venerdì 1 agosto 2014

I NUOVI "PADRI" DEL GIORNALISMO ITALIANO, GARBATI GUARDIANI DELL'ERA INCIUCISTA

 (Difficoltà: (1,1/5)


Ferruccio "occhiali in mano" De Bortoli
Ferruccio de Bortoli in un'esibizione del suo garbo
Ci tocca parlare anche di questo...
E' notizia di oggi che Ferruccio De Bortoli se ne va dal Corriere. Non per dimissioni, come lui tiene a precisare. Delle motivazioni della rescissione del rapporto non è dato sapere. E meno male che RCS, la società che incorpora il Corsera, è quotata in Borsa, e tenuta - in teoria - alla trasparenza, e non solo dei conti.

C'è una tendenza in simili circostanze - manco a dirlo: specialmente in Italia - a separare temporalmente l'effetto dalla causa, in modo che a un'opinione pubblica già di per sè schifosamente indolente non sia data possibilità di collegare i puntini. E' un altro dei molti casi in cui la memoria si rende necessaria per penetrare le ragioni di certi avvenimenti le cui cause si vogliono mantenere oscure, sicuri che la cosa verrà presto "lasciata cadere".


Padri e padrini

Ma è tempo di dire qualcosa su questi mammasantissima del giornalismo, che appaiono costruiti in laboratorio per risultare inattaccabili.
Questi padri contraffatti del giornalismo italiano (De Bortoli, Mieli, Scalfari ecc.), guardiaspalle dell'era inciucista della politica, questi pompieri del fuoco della critica, questi "brizzolati distinti" (W. Allen), queste educande dalla "r" moscia, sempre garbate e con gli occhialini d'osso in mano, costantemente in prima linea a controbattere ogni accusa al potere (loro e altrui) con socratici richiami alla buona educazione più frocia e arrendevole. Si ricorda mai di loro uno scoop, una presa di posizione controcorrente o quanto meno chiara? Cos'è che fa il grande giornalista in Italia? La capacità di scovare le notizie e di dirle, o la vicinanza al potere e il pendolarismo tra dx e sx - mascherato da equanimità o obiettività - a seconda di dove tira il vento in quel momento? Il coraggio di dire le cose o il garbo effeminato che cerca di soffocare al risveglio la critica con il richiamo all'equilibrio, al "ma anche", al "adesso non esageriamo", al "si contenga"?
Strana coincidenza il fatto che De Bortoli venga cacciato dal Corriere - con immancabile buonuscita milionaria (2,5) - a poco più di un mese esatto dall'inchino che, come una madonna qualsiasi, fece al mafioso Dell'Utri, pubblicando sul suo giornale i pizzini dei picciotti del fondatore di Forza Italia. Non sarebbe stato da parte della società un atto di cattiveria o disapprovazione, ma solo un espediente per non estendere le polemiche indebitamente, tanto più in una fase politica - quella del Pinocchio di Rignano - in cui il trentennale inciucio Sx-Dx sembra finalmente arrivato ai frutti.
Ma questo è il gran grosso del nostro giornalismo, dai vertici aziendali passando per il quadro dirigente fino alla manovalanza degli imbrattacarte e pisciaparole: un microcosmo più o meno fedele della politica e della società italiana tutta.
Con simili "padri" del giornalismo, poi non meravigliamoci se il figlio nasce rachitico, deforme e coleroso. Il fatto poi che non urli e non si metta le dita nel naso è una invero una piuttosto magra consolazione.

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