sabato 29 settembre 2018

ANCORA SUL CONCETTO DI "IGNORANZA"


(Difficoltà: 3,8/5)
La vera ignoranza non è l’assenza di conoscenza, ma il rifiuto di acquisirla” (K. Popper)
Tutti si nasce ignoranti; ma quello di crescere ignoranti è una scelta. L’ignorante non è colui che non sa e vuol sapere; è colui che non sa e non vuol sapere, che si bea della sua ignoranza. E non è, naturalmente, il non voler sapere di chi cerca di proteggersi dalle brutte notizie, o di chi si decide per un determinato campo di conoscenze rispetto a un altro: questa è ignoranza (o conoscenza) selettiva, un’ignoranza che non è veramente tale. Se dovessimo misurarci sulla base di quello che sappiamo e non sappiamo, saremmo tutti da considerare degli ignoranti; e in un certo senso questo è vero: non ci basterebbero tre vite per imparare tutto quello che c’è da imparare nel mondo.

Ma la vera ignoranza – quella di cui vogliamo parlare qui - è più esprimibile con il concetto di “insipiente” nella definizione di Treccani:

insipiènte […] – Di persona che non sa o sa poco di ciò che dovrebbe sapere, che vive nell’ignoranza e non si cura di illuminare il proprio spirito; è sinon. letter. di sciocco, stolto, e indica spesso uno stato di sordità intellettuale e di cecità morale […]. [primo corsivo nostro, ndr].

Sempre Treccani dà invece dell’ignorante la seguente definizione principale:

ignorante […] – Che non conosce una determinata materia, che è in tutto o in parte digiuno di un determinato complesso di nozioni […] [corsivi nostri]

Come si vede, il termine “ignorante” può assumere un significato più neutro, di persona che non è ferrata in un particolare campo di nozioni. “Insipiente” è invece colui che non sa ciò che dovrebbe sapere. Se uno è ignorante di ciò che dovrebbe sapere, allora lo è a maggior ragione di ciò che non è tenuto a sapere: egli è perciò un ignorante totale (a esclusione forse delle nozioni e abilità legate al lavoro che gli permette di vivere). E uno è ignorante totale per sciatteria, incuria o superbia, cioè perché semplicemente ritiene di non dover sapere nulla.

Quindi l’ignoranza, e anzi la vera ignoranza (come ci tiene a precisare Popper), cioè l'insipienza, è quella dell’arrogante che, per es., non vuole imparare una semplice cosa che gli vuoi insegnare per non doverti dire grazie e per non abbassarsi nei tuoi confronti, nemmeno per qualche secondo o minuto, al livello del discepolo. Egli rifiuta quindi, per arroganza e superbia che si traduce in spregio per te e per la conoscenza, anche qualcosa che potrebbe migliorare la sua vita. Il tutto per non dare soddisfazione a chi ne sa più di lui. Non è quindi da sorprendersi che l’ignoranza si accompagni spesso all’invidia: l’invidia per chi invece ha cercato di crescere culturalmente e intellettualmente accettando di vestire i panni del discepolo, e lo ha fatto al prezzo di subire una passeggera sensazione di inferiorità. Poichè interviene il sentimento squallido e nocivo dell'invidia, è giusta la connotazione morale attribuita all'insipienza nella definizione di Treccani.

C'è un'altra cosa da osservare. Siccome l’ignorante vero è un ignorante totale, allora chiunque lo sovrasterà in questo senso, e ne consegue che egli, rifiutando tutto ciò che può venire da un livello di conoscenza superiore di quello da lui posseduto, si precluderà qualsiasi tipo di miglioramento e perfezionamento intellettivo e culturale. Questo ci riconduce alla definizione di insipienza sopra, e al fatto che la vera ignoranza è sempre una scelta.

La vera ignoranza è, per concludere, di chi si bea della sua mancanza di conoscenza. Essa ha più a che fare con difetti di carattere quali la superbia, l’arroganza e le testardaggine, che non con la conoscenza di fatti, cose o nozioni. E ha che fare, molto, con la stoltezza: quando si dice "ignorante", si allude più all'ottusità che non alla mancanza di conoscenza; e laddove la seconda è rimediabile, la prima non lo è, o lo è molto difficilmente. Perché la nozione di "ignoranza" – quella vera - appartiene al dominio della psicanalisi, non a quello pedagogico-didattico. La vera ignoranza è una questione di qualità (della persona), non tanto di quantità (delle conoscenza). 






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