giovedì 1 novembre 2018

ANCORA QUATTRO RIGHE SUL "POLITICAMENTE CORRETTO"

(Difficoltà: 0,8/5)


"Dentro ogni progressista c'è un totalitario smanioso di manifestarsi" (David Horowitz)

 
"Proteste violente nei campus universitari"
Come già osservato in un precedente articolo (1) il "politicamente corretto" è, innanzitutto, una strategia per soffocare la libertà d’espressione dietro una parvenza di civilità evocata dal rispetto di dogmi moralistici che reclamano per sé un valore superiore al fondamentale diritto liberale della libertà di parola.
Il “politicamente corretto” è l’autentica piaga dei nostri tempi, perché distilla l’essenza di ogni impulso antidemocratico. Esso è il ricatto morale del: "O fai, pensi e dici come dico io ho sei un razzista, omofobo, xenofobo, islamofobo" ecc. Il p.c. conta sul fatto che, nel medio-lungo termine, tutti si adeguano ai suoi dikat senza nemmeno bisogno di essere sollecitati, solo per non essere pubblicamente (la sinistra controlla tipicamente la stragrande maggioranza dei media) additati con gli appellativi di cui sopra. E la capacità del cittadino di autoregolarsi in merito a ciò che può e non può dire, cioè di autocensurarsi, è l'autentico sogno di ogni dittatore: l’“internalizzazione” dell’autorità (2) è anche l’internalizzazione del censore, vale a dire che ognuno si rende censore di se stesso, il che rende a questo punto innecessaria una forma di costrizione e oppressione esterna. Il singolo, il partito o l’oligarchia al potere ottengono così la condizione ideale per un dominio di cui non si vede la fine, e che si basa sul controllo dell’opinione pubblica attraverso il controllo su ogni singola coscienza. Tutto questo è ciò a cui mira il "politicamente corretto": instaurare una dittatura totalitaria conservando l'illusione di essere in democrazia.


Non c'è Rispetto dei Diritti Umani se non c'è Libertà di Parola: Perché il Diritto di Parola/Espressione è per l'Uomo il Diritto più Importante

Il diritto di parola/espressione è il principale diritto di ogni essere umano: il suo più fondamentale. Naturalmente, sussistono anche i diritti al nutrimento e al riparo che sono più basilari, ma non sono tipici dell’uomo, in quanto si applicano potenzialmente a ogni essere vivente, quindi non è di questo che stiamo parlando. L’uomo è l’unico essere parlante, e quindi il diritto alla libertà di parola è per lui il più specifico ed essenziale. Anche le sue costruzioni socio-culturali all’interno di una democrazia conoscono nella libertà di parola l’humus fondamentale senza le quali non potrebbero sussistere. Senza la libertà di espressione o parola, il pensiero razionale rimarrebbe incompiuto, perché conchiuso nell’impermeabilità della coscienza di ognuno di noi: impossibilitato a fuoriuscire in una libera piazza delle idee per confrontarsi con punti di vista eterogenei, esso si spegnerebbe lentamente, per atrofia e per assenza di scopo: cos’è infatti il pensiero razionale senza la capacità e la possibilità di essere comunicato e recepito?
Quindi la mortificazione del diritto alla libertà d’espressione e parola distrugge distrugge la capacità di comprensione e articolazione logica e quindi anche la democrazia, che si basa sul libero scambio delle idee; la preservazione di questo diritto non ha nulla a che vedere con un’istanza morale o moralistica: è un discorso puramente funzionale, perché ne va del funzionamento dei meccanismi democratici e del funzionamento del cervello di ognuno di noi. La dittatura delle idee, cioè l’ideologia (dominante), che ha nella mortificazione della libertà di parola o espressione la sua ragione di sopravvivenza, rende tutti più stupidi. Essa consiste infatti nell’imposizione di idee utili alla perpetuazione del potere di un’èlite su una moltitudine resa incapace di pensiero proprio, individuale e critico-razionale. Un punto in comune di nazismo/fascismo e comunismo è stato proprio questo: si è trattato in entrambi i casi, infatti, di dittature collettivistiche per le quali l'individuo e le sue libertà sono affatto sacrificabili.


“Politicamente Corretto”: Origine del Termine

Non deve meravigliare, dopo tutto quanto detto, che l’espressione “politicamente corretto” – almeno nell’accezione moderna, che implica la dogmatica applicazione di elementi dottrinali riferentisi a un’ortodossia politica - affondi le sue radici nella Russia leninista, e che il suo concetto veda nel maoismo un volano in grado di proiettarla attraverso i movimenti studenteschi degli anni ’60 fino ai nostri giorni (3). L’ideologia del politicamente corretto inquina ogni anno le menti di migliaia di giovani grazie a una folta rappresentanza di professori che erano giovani protestatari ai tempi del ’68, e che a partire dagli anni successivi si sono infiltrati en-masse nelle scuole e università pubbliche e private (4) diffondendo i miasmi di un ultra-conformismo politicamente motivato: il politicamente corretto, appunto. A dispetto del nome, il “politicamente corretto” è un concetto che si estende ben oltre la politica e che non configura di per sé una serie di contenuti: esso è una maglia, l’incorporazione metodologica del principio del rispetto di un’ideologia – calcata sui principi della sinistra – che vuole coprire ogni ambito della vita e del pensiero individuale. Il “politicamente corretto” è quindi il metodo, il tramite per la creazione di una società totalitaria, per il raggiungimento della quale la sinistra lavora da almeno 50 anni. Il politicamente corretto sostituisce alla violenza politica nelle piazze la violenza della coazione verbale e semantica, meno appariscente ma non meno efficace (questo non esclude, e anzi implica che, nella foga di vederlo applicato, i suoi ultrà non ricorrano – cosa che avviene peraltro regolarmente – alla persecuzione e alla violenza fisica).
Se noi guardiamo all’America – tipico laboratorio di tendenze politiche e di costume – le cronache di ogni giorno ci riportano scempi ai danni della libertà d’espressione operati dalle camicie brune del politicamente corretto all’interno di università pubbliche e private piegate al nuovo credo. Boicottaggi, violenze, maltrattamenti, vandalismi e intimidazioni, manifestazioni anche violente per il disinvito (5) di pensatori le cui opinioni vengono considerate “offensive” di sensibilità sono uno spettacolo quasi quotidiano all’interno delle istituzioni del sapere, diventate bastioni dell’ideologia di sinistra. in questo contesto, il “politicamente corretto” è la testa d’ariete per far crollare la società liberal-democratica abbattendo il suo principale pilastro: la libertà di parola.

(1) "Il 'Politicamente corretto': l'Instaurarsi della Dittatura Attraverso il Controllo della Parola", Cemento Mori, 27/10/2018.
(2) Cfr. "Studi sull'autorità e la famiglia", di Max Horkheimer et al., Unione Tipografico-Editrice Torinese, Torino 1974.
(3) Cfr. "Political Correctness and the Ideological Strugle: From Lenin and Mao to marcuse and Foucault", di Frank Hellis, in "The Journal of Social, Political and Economic Studies", Vol. 27, n. 4, Washington Dc 2002, pp. 409-444.
(4) Cfr. "How Liberal Professors Are Ruining College", di Chris Sweeney, Boston Magazine, 20/12/2016. 
(5) "'Disinvitations' for college speakers are on the rise - here's a list of people turned away this year", Business Insider, 28/07/2016. Una lunga lista di conferenzieri che dei campus americani hanno "disinvitato" dietro pressione dell'attivismo studentesco. La lista copre solo l'anno 2016.
 

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