre hanno reclamato tra gli 86 e i 190 milioni (stima, quest'ultima, dell'American Public Health Association) di vite umane. Tra queste, i cinque milioni in Congo; il milione durante l'invasione russa dell'Afghanistan; i tre milioni nella Guerra d'indipendenza del Bangladesh; il mezzo milione della guerra d'Algeria; i milioni di morti di bambini, rifugiati e vittime della fame e delle violenza jihadista in Nigeria e Somalia. Tutto ciò ha visto l'Onu ostinarsi in un inoperoso silenzio. Ma non quando si tratta di Israele, nonostante in settant'anni dalla fondazione dello Stato ebraico si contino solo 12 mila morti per effetto dello scontro tra palestinesi e israeliani. Quando si tratta di Israele, e quasi esclusivamente in questo caso, la coscienza dell'Onu (e del mondo intero) si sveglia di soprassalto, come la rana di Galvani: scatta allora una concerto di ipocrite remprimenda moralizzatrici, codificate in “risoluzioni” - rigorosamente a senso unico - per “massacri” e “abusi” mai commessi; folle di “antisionisti” invadono allora le pubbliche piazze per pretestuose dimostrazioni buone solo a infangare Israele con calunnie che riverberano in tutto e per tutto quelle contenute nelle risoluzioni dell'Onu.
Il maggior prezzo di questo accanimento è pagato proprio da quelle realtà di diritti umani violati, i quali vedono così tutta l'attenzione che meriterebbero dirottata verso la “causa” palestinese:

Deve essere detto in maniera forte e chiara: la manipolatoria e velenosa protesta contro Israele prepara la via per il silenzio mondiale di fronte ai massacri e ai crimini contro l'umanità che realmente stanno avendo luogo. Non c'è alcuna protesta contro i massacri. C'è una infondata ed esagerata protesta contro Israele. Non c'è alcuna morale umana qui. C'è ipocrisia e frode politica. […] Questa non è preoccupazione per i diritti umani; è un crimine morale. (24)

L'unico Paese al mondo completamente attorniato da nemici e costretto a combattere ogni giorno la minaccia della propria distruzione totale e dello sterminio dei suoi abitanti è anche – non a caso – il paese preso di mira da un'ONU, dirottata dai fautori della jihad contro Israele al ruolo di strumento di propaganda anti-israeliana e anti-ebraica, a piattaforma globale dell'antisemitismo per la distruzione dello Stato ebraico.


NOTE E RIFERIMENTI

(1) “Russia and the Muslim world”, di Eric Walberg. Si parla del rapporto tra l'Unione Sovietica e la Russia e il mondo islamico da un punto di vista storico. Vi si legge: “[...] l'Unione Sovietica, dopo un breve flirt con il testé creato Stato ebraico di Israele nel 1948, fu un solido alleato del mondo arabo nella lotta di questo contro Israele, e fu benvenuto come alleato dai popoli di Egitto, Algeria, Libia, Siria, Irak e Palestina."

(2) “UN bias against Israel continues”, di Michael Curtis, 1/04/2014. L'articolo offre riscontro per i dati relativi alla composizione dell'Unhrc. Più sotto nel capitolo, appare il dato delle 6 su 12 “sessioni speciali” dell'Uchnr dedicate a Israele nel periodo 2006-2009, e quello dei finanziamenti all'Unhrc. Si parla infine dell'introduzione dell'art. 7 adottato dal Consiglio nel giugno del 2006, di cui si riporta a seguire nel capitolo.

(3) “Declaration opposing Discrimination Against Israel at the United Nations”. Si tratta di una petizione (2017) organizzata dalla “Conferenza dei Presidenti delle Maggiori Organizzazioni Ebraiche Americane”. La conferma del dato qui riportato (le 83 risoluzioni contro Israele nel solo periodo 2012-2015, l'81% del totale), e anzi con una percentuale addirittura maggiore (86%) si può trovare nella citazione dei dati di Un Watch (vedi nota 19).

(4) “Is the UN fair to Israel?” (video) di Anne Bayefsky, 15/09/2014. Dove Anne Bayefsky, direttrice del Touro Human Right Institute, ci offre, nella forma semplice di un video di breve durata, un'ottima sintesi (con dati ed eventi storici) del tradimento rappresentato dall'Onu: da organismo per la promozione e la conservazione della pace internazionale e dei diritti umani a strumento dell'agenda politico-religiosa islamica al servizio delle peggiori e più sanguinarie dittature del pianeta. 

(5) “UN Failed Rwanda”, Associated Press, 16/12/1999. Si parla qui di come l'atteggiamento Onu durante la guerra di Ruanda abbia permesso il genocidio dei tutsi, non diversamente da quanto sarebbe accaduto nella guerra arabo-israeliana del 1967 se Israele non l'avesse vinta.

(6) Ecco la pagina relativa allo staff Unrwa, con il riscontro del dato indicato.

(7) Dati comunicati dalla stessa Unhcr, come si può vedere nel link sotto:

(8) Per un riscontro di questi dati, si veda la pagina delle FAQ sul sito dell'Unrwa:

(9) “Ripensare la Questione dei Profughi. Parlamentari Europei criticano il ruolo dell'Unrwa” ( traduzione di un articolo del Jerusalem Post del 10/11/2008). Si parla del ruolo dell'Unrwa e delle distorsioni derivanti dalle ragioni della sua fondazione. Per l'allora parlamentare europeo socialista Paulo Casaca, la strumentalizzazione della questione palestinese fa parte di un'“industria dell'odio” che mira a danneggiare Israele.

(10) “Consolidated Eligibility and Registration Instructions”, Unrwa. In questo pdf si possono leggere le condizioni di ammissibilità allo status di rifugiato, che permette l'accesso ai servizi dell'agenzia.

(11) cfr. https://al-shabaka.org/briefs/refugees-citizenship/ 

(12) Terror on the UN Payroll?”, Matthew Levitt, 13/10/2004. Si parla dell'incredibile dichiarazione del Commissario Generale dell'Unrwa, ma anche dei numerosi episodi che hanno visto esponenti di Hamas impiegati all'Unrwa fare sistematico uso delle strutture e dei veicoli dell'agenzia (tra cui ambulanze) per lanciare razzi verso Israele e condurre operazioni terroristiche. Già nel 2004, prima cioè della cessione di Gaza da parte di Israele e della presa di potere di Hamas, si registrano esempi di un sistematico utilizzo di strutture civili, tra cui ospedali, per lo stoccaggio di armi ed esplosivi e come basi logistiche, di appoggio e di infiltrazione.

(13) “UNESCO head faces 'death threats” over Jerusalem vote: Israel”, Daily Mail, 17/10/2016. Dove si parla delle scuse a Israele per la risoluzione in oggetto da parte dei vertici dell'Unesco, evidentemente impotenti di fronte al diktat delle rappresentanze islamiche.

(14) “Israel, la Unesco y el doble estàndar moral”, di Sergio Pikholtz, 17/10/2016. Si analizzano più in dettaglio le conseguenze pratiche dello sciagurato pronunciamento dell'Unesco. Segio Pikholtz è l'attuale presidente della Organizzazione Sionista Argentina.
http://www.infobae.com/opinion/2016/10/17/israel-la-unesco-y-el-doble-estandar-moral/ 

(15) “Die Unesco schliesst sich den Judenhassern an”, di Richard Herzinger, 14/10/2016. Si parla dell'ennesima assurda risoluzione dell'Onu contro Israele, per il tramite dell'Unesco, volta ora a negare la plurimillenaria storia di Israele legata al Monte del Tempio.

(16) “Wie Unesco eine Loesung des Nahost-Konflikts erschwert”, di Gil Yaron, 14/10/2016. Dove si analizzano le implicazioni della stessa risoluzione Unesco, con particolare riguardo alle ragioni storiche e culturali delle rispettive rivendicazioni.

(17) “Pas de lien entre le peuple juif, Jérusalem et le Mont du Temple”, 13/10/2016. Dove si riporta la dichiarazione del premier israeliano Netanyahu a proposito della decisione dell'Unesco. Netanyahu menziona testimonianze storiche come l'arco di Tito a riprova dell'ovvio: le solide e storicamente comprovate radici ebraiche in Terra Santa.

(18) “United Nations: The U.N. Relationship with Israel”, di Mitchell Bard, ottobre 2016. Vi appare il testo della dichiarazione di Kofi Annan riportata.

(19) “The UN and Israel: Key Statistics from Un Watch”, 23/08/2016. Tutti i dati di questo punto (il trattamento di Israele presso tutte le agenzie specializzate dell'Onu) provengono da questo articolo, salvo dove specificato diversamente.

(20) “The Demonization of Israel at the United Nations in Europe [.] Focus on the Human Rights Council and Specialized Agencies” (di Hillel Neuer, 2014). Se ne ricava il dato relativo alle “sessioni speciali” dedicate a Israele presso l'Unhrc.

(21) “Un casts Israel as worst violator of health rights in the world”, di Hillel Neuer, 28/05/2015. Appaiono i dati relativi ai due pesi e due misure applicati a Israele da parte di un'altra agenzia dell'Onu: l'Oms. Hillel Neuer è avvocato internazionalista, scrittore, attivista e direttore esecutivo di Un Watch.

(22) “Millions of Ukrainian Children at Risk From New Epidemics”, 22/04/2015. Si parla dell'emergenza sanitaria per i bambini vittime della guerra di Ucraina.

(23) “Ilo on Auto-Pilot against Israel”, 09/07/2014. Si parla dell'Ilo e dei suoi “report” sulla condizione lavorativa ed economica nei territori “occupati”.

(24) “World is silent, except when it comes to Israel”, di Ben-Dror Yemini, 31/10/2016. Si può trovare riscontro, oltre che ovviamente per la citazione, per i dati sui massacri nel mondo dalla fine della Seconda Guerra e dei morti per guerre e persecuzioni nei singoli paesi, riportati nel capitolo, che l'Onu ha ignorato.

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