domenica 30 dicembre 2018

ZOMBI: IL PERCHE' DI UN FASCINO CHE NON MUORE MAI


 (Difficoltà: 2,1/5)

Perché ci piacciono tanto gli zombi?

"The Walking Dead"
Gli zombi sembrano qualcosa di più di una moda passeggera. Da quando il grande regista americano George Romero ne ha definito il canone cinematografico con il suo film indie “La notte dei morti viventi”, gli zombi hanno costituito parte integrante della nostra cultura popolare (film, serie tv, fumetti, letteratura, videogames ecc.), con una innegabile fiammata negli ultimi dieci anni.
Ma qual è il segreto del loro successo? Perché sembriano non riuscire mai ad averne abbastanza?

Il fatto è che la stragran parte della produzione culturale horror si basa, sin dalla notte dei tempi, sulla rappresentazione della morte che risorge. Se noi guardiamo ai più famosi “mostri” della letteratura e del cinema horror (vampiro, mummia, mostro di Frankenstein, spettro, zombi per l’appunto), questi hanno tutti qualcosa in comune: essi rappresentano dei morti che sono, in un modo o nell’altro, tornati alla vita. E’, insomma, il totem supremo che la fiction si incarica di dissacrare, infrangendo quindi il tabù che vi è connesso: si tratta dell’ineluttabilità della morte, che è parte integrante della sua sacralità. Dire che la morte può essere sconfitta – inteso, su un piano terreno - significa infatti violarne la sacralità. I “morti viventi” (definizione che, ancora, in senso lato riguarda tutti i mostri – e altri ancora – nominati sopra) ci piacciono perché l’essenza dell’orrore è la morte che ritorna in vita.
Ma perché vampiri, mummie e morti assemblati e rianimati in laboratorio possono certo godere di vampate di renaissance, ma vengono regolarmente inghiottiti dal dimenticatoio, mentre gli zombi propriamente detti rimangono sempre con noi? Cosa hanno di speciale? Tanto si potrebbe dire. Vediamo alcune possibili motivazioni del loro successo.


1) Totem e Tabù

Innanzitutto, gli zombi rappresentano la dissacrazione del totem della sacralità della morte appena descritto, e la rappresentano nel modo più puro e genuino. Se guardiamo ai vampiri, per es., questo elemento è presente in forma spuria, al punto che non pensiamo a essi come “morti viventi”, per quanto tecnicamente lo siano. I vampiri possono parlare, possono provare emozioni e innamorarsi, e mantengono ancora molte delle caratteristiche umane. Dall’altra parte, essi sono inoltre investiti di molti poteri, come quello di trasformarsi in pipistrello o nebbia. Non sono quindi semplicemente dei morti, ma delle creature soprannaturali con dei superpoteri, simili ai vecchi mostri della mitologia greca. Al cospetto della loro “umanità” e dei prodigi di cui son capaci, insomma, il fatto che siano anche dei morti tornati in vita è affatto secondario.
Gli zombi, invece, non sono nient’altro che dei morti tornati in vita: questa è la loro unica caratteristica. E sono proprio come ce li immagineremmo: totalmente privi di coscienza, di identità, di capacità intellettuali, di sentimenti e di abilità, tutte cose che risiedono nel cervello, un cervello che è in loro ridotto a una poltiglia decomposta come tutto il resto, e del quale resta solo il nucleo rettiliano, quello degli istinti più primordiali e bassi, quali il cannibalismo.
Sintetizzando: se l’essenza dell’orrore è la morte che ritorna in vita, allora lo zombi va considerato la quintessenza dell’orrore, perché esso rappresenta in forma più pura e genuina il fenomeno della morte che si riconverte in vita.


2) Dissacrazione del Mito Paradisiaco 

In conseguenza del punto 1), gli zombi rappresentano anche una parodizzazione di un cardine della religione cristiana e di ogni religione che ammetta la presenza di una dimensione superiore dopo la morte: gli zombi resuscitano sì, ma essi non sono altro che carcasse in stato di putrefazione, animate dall’istinto primordiale dell’omicidio per scopi di cannibalismo. Si paragoni questa rappresentazione a quella platonico-cristiana della liberazione dell’anima dai legacci della corporeità attraverso la morte e l’ascesa al cielo, e si apprezzerà la forza dirompente e dissacratoria di questo messaggio. 


3) Esorcizzazione della Paura della Morte

Una "zombie walk"
Il potere dissacrante dello zombi si rivolge anche al nostro sentimento di morte. Rappresentare, occasionalmente, la morte in forma ridicola (gli zombi sono caratteristicamente goffi e maldestri; nei suoi film – ad esclusione forse del primo – Romero non rinuncia mai all’ironia, divertendosi a far uccidere i morti dai protagonisti umani in modo comico e creativo) aiuta a superarne, almeno per un momento, la paura.
I vari eventi nei quali la gente si riunisce per inscenare un’orda zombie travestendosi da morti viventi serve a stemperare l’angoscia legata all’idea della propria fine. Facendo il “morto per un giorno” e mettendosi nei panni di se stesso da morto, ma nella forma fumettistica e grottesca dello zombi, l’individuo riesce - grazie anche al valore amplificante della partecipazione a un evento collettivo - a esorcizzare la paura della morte.


4) "Apocalisse Zombi"

Gli zombi si legano inevitabilmente al concetto di apocalisse (il che aggiunge un altro elemento di dissacrazione religiosa), e non è un caso che a nessun regista sia venuto in mente di inscenare un’ “apocalisse vampiresca”. Perché la figura dello zombi si innesta bene in un quadro di fine dell’Umanità? Perché se tutti i morti sono destinati a tornare a vivere come creature antropofaghe, allora l’Umanità è perduta e la società è condannata a dissolversi per il semplice fatto che essi saranno destinati a diventare una maggioranza sempre più schiacciante: chiunque venga morso, infatti, si convertirà in uno di loro; inoltre, una popolazione già in crisi di natalità avrà sempre più riserve rispetto all’idea di procreare in un mondo in cui chi muore ritorna in vita come un mostro affamato di carne umana.


5) Claustrofobia

La figura dello zombi spinge su una delle leve più efficaci della produzione horror: il senso di claustrofobia, che si lega al già visto elemento dell’apocalisse. Come ci insegnano film, sceneggiati e videogame, infatti, uno scenario in cui orde di zombi si aggirano per le città e per le campagne è uno scenario in cui i viventi sono alla perenne ricerca di cibo, di munizioni e di luoghi sicuri, di safe space. E questi luoghi diventano per i viventi sempre più scarsi, perché progressivamente conquistati dagli zombi. Al senso di claustrofobia fa da contraltare il senso di una ritrovata intimità e tepore (che ci riconnette alla fase uterina della nostra esistenza), ogni qual volta i protagonisti umani riescono a trovare uno spazio incontaminato nel quale portare avanti un qualcosa di simile alla quotidianità pre-apocalisse: uno spazio in cui lavorare, parlare, scherzare, socializzare, innamorarsi e rilassarsi. E magari uno spazio nel quale, se la bonaccia dura a sufficienza, formare una vera comunità organizzata e solidale. Una parentesi di ritorno alla normalità, di ristabilimento di un ordine a noi familiare, insomma. Chi ne è appassionato, sa che nei film di zombi questi momenti di “evasione dalla catastrofe che c’è fuori” sono i più apprezzabili, perché offrono un frangente di rilassamento rispetto ai momenti di tensione e di fuga. Ed è proprio questo contrasto fra l’intimità del piccolo spazio che si è riusciti a ritagliarsi nel caos e la minaccia che regna fuori a conferire ai film di zombi il loro inconfondibile sapore, attraverso proprio il tratto più caratteristico e definente: quello della claustrofobia. Se noi vediamo i film di Romero, l’inventore del genere zombi moderno, la claustrofobia è dominante, perché l’ambientazione del film è sempre un luogo limitato, chiuso e difeso: abbiamo la casa (La notte dei morti viventi, 1968), abbiamo il centro commerciale (Zombi, 1978), abbiamo la base militare sotterranea (Il giorno degli zombi, 1985) e abbiamo la città fortificata (La terra dei morti viventi, 2005). Nell’evocare un senso di claustrofobia disperata, gli zombi rappresentano un congegno orrorifico perfetto.


6) Inesorabilità

Preso singolarmente, lo zombi non rappresenta più di tanto un pericolo: esso è lento, maldestro, decerebrato, feroce ma non particolarmente forte fisicamente. Come per molte specie animali voraci e feroci, lo zombi trova la sua forza nel branco, nell’orda. L’orda avanza lentamente, e conquista e distrugge tutto quello che incontra al suo passaggio. Lo zombi fa quindi leva su un timore ancestrale dell’Umanità, che è con noi da tempi primitivi e che si è rafforzato con le varie ondate immigratorie della Storia, dalle invasioni barbariche alle ultime imbarcate di "rifugiati" dai paesi islamici e africani. L’orda è un timore sempre presente nella coscienza collettiva, e dà l’idea di un pericolo lento e strisciante, di una forza distruttrice che, al suo interno, annulla la coscienza dei singoli in una totalità irrazionale, e che è quindi capace di ogni ignominia e violenza.


7) Auto-riconoscimento

La figura dello zombi ci fa tanto più orrore in quanto ci riconosciamo almeno in parte in essa. Nel mondo moderno, che è il mondo dei consumi, anche noi possiamo far parte di un’orda e assumerne i tratti più deteriori e incivili. Nel film Zombi (1978), Romero ci offre (a dispetto del fatto che lui abbia dichiarato che non ne era originariamente sua intenzione) una spietata critica della società dei consumi. A un certo punto del film, mentre osservano dall’alto l’orda di zombi che si trascina tra i corridoi del centro commerciale, due dei protagonisti si scambiano un paio di battute:


Jane: “Ma perché ritornano in un grande magazzino?”
Stephen: “Dev’essere l’istinto... Il ricordo di quello che erano abituati a fare. Era un posto importante quando erano vivi.”


Ogni qualvolta – specialmente in occasione delle Feste – ci “riuniamo” ai nostri simili per le strade del centro o nei centri commerciali a guardare le vetrine o per dare seguito ai nostri impulsi consumistici, senza renderci veramente conto del perché andiamo dove andiamo o compriamo quello che compriamo ma solo perché “così fan tutti”, gli zombi siamo noi.


Conclusione

Sono  tantissime le ragioni che si potrebbero addurre per spiegare il fascino che la figura dello zombi esercita sulla coscienza collettiva: un fascino che è sempre presente nella cultura di massa, pur nei naturali alti e bassi dovuti a fenomeni di saturazione legati a questa o a quella serie televisiva o videoludica. Infatti, si potrebbe a buon titolo dire che la discussione sulle fondamenta di questa fascinazione penetra le profondità della discussione filosofica sulla morte, che ha impegnato le menti più illustri fin dagli albori del pensiero umano.





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