sabato 27 ottobre 2018

IL “POLITICAMENTE CORRETTO”: L’INSTAURARSI DELLA DITTATURA ATTRAVERSO IL CONTROLLO DELLA PAROLA


(Difficoltà: 0.9/5)

Sinistra: demonizzazione e violenza
Ricordate quando per indicare un individuo con impedimenti funzionali si diceva “handicappato”? E vi ricordate quando poi si è deciso di cassare il termine “handicappato”, ritenuto offensivo, per sostituirlo con “disabile”? E vi ricordate del momento in cui si è deciso di far fuori il termine “disabile”, ritenuto oltraggioso, per sostituirvi la delirante locuzione “diversamente abile”? E di quando si è deciso di giustiziare l’espressione “diversamente abile” per soppiantarla con l'orripilante “diversabile”? I testi della legislazione scolastica possono aiutare una ricerca che si proponga di studiare un’evoluzione delle varie diciture. Nel caso di “diversamente abile”, ci si era accontantati di violentare la logica; con “diversabile” (una specie di crasi), invece, si è pensato di stuprare anche l’italiano: un sovversivo potrebbe infatti pensare che “diversabile” sia aggettivo derivato dalla voce del noto verbo “diversare”... Ma stiamo un po’ divagando. Veniamo al punto. Questa danza di appellativi, sanzionata legislativamente e penetrata nella favella comune, è un esempio di “politicamente corretto”. E questo è solo un esempio triviale, con un’implicazione politica così rarefatta da essere intelligibile solo alla mente più informata ed esperta. Ma il politicamente corretto va molto più a fondo: esso è pervasivo al punto da includere tutto (almeno nelle ispirazioni). E la politica non è un campo che esso tocchi solo tangenzialmente e accidentalmente, tutt’altro: il potere politico (autoritario) è la sua culla, la sua ragion d’essere e il suo approdo ultimo (tant’è vero che la parola “politica” è inclusa nel suo nome).
L’essenza e la storia del politicamente corretto sarà oggetto di un articolo prossimo. Per ora volevo solo ventilare il mio disprezzo per questo concetto e per tutto il percolato con cui esso immonda la vita nella società occidentale, particolarmente negli ultimi anni. Perché il “politicamente corretto” mi fa incazzare. Ma proprio tanto. E come me dovrebbe fare incazzare tutti coloro che hanno a cuore la libertà d’espressione, e che non vogliono sacrificarla sull’altare di un’ideologia che non ha nulla di razionale e che ha tutto di autoritario, anzi di totalitario.


"Diversamente abile": la Verità dietro l'Ipocrisia del Politicamente Corretto

Ebbene sì, il “diversamente abile” è in realtà una persona con handicap, cioè un disabile, cioè una persona alla quale mancano capacità o strumenti, e quindi abilità e funzionalità, che la maggior parte delle altre persone hanno. E’ vero che, per es., l’assenza di un senso può essere compensata potenziandone altri (il caso del cieco è quello più tipico). Ma si tratta solo di eccezioni. Una persona alla quale manca una gamba o un braccio è una persona alla quale sono precluse determinate abilità, presenti negli altri. Punto. Una persona che ha un deficit intellettivo è una persona alla quale sono precluse determinate operazioni, che sono invece possibili per gli altri. Punto. Tutt’al più, si potrebbe qualificare la definizione di disabile per meglio circostanziare la condizione del soggetto, scongiurando lo spettro della generalizzazione [disabile prensile per definire uno a cui manca una mano, per es.], ma questo è tutt’altra cosa dal negare detta condizione definendola per il contrario di quello che è. Accettare i difetti dei disabili senza cercare di mascherarli dietro crudeli eufemismi è un modo per aiutare i disabili ad accettare i propri difetti, cioè se stessi. Al contrario, comportarsi come se la disabilità fosse una cosa talmente grave da non poter essere nemmeno nominata significa avvilire e discriminare il disabile a partire dai fondamenti semantici della sua condizione. Cercare di negare detti difetti coltivando nei disabili l’illusione di essere uguali a tutti gli altri è un atto di intolleranza camuffata da “solidarietà”, “umanità” o altre parole utili solo a solleticare la vanità dei “politicamente corretti”. La disumanità che si nasconde dietro il simulacro dell’umanità: questa è forse la definizione più fedele di “politicamente corretto”. E il politicamente corretto è un’ideologia totalitaria, che come tale si vuole estesa a tutto e a tutti: tutti devono recitare le ipnotiche false formule di un umanitarismo contraffatto, elaborato a tavolino in consorzio con media compiacenti; chi si ostina ad aderire all'evidenza dei fatti e al senso comune è un insetto da schiacciare. Ricattare moralmente la gente impedendole - sotto la minaccia costante di essere accusati di intolleranza o di razzismo [quando non ci si mette addirittura la violenza fisica (1) o il boicottaggio) - di chiamare le cose e le persone per quello che sono rappresenta un’altra perfetta definizione di “politicamente corretto”.
Non sono, insomma, quelli che chiamano i disabili “disabili” a discriminarli: questi infatti i disabili li accettano e rispettano al punto da non avere problemi a chiamarli con il proprio nome, ossia con un termine che descrive oggettivamente la loro condizione.


Il "Politicamente Corretto": Strumento di Controllo Totalitario a Partire dal Linguaggio

E quello che si è detto per i disabili lo si potrebbe dire di tutti quei gruppi sociali che i “politicamente corretti” considerano per motivi anche i più assurdi “svantaggiati”, e che scelgono (con o senza il loro consenso) di rappresentare come loro “categorie protette” in battaglie di retroguardia rivolte solo a ingrandire il proprio ego morale o a ottenere vantaggi politico-elettorali o economici.
Una dittatura totalitaria ha bisogno del politicamente corretto quando si tratta di consolidare il proprio potere; ma ne ha anche bisogno quando si tratta, prima del suo instaurarsi, di sovvertire una democrazia mettendo i diversi gruppi sociali gli uni contro gli altri e disintegrando così il tessuto sociale. Quindi, si potrebbe dire che il p.c. serve, prima della dittatura, per dividere; dopo l'instaurarsi della dittatura, invece, per unire. L'accusa di "razzismo", a scatenare la quale basta anche una parola sbagliata (e a volte nemmeno quella), serve proprio a questo scopo: da una parte, un'ampia rappresentanza all'interno delle "categorie protette" accetta di buon grado di essere oggetto di strumentalizzazione politica, e quindi di urlare al razzismo un minuto sì e l'altro pure, per ricevere in cambio vantaggi; dall'altra, invece, c'è chi queste accuse di razzismo le subisce, e può arrivare a non accettare nè di cedere diritti acquisiti a beneficio degli accusanti, nè di vedere umiliata la propria dignità umana attraverso restrizioni alla propria libertà di pensiero e di parola. L'identikit dell'appartenente a questo secondo gruppo è facile: egli riassume infatti tutti i tratti che il dicotomismo razzista (un razzismo "all'incontrario", ma non per questo meno reale) della sinistra vede come antitetici a quelli definenti le "categorie protette". Siccome le "categorie protette" - innocenti a prescindere - della sinistra sono le donne, i neri, i gay, i musulmani, gli immigrati (gli ebrei, invece - cioè coloro che avrebbero molto più titolo di altre a figurarvi - non rientrano nella lista, nient’affatto stranamente), ecco che il nemico da distruggere - colpevole a prescindere - è maschio, bianco, eterosessuale, cristiano, autoctono
Per attuare questo gigantesco progetto di indottrinamento sociale la sinistra può già contare su un sotanziale controllo dei media e delle istituzioni di trasmissione della cultura (scuola e università in primis): le università si occupano di creare teorie divisive all'interno di facoltà create dal nulla per l'occasione, all'occorrenza manipolando la Storia e le verità scientifiche: ecco quindi nascere gli inutili "studi di genere" o "studi di giustizia sociale", per es.; la scuola è poi oggetto di indottrinamento a partire da queste elaborazioni; i media, infine, si occupano della manipolazione dei fatti, che vengono selezionati, amplificati o in parte o in tutto inventati. Questo è quanto sta avvenendo non solo negli Stati Uniti, ma nelle società occidentali, dove la sinistra è già da decenni in grado - a un livello istituzionale - di dirottare argomenti, opinioni o visioni in una direzione che assecondi le proprie mire politiche. Gli effetti sono già quelli di una dittatura totalitaria di fatto; manca solo il coronamento politico, ma le amministrazioni progressiste hanno già operato nel tempo per generare e consolidare l'attuale situazione, che è una situazione di egemonia culturale di una parte politica. Come la “caccia alle streghe” (2) nei confronti di Trump e dei suoi collaboratori sta dimostrando, ormai anche il possesso del potere politico è inessenziale, nella misura in cui anche gran parte delle istituzioni dello Stato (incluse quelle che con il governo dovrebbero collaborare e dialogare) possono essere fatte parte di una campagna di feroce delegittimazione contro un presidente democraticamente eletto [(per queste istituzioni s’è coniato non a caso il termine “deep state” (3) allusivo di un “sabotaggio” dell'azione governativa condotto in maniera più o meno criptica e sotterranea].
Stante quanto detto, non deve sorprendere quindi che il politically correct sia travasato in pompa magna dai media, dalle scuole e dalle università controllate dalla sinistra (ormai in America come altrove l’agenda della sinistra moderata o “liberal” è completamente appiattita su istanze di quella estrema, al punto da non giustificare più alcuna distinzione) nella società nel suo insieme, assumendo le forme più paradossali e corrompendo ogni principio etico e razionale. Nella società intera, il controllo di ciò che si può dire o non dire attorno a determinati temi “sensibili” (razza, religione, genere ecc.) è totale: nei grossi media come negli ambienti della vita pubblica e nelle strade, una “polizia del pensiero” si incarica di sanzionare con insulti e accuse diffamanti ogni percepita violazione di regole auto-confezionate. E severamente proibito, per es., parlare delle “categorie protette” della sinistra in termini diversi da quelli previsti dal nuovo codice etico progressista: in sostanza, a queste categorie di persone vengono attribuiti tutti i diritti e nessun dovere (incluso quello di respondere delle proprie responsabilità, anche gravissime). A tutela di questo impianto interviene il linguaggio, il quale viene cristallizzato in formule autoritarie che non ammettono la benchè minima devianza. Come era già accaduto con i totalitarismi novecenteschi, il linguaggio è l’arma di elezione del totalitarismo culturale della sinistra, in preparazione del totalitarismo politico; e non potrebbe essere altrimenti, vista anche l’affermazione di internet e il dilagare dei social media, che hanno posto la parola e l’immagine al centro della vita di ognuno in una forma senza precedenti nella Storia.


Conclusione Riassuntiva
Anche le battaglie per l’utilizzo di eufemismi accomodanti e “inclusivi” – come, appunto, “diversamente abile” – fanno parte di una guerra condotta unilateralmente sul piano della semantica (un’arma che la sinistra ha affinato in decenni di riflessione post-modernistica), con lo scopo di controllare la vita sociale in tutti i suoi gangli: costumi, pensiero, parola, azione. Come insegna 1984, il totalitarismo – quello vero – parte sempre dalla “riforma” del linguaggio. Il potere della parola non andrebbe mai sottovalutato, perché ciò significherebbe consegnare la società alle forze che hanno identificato tale potere, e che lo usano per la dissoluzione della società stessa. La sinistra è oggi, a livello mondiale, il vero nemico giurato della democrazia e della civiltà.  

(1) "Rap Sheet: ***613** Acts of Media-Approved Violence and Harassment Against Trump Supporters", di John Nolte, Breitbart, 05/07/2018. L'articolo elenca e documenta ben 613 episodi di violenza o maltrattamenti nei confronti di supporter di Trump a opera di militanti della sinistra, occorsi dal settembre 2015 all'ottobre 2018.
https://www.breitbart.com/the-media/2018/07/05/rap-sheet-acts-of-media-approved-violence-and-harassment-against-trump-supporters/
(2) "Trump rende pubblico il dossier che accusa l'Fbi di "caccia alle streghe", il Sole 24 Ore, 02/02/2018.
https://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2018-02-02/trump-da-l-ok-dossier-che-accusa-l-fbi-caccia-streghe-195758.shtml?uuid=AExNAmtD&refresh_ce=1
(3) Cfr. "Killing the Deep State: The Fight to Saave President Trump", di Jerome R. Corsi, Humanix, Boca Raton 2018.

1 commento:

  1. E' una bella disamina quella che hai fatto. Non se ne può più di dover stare attenti a come si parla e a come ci si comporta… Se uno è handicappato, lo chiamo handicappato, se uno è frocio non lo chiamo gay… lo chiamo frocio. Punto. E un negro è un negro. E non dimentichiamo che politicamente corretto è anche fare tutti 'sti cazzo di posti macchina per disabili ovunque. Cerchi posteggio e son tutti per handicappati… Io bianco sano ed etero non devo più posteggiare? Sei storpio? Cazzi tuoi, trascinati fino al parcheggio, perché ci devo rimettere io che magari ho un appuntamento di lavoro (perché IO produco…) e arrivo tardi perché c'è la tua cazzo di macchina da paralitico nel posteggio? L'altra volta il colmo: vedo circolare un begro in carozzella… e si lamentava pure perché qualcuno aveva chiuso lo scivolo per gli handicappati con la macchina. Lo avrei rovesciato con tutta la carozzella, ma se fai una cosa del genere finisce magari che ti denunciano. O i "non vedenti".... ah ah ah. Son dei ciechi. Punto. Dove sta la differente abilità? togligli il cane e il bastone e li investono subito… un mese fa ne ho visto una al cinema!!! ma dove cazzo vai al cinema se sei cieco? queste sono le storture del politically correct! Poi quelo vicino di deve raccontare il film e rompi i coglioni a tuttala sala. Li avrei caricati di botte tutt'e due… vabé dai … scusa lo sfogo. Comunque bel pezzo il tuo condivido tutto 100%

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