mercoledì 5 settembre 2012

10MILA COSE CHE MI FANNO INCAZZARE/9998

"HOMO TECHNOLOGICUS PIGERRIMUS"

Se c'è una cosa che mi fa incazzare è la pigrizia che sta dietro un concetto equivoco e consumistico del progresso tecnologico.

Il concetto di "addizionalità infinitesimale"

Io non ho nulla contro il progresso tecnologico, anzi sono ossessionato, oltre che dai miracoli nel campo della portabilità, anche dal concetto dell'"addizionalità infinitesimale", che sembra la regola di questo tipo di progresso nella sua chiave più moderna. L'esempio cardine è quello dei microprocessori. Importante quanto la legge di Moore, ne fu inventata un'altra: quella che tu Intel potevi avere pronto nei tuoi laboratori un chip con potenza di calcolo 10, ma se sul mercato in quel momento storico il top di gamma era un chip a potenza 3, nel cacciare fuori nuovi modelli tu dovevi innalzare l'asticella evitando salti in avanti, per monetizzare al massimo la brama di velocità degli utenti digitali.
E' così che a partire dagli anni '90, con il passaggio del mercato di massa dagli home ai personal computer, si è instaurata una cadenzialità quasi annuale di innalzamenti nelle frequenze di calcolo, il tutto facente capo a diverse categorie di Pentium, e il tutto contraddistinto da un dosaggio certosino. Quasi si parlasse di chimica e non di elettronica, e quasi quei 10 Mhz in più potessero farti esplodere, con il terminale, l'intera casa.

La sindrome del copione

Mi dispiace dirlo, ma ho paura che, se oggi si può parlare di morbosa corsa all'innovazione fine a se stessa, questo è da imputare al mondo della tecnologia informatica. Non che questa abbia colpe, se non apparenti: il processo che ho descritto nel precedente paragrafo può trovare giustificazione non solo nel marketing, ma anche in questioni di sostenibilità operativa. Forse la gradualità descritta non è solo "furba", ma anche necessaria e rispettosa. La tecnologia informatica ha fatto quello che doveva fare, e ha inseguito un'idea di progresso corretta (almeno per chi è disposto a crederci) e confermata dai risultati.
Il problema è che anche quei settori dell'economia basati sulla meccanica si sono sentiti in dovere di abbracciare la nuova frontiera del progresso tecnologico, che è ormai da decenni in mano all'elettronica. Con risultati discutibili, se pensiamo a che razza di marchingegno è diventata oggi l'auto, "elettronicizzata" fin nelle sue funzioni più basilari, come la chiusura del baule. L'elettronica è messa lì a controllare la meccanica, quando semmai è lei che dovrebbe essere controllata!
Il dramma è che questo condiziona anche l'antropologia, e qui vengo all'oggetto della mia incazzatura. La nostra quiete è quotidianamente disturbata da un nuovo (?) ritrovato dell'ingegneria del futile: una specie di fucile spara-aria che aiuta i giardinieri a liberare marciapiedi e selciati dei rimasugli arborei della loro recente attività, emancipandosi così dal millenario giogo della ramazza. Si può pensare a qualcosa di più inutile e di più odiosamente ozioso di questo disturba-quiete?
Il progresso tecnologico dovrebbe essere trattato più seriamente. La risoluzione della diatriba se sia l'uomo a controllare la tecnologia o viceversa, può avere una chiave di volta nel concetto di "futile", sul quale molta della tecnologia oggi indulge. E che non ci si debba fare troppe illusioni, lo si capisce dal fatto che all'essere umano ormai non gli va manco più di scopare.
Il computer: quello sì che sa cos'è e come si usa la tecnologia.
Non credete a quanto ho scritto? La prossima volta che il frastuono di un motore che non è nè auto nè scooter interrompe la quiete dei vostri pensieri, aprite la finestra, guardatevi intorno, e fateci caso.

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