giovedì 4 ottobre 2018

"EMOPORN": ALLA SCOPERTA DI CIO' CHE DEFINISCE L'ERA ATTUALE


(Difficoltà: 2,9/5)


"Tv del dolore"
Vorrei che si familiarizzasse con la nozione di “emoporn”. Cos’è l’emoporn? L'emoporn è il sentimentalismo nella sua forma più grottesca, esibita senza sfumature per il “piacere” voyeuristico dello spettatore. L'emoporn pervade la cultura di massa più di quanto si riesca normalmente a percepire: esso è un genere pseudo-artistico, ma è anche il filtro attraverso cui sentiamo, viviamo e pensiamo la nostra quotidianità. Esso è riconoscibile dappertutto, soprattutto nella tv e nel cinema. Guardando al cinema, tra i film emoporn che ricordo (non necessariamente per averli visti) ci sono “Love story”, “Il venditore di palloncini”, “Incompreso”.


Tra esempi di "emoporn"

Love Story (1970) è la storia di un amore tra un tipo straricco e una ragazza. I due s'innamorano, ma poi lei si piglia un cancro fulminante e, boom, muore. La frase-tormentone del film, che campeggia nel manifesto dello stesso, è: “L’amore è il non dover mai dire ‘mi dispiace’”, qualsiasi cosa questo voglia dire. Ma il vero pezzo forte del film è la colonna sonora, fatta apposta per strappare lacrime agli spettatori di questo emoporn.
Il venditore di Palloncini (1974) è un film di produzione italiana che narra le vicende di un bambino povero con il padre diventato alcolizzato dopo che la moglie, madre del bambino e ballerina, l’ha lasciato per un amante. Il bambino mantiene sè e il padre (e le sue bevute) con spettacoli di marionette, spaccandosi la schiena tirando un carretto. Come se già lo spettatore non si sentisse abbastanza tirato per la collottola nel provare compassione per il bambino, questi è stato fornito anche di un nome tira-baci: Giacomino. Sì, proprio così: non Antonio, Carlo o Aristide, ma Giacomino. Pericolosa l’assonanza con “Pierino”, protagonista di film di tutt’altro genere. Inutile dire che il bambino alla fine viene colpito da una malattia mortale (più precisamente un'anemia: probabilmente per suggerirci che il poverino era anche denutrito) e schiatta dopo aver realizzato il suo più grande desiderio: vedere la madre, giunta per l’occasione al capezzale. Il bambino assaggia cioè per un attimo un accento di vita normale (padre sobrio e madre presente), ma solo perché è ormai fottuto e la morte se lo sta portando via. Il più disgraziato rimane però lo spettatore di tale collezione di sfighe, che avverte l'impulso di spararsi in bocca con una pallottola al cianuro di potassio.
Ricordo di aver visto questo film da piccolo (è l’unico dei tre film che io abbia visto dall'inizio alla fine), e di esserne rimasto profondamente turbato, tanto da rifiutarmi di guardarlo ancora: troppa era la somiglianza con miei concomitanti problemi in famiglia. Al di là dei riflessi personali, però, il film conserva tutte le caratteristiche dell’emoporn: situazioni estreme di sventure cumulative, cioè un “overkill” di sfiga sulle spalle di una singola persona, in questo caso addirittura un bambino di 10 anni o giù di lì.
Infine, c’è Incompreso (1966), che se non altro è film di diversa e più nobile caratura rispetto ai due precedenti: dopotutto, è un film diretto dal grande e indimenticabile Luigi Comencini, il regista di “Pinocchio” (1971), e tratto da un romanzo di fine ‘800. Nessuno dubita della buona fede di Comencini, regista sensibile e dedicato, e ci sono anche dubbi sul fatto se si possa parlare di film emoporn. Chi l’ha visto potrà meglio giudicare. Anche solo leggendo la trama, però, che vede un padre assente e vedovo (la madre muore abbandonando lui e i due figli, di cui quello maggiore è il protagonista, che ha solo 8 anni) il quale privilegia il figlioletto più giovane trascurando il nostro, e con questi che alla fine muore tra le braccia del padre pentito guardando il ritratto della madre, si potrebbe concludere che sì: siamo di fronte a un emoporn, anche se a un emoporn d’autore.


Cos'è l'"Emoporn"? 

Ho preferito narrare molto sinteticamente le trame di tre film esponenti del genere “emoporn” prima di tuffarmi nella definizione di questo, perchè, effettivamente, anche solo la lettura di una di queste è sufficiente per farsi qualcosa di più di una semplice idea di ciò di cui stiamo parlando. Ma cos’è, in chiare lettere, un “emoporn”?  L’emoporn si risolve nell'adulterazione e lo sfruttamento dei sentimenti per operazioni di guadagno economico, commerciale, elettorale o altro. E’ una forma di manipolazione delle coscienze, che attinge a una voglia da parte di un pubblico di emozionarsi (in generale) o (più frequentemente) struggersi per tragedie che esso vede dipanarsi di fronte ai propri occhi. L’emoporn è quindi  una forma di manipolazione che opera trasversalmente: lo vediamo in azione ogni giorno e ora in tv, al cinema, nei notiziari o in rotocalchi più o meno trash. L’emoporn sta alla pornografia come il sentimento sta al sesso: non si badano alle sfumature, alla verosimiglianza delle situazioni, alla misura; si cerca solo di applicare un carico da undici alla situazione rappresentata o narrata. E, così come la pornografia ha l’apparenza del vero sesso (dopotutto, gli attori effettivamente si accoppiano), senza però esserlo, così l’emoporn fa credere di rappresentare l'autenticità dei sentimenti, ma in realtà altera gli accadimenti e le situazioni in modo da accentuare nello spettatore il loro effetto emotivo. In entrambi i casi, la quantità va a discapito della qualità: trame e rappresentazioni veicolano, attraverso stereotipi che sono sempre gli stessi (in ciò, le situazioni dell’emo-porn equivalgono, per analogia, alle pose dei corpi nella pornografia), una carica di pathos che ha poco o nulla di realistico, e che sfonda la barriera della naturalezza per invadere il campo del feticismo vero e proprio.  L'emoporn esibisce i sentimenti con la stessa volgarità con cui la pornografia mostra i genitali. Pornografia e emo-porn sono, in sè, forme di reificazione (corpi e sentimenti diventano oggetti per il sollazzo del pubblico), che attingono a una voglia di feticismo tra gli spettatori/lettori. I cliché di cui abbondano gli emoporn (il bambino incompreso, la malattia che rompe l’idillio, il finale ricongiungimento degli affetti ingaggiato dalla malattia ecc.), sono come dei pulsanti su cui premono gli autori di simili obbrobri, sicuri dell’effetto pavloviano che essi innescheranno presso il pubblico.
Gli emoporn, come la pornografia, sono pericolosamente vicini ai loro corrispettivi reali (il sentimento e la sessualità): in effetti, non fanno che esasperarne i tratti. In ragione di questa somiglianza (la differenza è solo di grado, non di natura), è rischioso sottovalutare l’effetto imitativo che essi possono avere presso il pubblico, dal preciso momento in cui lo inducono a ritenere che ciò che vedono corrisponda alla realtà (1). Anche l’assenza di una vera comunicazione nei tempi moderni (i social ne forniscono solo un surrogato), incoraggia questo esito equivoco: non ci si confronta mai abbastanza sulle cose, sulle proprie esperienze, a volte nemmeno con i più cari, e certo non in una dimensione di massa. Isolati dal resto del mondo, si perde di vista la realtà delle cose, e così si rimane vulnerabili - anche per aspetti intimi quali la sessualità e i sentimenti - a fasulle immagini di realtà promosse e propinate dai media. Emoporn e pornografia hanno veramente il potere di trasformare il modo con cui concepiamo e viviamo, rispettivamente, il mondo dei sentimenti e del sesso; essi hanno veramente il potere di trasformare e pervertire il modo con cui reagiamo agli stimoli emotivi e sessuali. A dirla tutta, essi l’hanno in gran parte già fatto: il sentimentalismo peloso e ipocrita che gravita attorno ai report in situazioni di tragedie e la “pornografizzazione” della vita pubblica e privata ne sono chiari indizi. Se ci concentriamo un attimo sulla pornografia, infatti, è impossibile non notare come sesso orale, anale (e di gruppo) siano ormai diventati quasi delle normali routine della vita sessuale della gente, al punto che il numero di casi di cancro al retto nelle donne è quintuplicato negli ultimi 40 anni (2) e che la causa di ciò sia l’incremento della pratica della penetrazione anale tra gli etero è suffragata dal fatto che v’è un concomitante aumento dei casi di infezione da papilloma virus umano, un virus che è di solito trasmesso durante l’attività sessuale e che è legato a un incremento delle possiblità di sviluppare cancri alla cervice, al pene, all’ano, alla vagina e alla bocca (3).
Nel caso dell'emoporn, anche noi cerchiamo sovente di iniettare dramma in situazioni che non lo prevedrebbero, apposta per struggerci e somigliare così alle starlette dei film o dei talk televisivi, sempre pronte a portare in scena le tragedie anche più personali per esigenze di copione o di rilancio della propria immagine. Ciò era in parte vero anche per i romanzi sentimentali di tanto tempo fa, come "I dolori del giovane Werther", che scatenò un'epidemia di suicidi tra i giovani [in quello che sarà noto come l'"effetto Werther") (4)]; ma oggi il fenomeno è amplificato per millle e molto più sottile e pervasivo.


Conclusione

A tutti coloro che abbiano visto almeno un film emoporn (il cinema è infatti forse il medium che restituisce più iconicamente l'essenza del genere emoporn) sarà familiare il retrogusto amaro che esso lascia, e che ha poco a che fare con la storia narrata o con la simpatia che possiamo provare per la vittima degli eventi nel film. È, questo retrogusto amaro, identificabile con la sensazione di essere stati manipolati, di essere rimasti irretiti nella rappresentazione di una situazione irreale che ci ha condotti a soccombere a un pianto non realmente spontaneo, ma quasi frutto di un meccanismo riflesso. Come in una seduta psicanalitica, però, è sufficiente prendere coscienza di ciò (e di chi) è in atto in questo tipo di operazioni, per liberarci dallo sgradevole incanto dell’emoporn: si tratta, nè più nè meno, che di operazioni commerciali o di indottrinamento da parte di autori e produttori cinematografici, televisivi, musicali ecc., che ben conoscono i meccanismi di irrazionalità nel pubblico e che ben sanno quali corde tirare per ottenere l’effetto voluto. Nel momento in cui applichiamo razionalità alla cosa, però, siamo in grado anche di distinguere le situazioni da cui dobbiamo tenerci ben distanti, nel consumo di prodotti di intrattenimento di massa come nella vita. Anche l’effetto di “catarsi”, che viene qualche volta sbandierato come un vantaggio di questi prodotti, è fasullo, non ha nulla di vero e di reale: come per la pornografia, non vi è reale soddisfazione o “sfogo”, ma semmai la frustrazione, più o meno inconscia, di essere caduti nella trappola di una rappresentazione ingannevole e surrogativa della cosa reale, dalla quale rischiamo di alienarci nel quotidiano nella misura in cui ci facciamo risucchiare nel vortice di queste tipologie di fiction, confondendole con l’esperienza autentica.
La capacità di provare affetti e  la sessualità sono aspetti sacri della nostra esistenza di esseri umani. Farci dettare i criteri di come li viviamo da un'industria che campa sulla loro spettacolarizzazione significa negarli, e condannare noi stessi a una vita inautentica e costellata di frustrazioni. In una parola, all'alienazione.

(1) A scanso di equivoci, non ci sfugge il fatto che tragedie come quelle rappresentate negli emoporn possono rappresentare la realtà in casi purtroppo non infrequenti. Ciò che disturba sono piuttosto gli artifici narrativi, i clichè e le affettazioni che vengono sistematicamente applicati alla narrazione, che falsificano l'esperienza e che delineano stilisticamente, nel senso di un'accentuata volgarità, il quadro di operazioni di sfruttamento del dolore a uso e consumo di un pubblico addestrato alla ricezione di simili prodotti. Al di là della verosimiglianza o meno delle situazioni emoporn, quindi (dopotutto, la letteratura anche la più alta ha sempre fatto uso di clichè e artifici vari) è proprio quest'ultimo dato a caratterizzare la natura perniciosa di questo fenomeno.
(2) "Why we need to talk more about anal cancer", di Greg Jones, Cancer Research Uk, 05/06/2014.
(3) Ibidem.
(4) "Suicidi a catena: l'effetto Werther", di Dr. Giuseppe Santonocito, Medicitalia, 19/04/2013.
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/3264-suicidi-a-catena-l-effetto-werther.html 
 

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