domenica 3 marzo 2019

PRENDENDO SPUNTO DAL CASO DEL "MAOSTRO DI FOLIGNO": L'"INDUSTRIA DELL'ANTIRAZZISMO" E I SUOI FAKE


(Difficoltà: 2,2/5)

Si fa un gran parlare dell’episodio del maestro di Foligno che avrebbe razzisticamente umiliato un alunno nero di fronte ai suoi compagni, proferendo al suo indirizzo frasi come: “Guardate come è brutto” (1). Prima ancora di aspettare gli accertamenti e dimentichi di quanto la realtà sia complessa e vada valutata in tutte le sue sfaccettature, l’“industria dell’anti-razzismo” e la sinistra, garantista solo per i suoi, si sono buttati a pesce sulla news e hanno, nella migliore tradizione stalinista, “buttato il mostro (anzi: il "maostro") in prima pagina”. “Massacrare uno per educarne cento”, proprio come ai vecchi tempi. In realtà, esiste nella scuola primaria una tecnica didattica chiamata “role-playing” (gioco di ruolo), e può benissimo essere che il maestro abbia voluto giocare la parte del razzista per suscitare negli alunni sdegno e far loro capire quanto è sbagliato il giudizio in base al colore della pelle. A questo punto poco sappiamo, e dovremmo sospendere il giudizio, vista la posta in palio: la carriera e la vita di un individuo.
Conoscendo la scuola italiana, ci sono ottime probabilità, infatti, che la verità sia esattamente il contrario di come la si vuole dipingere, e che cioè il maestro non sia un razzista, bensì in realtà il tipico buonista multiculturalista di sinistra che, armato più di buone (dal suo punto di vista) intenzioni che intelligenza, ha inscenato una “provocazione” che gli è scoppiata in faccia. A questo insegnante, si presume già da diversi anni nel mondo della scuola, deve essere sfuggito il recente clima di caccia alle streghe che vede razzisti ovunque, e la caduta libera del prestigio dell’insegnante, che è diventato ormai un tiro a segno per le frustrazioni di genitori falliti e di dirigenti succubi. Se avesse aperto gli occhi negli ultimi anni, se ne sarebbe stato ben quieto senza pagar smodato pedaggio a un’innovazionismo didattico che, pompato come non mai nella scuola degli ultimi 20 anni, qualche volta può condurre a farla fuori dal vaso, come è per il caso in questione. Non siamo al cospetto di un razzista, quindi, bensì di un idiota, o comunque di una persona che ha fatto una cosa idiota e suicida.
Le situazioni come quella protagonizzata da questo maestro sono – al pari dei morti di “rifugiati” in mare – occasioni troppo ghiotte per la sinistra per dare un’altra spintarella in avanti alla propria agenda immigrazionista-terzomondista e pro-invasione clandestina. Un’agenda che, vista come una guerra (tanto è vero che prevede un’invasione) ha lasciato e lascerà per terra (e nei mari) vittime; ma questo è solo un dettaglio, un obolo necessario sulla strada delle “magnifiche sorti e progressive”. E del resto, non fu Stalin a dire che milioni di morti sono solo “statistica”? Quindi, avanti compagni!
L’antirazzismo è diventato un’industria attorno alla quale ruotano interessi economici e politici. Esso lo è in se e in quanto arma da brandire per mettere a tacere tutti coloro che si oppongono all'invasione e quindi al business dell'immigrazione. Tutti hanno in qualche modo da guadagnare dall'antirazzismo, a parte ovviamente le vere vittime: le persone che vengono infangate con accuse di razzismo false e pretestuose, e la cui vita rischia di venire rovinata per sempre. Chi ha da guadagnarne, quindi? Bè, ovviamente cooperative, onlus e ong, dal punto di vista economico; ma anche la sinistra, dal punto di vista politico-elettorale: dopotutto, l’anti-razzismo è qualcosa di encomiabile, ed è un ottimo viatico per accreditarsi come i “buoni”, i “tolleranti” ecc.; e chi non potrebbe stare dalla parte dei “buoni” e dei “tolleranti”, se non delle persone malvagie e razziste? Ecco quindi che alla base c’è il solito ricatto morale: o voti per (o come) noi e la pensi come noi o sei un “uno di loro”.


Il Vittimismo (Fondato sul Falso) che Permette di Passare alla Cassa

E poi non vanno dimenticate, tra quelli che dall’anti-razzismo ci guadagnano, le false vittime: accudite, coccolate, premiate e remunerate. Esse si prestano ben volentieri a mettersi al centro di supposti “attacchi razzisti”, per lo più inventati di sana pianta da loro o dai media, perché i vantaggi che possono ricevere dal loro neo-acquisito stato di vittima sono palpabili. I primi a desiderare che esista il razzismo sono proprio i sedicenti “anti-razzisti” e le aspiranti vittime. Tanto è vero che, se non c’è, lo fabbricano. Esempi da noi non mancano; ma volgiamo lo sguardo agli Stati Uniti.

Negli Stati Uniti l’oppressione dei neri è ancora un fatto. Ma essa non avviene per mano dei repubblicani e di Trump, come vorrebbe farci intendere la fabbrica delle menzogne dei media sinistrorsi, bensì per mano del partito che si battè durante la Guerra Civile per il mantenimento della schiavitù; per mano del partito i cui membri erano gli unici a possedere schiavi prima che la schiavitù fosse abolita; per mano del partito che fondò il Ku Klux Klan: l’oppressione dei neri in America è cioè, oggi come cento e duecento anni fa, attuata dal Partito Democratico. In città come Chicago, Baltimora, Philadelphia, per es., da anni sempre in mano ai Democratici, i neri vengono tenuti in una condizione di ignoranza e di minorità sociale: a ciò contribuiscono politiche di disgregazione familiare (moltissimi giovani vengono allevati in famiglie dove il padre è assente, spesso in galera) e politiche assistenzialistiche che assecondano un’esistenza parassitaria e priva di prospettive (se io prendo la paghetta dallo stato, avrò meno incentivi a cercarmi un lavoro, e quindi a trovarmi un’indipendenza economica che mi permetterebbe di auto-determinarmi nelle mie scelte politiche o d’altro tipo). Inutile dire che simili città vivono una condizione di sostanziale bancarotta (per via delle politiche assistenziali che costituiscono di fatto un “voto di scambio” su grande scala, e che drenano risorse pubbliche, impedendo l’attuazione di politiche economiche socialmente fruttuose e di progetti infrastrutturali) e una condizione di disgregazione e di forte insicurezza (queste città sono, per es., quelle che contano il maggior numero di omicidi, in larghissima maggioranza perpetrati da neri su altri neri).
All’opera di soggiogamento dei neri americani giunge l’apporto regolare dell’industria culturale – con capofila un’Hollywood saldamente in mano alla sinistra -, la quale alimenta i miti del “razzismo istituzionale” [come se la discriminazione e la schiavitù dei neri non fosse mai stata abolita (da Lincoln, che era un repubblicano)], e del nero come eterna vittima. In un caso da manuale di proiezione (che definisce il modus operandi della sinistra meglio di qualsiasi altro concetto, come ben ha capito chi mi legge da un po’ di tempo), la sinistra trasferisce sugli altri un razzismo che è solo suo.
L’antirazzismo è ormai un business che porta vantaggi a false vittime, politici, media di sinistra e a chiunque salga sul vagone della “condanna al razzismo”. Un razzismo che è sempre bianco e occidentale, in quanto per la sinistra un nero o un islamico non possono, per definizione, attuare razzismo, ma solo subirlo. La dimostrazione che l’antirazzismo è un’industria ce la danno tutti gli innumerevoli episodi di fake, o falsi episodi di razzismo, provenienti da paesi come l’America (anche se l’Italia si batte bene). L’ultimo caso, il più clamoroso perché vede al centro una persona famosa, è quello di Jussie Smollet (2), attore gay e nero che ha dichiarato recentemente di essere stato avvicinato, nel cuore della notte, da due fan di Trump riconoscibili dal rosso cappello Maga (“Make America Great Again”), i quali l’avrebbero insultato, picchiato, gli avrebbero versato addosso dell’ammoniaca e messo al collo un cappio. La storia faceva fin da subito acqua da tutte le parti, e la polizia non ha tardato a smascherarla per quella che è: un hoax, un fake, un falso attacco sceneggiato con l’aiuto di due compari di nazionalità nigeriana. Apparentemente, l'attore non era soddisfatto del suo ingaggio in una serie televisiva, e voleva indurre la produzione ad alzare il suo cachete esibendo il suo nuovo status di "vittima di razzismo".
Un altro caso, diverso ma con un medesimo carattere di falsità, calunnia e strumentalizzazione politica, è quello che ha visto al centro, questa volta sì come reale vittima, una bambina afroamericana di nome Jazmine Barnes. Jazmine Barnes è stata vittima del suo assassino, certo, ma anche dei suoi genitori e del circolo dei media. Sono stati la madre e la sorella, infatti, a cogliere la palla al balzo per descrivere alla l’assassino (con dovizia di particolari, al punto da poter produrre un preciso identikit) alla polizia elencando i tratti più stereotipici del roughneck “white supremacist” del profondo sud: capelli biondi, occhi azzurri, pick up truck rosso ecc., e accaparrarsi così il trofeo più ambito di questi tempi: lo status di vittima del razzismo bianco. Subito infatti i riflettori sono arrivati, così come sono arrivati i soldi sul conto per una campagna “Go-Fund-Me” aperta dal padre lo stesso giorno della morte della figlia: donazioni da superstar del basket e del football. Anche i tweet di solidarietà da celebrity del mondo dello spettacolo non si sono fatte mancare.
Nel momento però in cui si è scoperto che l’assassino della ragazzina era un afroamericano, il buio più assoluto: la vicenda della ragazzina uccisa è praticamente scomparsa da giornali, tv e social media, le manicurate e ingioiellate dita delle star non si sono mosse per commentare l’agognata soluzione del caso. Un nero che uccide un nero: una casistica che è assurta a norma nelle aree-ghetto di città amministrate da sempre dalla sinistra. E una casistica che media e politici di sinistra hanno tutto l’interesse a nascondere e a sottacere, preferendo dar risalto ad attentati a sfondo razzistico che non hanno mai avuto luogo, cioè a fake news. La morte della ragazzina è stata – in primo luogo dai genitori – strumentalizzata per biechi scopi economici e di propaganda politica. Quando si è capito che non lo si poteva più fare, la vicenda è quasi completamente sparita dai grandi media e dai social, e così le testimonianze di solidarietà e di compassione di vip e attivisti. 1400 articoli di “copertura” approfondita e appassionata del caso quando ancora si credeva che l’assassino fosse un bianco; 135 articoli di poche righe, a stampo puramente informativo-cronachistico e seppellite a distanza siderale dalla prima pagina, quando si è scoperto che i responsabili del delitto erano due neri. La ragazzina è stata uccisa una seconda volta. Da vomitare.

  
Il Razzismo, Quello Vero, è di Sinistra

Ancora una cosa, prima di concludere. Si è detto di come l'"antirazzismo" sia un business, strumento per la produzione di una moneta corrente: un vittimismo costruito sul nulla, e che nondimeno paga profumatamente. Vediamo adesso che questa moneta corrente è spendibile sul mercato del senso di colpa che attanaglia l'Occidente, e che è la vera piaga degli ultimi anni.
Questo stato di cose è infatti il frutto di un condizionamento culturale che dura da decenni, e che ha portato l’Occidente – non questo o qual singolo paese, ma l’Occidente “bianco” in generale, a proposito di razzismo - a convincersi di avere colpe da espiare. La sinistra, dopo almeno 50 anni di pelosi e falsi proclami contro l’“imperialismo dell’Occidente” che avrebbe rovinato e corrotto la supposta purezza degli abitanti del Terzo Mondo, impedendogli di svilupparsi, ha in maniera diabolica instillato nell’Occidente il senso di colpa per un passato lontano, che peraltro non è proprio dell’Occidente in quanto tale ma di alcune ex-potenze coloniali la cui influenza ha comunque anche arrecato vantaggi ai territori controllati.
La sopra citata mitica “purezza” delle popolazioni indigene non fa altro che reiterare il mito rousseauiano del “buon selvaggio”, per il quale i nativi del Terzo Mondo altro non sarebbero che animali allo stato di natura, incapaci di intendere e di volere e quindi suscettibili di essere manipolati e corrotti dal semplice contatto con la socializzazione e la civilizzazione: una visione, questa, di puro anche se velato razzismo, che viene però dalla sinistra – in uno delle sue spettacolari inversioni della logica – utilizzata per combattere il razzismo. L’“anti-razzismo” della sinistra non è altro che un diabolico mascheramento di un razzismo avete le sue radici nella propaganda colonialista del XV secolo; un razzismo che essa ha ereditato e che dimostra di non aver mai superato. Nella sostanza, si considerano i popoli del Terzo Mondo come degli animali da tutelare e proteggere come in una riserva; renderli più “umani” e civili attraverso un’opera di educazione e civilizzazione equivarrebbe a corromperli, a tradire la loro natura: essi vanno quindi tenuti così come sono, e indipendentemente dal fatto che essi vogliano così o meno, perché essendo degli animali essi non possono avere volontà, e quindi non possono prendere decisioni. L’obiettivo di questa visione razzistica che vorrebbe le popolazioni primitive perennemente relegate a uno stato di minorità e di sottosviluppo è quello del controllo: al tempo dei colonialisti, il controllo serviva a non farli ribellare; nei tempi odierni di ghetti, no-zone e immigrazione clandestina, esso serve a farli votare per il proprio partito in cambio di prebende assistenziali.
Concludiamo con una citazione di Danusha Goska, autrice dell'articolo che abbiamo qui usato:

I progressisti rifiutano la religione convenzionale e la fondazione giudaico-cristiana della civiltà occidentale come irreparabilmente corrotta e da sfigati. [...] Ma anche gli atei hanno bisogno della religione, e una nuova religione fu costruita attorno alla razza, con il razzismo bianco come il solo peccato. In questa religione, il razzismo è una valuta pregiata.
Il possesso monopolistico del razzismo arricchisce e dà potere al suo possessore, sia nero che bianco. Se una persona nera può dichiarare di essere vittima del razzismo, se una persona bianca condanna melodrammaticamente il razzismo, essi guadagnano prestigio e potere considerevoli. L'esibizione pornografica dell'indignazione è la Santa Eucarestia di questa religione. Essa è la dose di droga per i comunicatori della sinistra. Fornisce loro una scossa che li tiene occupati fino all successivo collettivo attacco di isteria moralizzante.(3)

(1) "Bimbo nero umiliato a Foligno, il padre accusa: 'E' statoi razzismo, non un esperimento", Il Messaggero, 22/2/2019.
(2) "Fake Hate Crimes' Real Victims", di Danusha Goska, Frontpagemag, 1/3/2019. Si parla in particolare dei due casi di falso razzismo illustrati.
(3) Ibidem.

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