mercoledì 12 giugno 2019

SOCIALISMO: IL PERCHE' DEI SUOI FALLIMENTI, IL PERCHE' DELLE SUE SCIE DI SANGUE

 (Difficoltà: 3,8/5)

Perché il socialismo ha sempre fallito e sempre fallirà, lasciando regolarmente dietro di sé una scia di sangue?

Proviamo a vedere qual è il ciclo storico di ogni esperienza di socialismo. Fornirò un modello generale, senza circostanziarlo storicamente. Del resto, la realtà del fallimento del socialismo dal punto di vista della costruzione di una società prospera e pacifica è sotto gli occhi di tutti, conosce innumerevoli esempi (i più recenti sono Brasile, in forma soft, e il Venezuela, in forma hard, ma che dire di Urss, Nord Corea, Cuba, Cambogia ecc.?) e nessuna eccezione alla regola.
Non bisogna certo essere esperti di scienze politiche per capire: bastano alcune nozioni basiche di economia, spirito di osservazione degli eventi storici e un po' di buona vecchia logica.


Il Socialismo all'Inizio Funziona

Dunque, una cosa va detta per iniziare, ed è una cosa sulla quale concordano anche i pensatori di destra: il socialismo all'inizio funziona. E il perché le cose stiano così è chiaro: all'inizio, le politiche sociali consentono al leader di questo o quel partito socialista di costruirsi un enorme consenso popolare. Egli diventa così una figura carismatica, un "leader del cambiamento". 
Cosa rende possibili queste politiche sociali "aperte" e generose, facenti capo a un assistenzialismo diffuso che può essere alla luce del sole (sussidi di povertà, bonus familiari, sanità e scuola gratis per tutti) od occulto (distribuzione di impieghi statali)? Beh, per esempio, un'alta tassazione a danno del capitale. Ed è qui che iniziano i problemi. Le aziende, già pressate dallo strapotere dei sindacati di sinistra appoggiati dallo Stato a concedere benefici che ne minano la concorrenzialità internazionale in un'economia globalizzata, si delocalizzano verso paesi limitrofi che offrono condizioni lavorative e tassazioni più favorevoli. Ecco che lo Stato vede depotenziato il principale strumento della sua politica finanziaria: la leva fiscale.


Corruzione e Peggioramento delle Condizioni di Vita della Popolazione

Ma i problemi naturalmente non finiscono qui. Prima ancora che le aziende abbandonino il paese, lo Stato ha il problema di gestire una grande mole di denaro proveniente dalla tassazione. In un'organizzazione centralizzata, dove non è nemmeno necessario che lo Stato arrivi all'esproprio e al controllo diretto dei mezzi di produzione, visto che di fatto controlla le imprese per altre vie (per questo il modello si applica in larga parte anche agli stati non propriamente socialisti ma che potremmo definire semplicemente "socialisteggianti"), non ultime quelle legate allo strapotere del moloch burocratico che concede appalti pubblici e licenze, un manipolo di politici e burocrati arriva a controllare e a dover gestire enormi flussi di denari. La corruzione e il clientelismo diventano un problema a lungo termine ingestibile. La leadership politica inizia quindi ad ammassare capitali finanziari derivati dalla corruzione in banche offshore. Politici, alti funzionari e pubblici ufficiali, tutti accomunati da un'illusione di onnipotenza e impunità radicate nell'enorme potere che hanno accumulato sulle vicende del paese, iniziano a distribuire licenze e favori non su criteri meritocratici, bensì sulla base di chi offre di più sottobanco. In questo modo, la qualità della vita della popolazione va a fondo ancor prima che si palesi all'orizzonte lo spettro dell'iperinflazione, del disastro economico e della carestia, perché le logiche di una economia basata sulla corruzione si riverberano nella cattiva qualità dei prodotti, delle infrastrutture e dei servizi.
Gli imprenditori che vogliono fare impresa in modo onesto, o che semplicemente si sentono irrimediabilmente scavalcati da una concorrenza che gioca sporco, fuggono all’estero. Il tessuto imprenditoriale del paese si assottiglia sempre più.


Repressione e Caduta dell'Ultima Illusione di Democrazia

Finché il sistema non si incancrenisce mandando tutta l'economia a catafascio, il malcontento della popolazione rimane sotto controllo grazie all'opprimente propaganda di regime, che tende a compattare la popolazione attorno allo spettro di un nemico esterno (l'internazionale ebraica, gli Stati Uniti ecc.) e a glorificare il leader o il Partito come l'ultimo argine contro questo o altri pericoli, ponendolo così al centro di una mitologia del riscatto e della salvaguardia dell'orgoglio nazionale. I semi della dittatura personale possono essere manifesti fin dall'inizio (vedi Castro, che si distinse subito come il centro carismatico della rivoluzione cubana) o possono palesarsi successivamente.Inscritta fatalmente nell'implementazione dell’utopia socialista è comunque la repressione della dissidenza che segue immediatamente l'avvento al potere, e che colpisce gli esponenti del precedente regime, i quali vengono uccisi, imprigionati o costretti a fuggire. La feroce repressione porta anche l’ultima illusione di democrazia a cadere, ed è spesso in questo frangente che si alza la protesta delle personalità intellettuali e politiche più argute e eticamente valide, le quali non hanno sovente altra scelta che lasciare il loro paese. La repressione è una strategia che, in una forma o nell'altra, accompagna il regime socialista fino alla fine dei suoi giorni, rivolgendosi anche agli iniziali protagonisti della "rivoluzione", nei confronti dei quali si avanzano sospetti di non essere abbastanza fedeli alla causa o di essere addirittura dei traditori.


L'Epilogo: Economia e Società Vanno Incontro alla Catastrofe

Ben presto l’epilogo si avvicina. L’economia del paese è a questo punto alle corde. I denari per mantenere l’enorme macchina statale e il gigantesco sistema clientelare non bastano più. Anche una propaganda tesa a nascondere la situazione reale spara a salve a fronte di un pubblico sempre più inferocito e disperato. Ecco le ulteriori principali dinamiche che articolano il crollo dell’“illusione socialista”; un crollo che – la Storia insegna – è solo questione di tempo:

1) la sostanziale distruzione della classe imprenditoriale è non solo una distruzione di introiti tassabili, ma anche di know how. Se lo Stato ha proceduto all’esproprio di un’impresa, specialmente se essa è in un settore chiave dell’economia nazionale, come l’energia, essa è assegnata a funzionari fedeli al leader (o al Partito) che non hanno la minima idea di come gestirla dal punto di vista sia tecnico che finanziario: l’azienda è inefficiente o inoperante e i costi si accumulano surclassando i guadagni.
2) Le piccole e medie imprese che ancora sopravvivono sono oppresse da una tassazione sempre più spropositata e da una burocrazia soffocante che rende il business e la vita delle persone comuni un calvario. I passaggi per ottenere una licenza o per sbrigare una pratica si moltiplicano, perché si moltiplicano gli uffici pubblici. Questo è il prezzo da pagare per un controllo dello Stato che si vuole sempre più capillare, e (laddove esista ancora un simulacro di democrazia elettorale) per l'esigenza di piazzare le clientele. I costi per l’espletamento degli adempimenti burocratici di conseguenza si moltiplicano, gravando sui bilanci delle imprese e sulle tasche dei cittadini.
3) I mercati finanziari, tutti intenti a cavalcare al rialzo la prima fase di prosperità della parabola socialista, intuiscono l’avvento della fase discendente, e si preparano a un crash landing chiedendo tassi d’interesse enormi sul debito del paese. Si avvicina lo spettro della spirale iperinflattiva, perché gli alti costi del debito spingono il paese a stampare denaro per far alzare l’inflazione e svalutare così la moneta: in questo modo, è meno costoso per il paese debitore onorare il debito. Ma si tratta ovviamente di una mossa disperata: ben presto, i titoli di stato di quel paese saranno equiparabili alla carta straccia.
4) La corruzione a ogni livello della macchina pubblica non può non tradursi in un generale quadro di insicurezza e criminalità diffusa, e ciò per almeno tre ragioni tra le diverse adducibili:

a) il tradizionale principio socialista che l’uomo è per natura buono ma viene corrotto dalle condizioni sociali crea un’atmosfera culturale di generale permissivismo, il quale viene interpretato dal pubblico come una licenza di fare ciò che vuole;
b) la corruzione arriva a infestare le forze dell’ordine e la magistratura; il crimine, anche organizzato, può così fiorire perché non incontra ostacoli. A ciò si aggiunge l’inefficienza degli apparati dell’ordine pubblico e della giustizia, dettata dalle nomine “pilotate” e dal progressivo montare di una situazione di illegalità che diviene ben presto ingestibile;
c) si sviluppa nel pubblico il senso di una “nuova normalità” basta sulla corruttela e sull’ingiustizia. Il  controllo dei media da parte del regime rende sovente difficile per la popolazione pensare a un’alternativa allo stato di cose.


Conclusione. Socialismo: Politicamente, il Male Assoluto

Il prodotto finale del socialismo o “comunismo” è una società disintegrata, dove ognuno pensa a se stesso e le coordinate etiche che regolano la vita comunitaria diventano un lontano ricordo. Nel rapido avvicinamento all'abisso, la propaganda di regime fa quello che può, con colpi di coda comunicativi volti a incolpare per tutto lo sfacelo il solito nemico esterno: tipicamente, la “potenza straniera” (caratteristicamente, gli Stati Uniti).
I supporter dell’utopismo socialista in Occidente hanno sempre pronta la solita scusa a fronte del tracollo socio-economico dei regimi socialisti del passato e di quello di turno con annesse scie di sangue nella forma di assassinii politici e genocidi vari: i detti regimi non sarebbero, secondo loro, in nessun modo rappresentativi del socialismo, cosa che “nessuno nella Storia è stato ancora in grado di realizzare”. In realtà, le dinamiche sono sempre le stesse, ampiamente documentate nella Storia dal Novecento fino ai nostri giorni, e profusamente ripercorse nella teoria economica.
Stupidità è fare sempre la stessa cosa e aspettarsi risultati diversi” (Einstein). Solo gli stupidi si ostinano ad applicare una ricetta che si è dimostrata ripetutamente fallimentare. Sbagliare è umano, perseverare è socialista.

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