venerdì 2 agosto 2013

SUPEREROISMO E SESSO

Supereroina si interroga sul proprio ruolo nella società.

IL POLITICHESE COME LINGUAGGIO DELL'IGNAVIA TRUFFALDINA

(Difficoltà: 4,2/5)

L'"homo monitans" par excellence G NapolitanoIn una società dove solo ciò che si può osservare – nemmeno tanto più, come per s. Tommaso, “toccare” - è reale, si è portati a considerare il linguaggio come una cosetta inutile e ininfluente, un coagulo di espedienti retorici fatti apposta per scansare l'azione.

giovedì 25 luglio 2013

ITALIA "PAESE DI MERDA"?

(Difficoltà: 1,3/5)
E' recente notizia la condanna di un anziano 71 enne, comminata dalla Corte d'Appello di Campobasso in forma di un'ammenda (poi indultata) di mille euro, per aver detto ad alta voce ciò che tutti pensano: “Italia paese di merda”. La sentenza è stata poi confermata in Cassazione, e le motivazioni sono state quindi depositate. Vi si legge tra l'altro: “Il diritto di manifestare il proprio pensiero in qualsiasi modo non puo’ trascendere in offese grossolane e brutali prive di alcuna correlazione con una critica obiettiva.” In realtà, ciò che i giudici di Cassazione non hanno colto è che l'“insulto” alla Nazione era in realtà una sigla – non “merda”, ma “M.E.R.D.A” - composta dalle iniziali di parole-chiave di una “critica obiettiva”, come vogliono le motivazioni espresse dai giudici di Cassazione:

sabato 20 luglio 2013

IL "VIVERE NEL PASSATO". UNA RIFLESSIONE SULLE DIMENSIONI DEL TEMPO

(Difficoltà: 4/5)

Courtesy of Tiscali (I think)
Si dice spesso che bisogna guardare al futuro, che il passato può diventare una prigione di rimpianti e ricordi malinconici. Si dice che bisogna guardare al futuro anche rispetto al presente. Chi vive nel presente non non impara dagli errori del passato e non si prepara al futuro. C'è chi si spinge a dire che il futuro è l'unica dimensione che conta perché, tautologicamente parlando, è ciò che ci toccherà inevitabilmente.
Ma è veramente così? Il futuro merita lo status di unica dimensione a contare fra le tre alle quali può aprirsi la nostra vita? Il passato e il presente sono veramente delle prigioni senza sbocchi, l'una contrassegnata da rimpianti e l'altra da sensazioni futili e da un improduttivo “vivere alla giornata”?

mercoledì 10 luglio 2013

COME LE MAFIE ARRIVARONO A CONQUISTARE LA COSA PUBBLICA

 (Difficoltà: 2,1/5)

Bruno Caccia, coraggioso servitore dello StatoA fronte di uno Stato disorganizzato e inefficiente, succube di ladrocinii e incompetenza dirigenziale, l'"Antistato" se la passa piuttosto bene.
Se ripercorriamo le tappe dell'attuale dominio mafioso in Italia, appare chiaro che esiste una “storia della mafia” come esiste una storia d'Italia. Di più: le due storie per larghi tratti coincidono, come appare evidente in libri come “Storia della Mafia” di G. C. Marino (Roma 1998).

venerdì 5 luglio 2013

LA "TAVOLA ROTONDA" DI ARTU' COME SIMBOLO DELLA LOTTA ALLA DISGREGAZIONE SOCIALE

(Difficoltà: 3,4/5)
Tavola Rotonda
E' capitato a tutti di uscire a cena con amici o persone e trovarsi forzati a parlare per tutta la serata con quelle meno interessanti, fino al punto da non poterne più e non vedere l'ora che finisca. Come può succedere questo? Semplice: si entra in coda al gruppo nel ristorante, e chi ci precede nella compagnia s'accaparra i posti migliori.
Partendo da una questione affatto elementare, è possibile ricavare degli elementi di natura storica, che possono dirigerci a un'approfondimento di alcune questioni assieme psico-sociali ed economiche.


Excursus Storico: La Leggenda di Re Artù e della Tavola Rotonda

Alcuni storici ritengono che, dietro l'architettura leggendaria che da sempre ne contraddistingue la narrazione, Re Artù sarebbe realmente esistito: si tratterebbe di Riotamo, Re dei Brettoni, nel V sec. impegnato a fianco dei Romani contro gli invasori barbari. Anche dell'esistenza della famosa fortezza di Camelot ci sarebbero indizi importanti. Per quanto si riferisce invece all'altrettanto famosa “Tavola Rotonda”, è probabile che si tratti di una leggenda integrale, rispondente però a un simbolismo preciso: in contrasto con il massiccio processo di gerarchizzazione politico-militare dei tempi successivi, si ritiene che nel primo Alto Medioevo (fine Impero Romano – anno 1000 circa) i nuclei politico-militari raccolti attorno a un capo o "re guerriero" fossero organizzati più in forma di confraternite, pervase da un certo egualitarismo e sostanzialmente libere da pressioni gerarchizzanti.
In particolare nelle occasioni conviviali, si era soliti riunirsi attorno a un focolare, quindi con quella disposizione circolare che non prevedeva un “capo-tavola”, come sarebbe invece stato in tempi successivi. Quest'usanza fu consacrata all'immaginario collettivo con la rappresentazione plastica di una “tavola rotonda” che però non rimanderebbe quindi a una realtà precisa bensì a un principio.


Esempio di Quotidianità: Il Sedersi al Tavolo del Ristorante

Perchè ho affrontato questo excursus storico? Ai giorni nostri, si è un po' perso il principio richiamato dalla “tavola rotonda”, e anche nelle occasioni di relax quali quelle conviviali, si tende a costituire posizioni di privilegio e a intraprendere tenzoni per l'acaparramento di posizioni "territoriali" favorevoli. L'esempio di una vita quotidiana pervertita dalle stesse logiche che animano la competizione economica e sociale non potrebbe essere più efficace che nella semplicità di un oggetto come la tavola, forse assieme al letto l'oggetto più intimo e più legato alla vita quotidiana e ai suoi rituali.
Quello che i membri di un gruppo (di amici, di lavoro ecc.) inscenano quando sono chiamati a scegliersi i posti attorno al tavolo di un ristorante, possiede i colori e le sfumature della lotta per la sopravvivenza. A seconda dell'importanza dell'evento, le conseguenze dell'essere sopravvanzati nella scelta dei posti migliori possono estendersi da una serata noiosa alla perdita di un'occasione di carriera.
L'aspetto curioso è che una sorta di pudore legato a doppio filo alla civilizzazione, impedisce di chiedere una cosa così semplice come uno scambio di posto. Ciò che la ragione fa percepire come una richiesta ridicola e triviale riveste invece molta importanza dal punto di vista della natura, che per l'uomo – animale sociale - vuol dire anche “socialità”. La prospettiva di venir percepiti come degli individui infantili ha la meglio sulla prospettiva di rovinarsi la serata sedendo a fianco di persone meno gradite all'interno del gruppo, o in una posizione poco centrale del tavolo, qual è il capo-tavola.
Il capo-tavola rappresenta infatti la posizione più svantaggiosa, perchè permette di poter parlare confortevolmente con solo due persone: quelle che siedono al nostro fianco. Il centro-tavola, al contrario, agevola la conversazione con un minimo di 5 persone: le due a fianco e le tre di fronte. Ciò aumenta le probabilità di trovare persone gradite e di trascorrere una serata lieta.
Proprio qui sta un'ironia della Storia: se il “capo-tavola” era motivo d'orgoglio e marchio di superiorità in un passato più o meno lontano, esso diventa nella nostra società – dove il principio dell'uguaglianza è ormai solo una predica demagogica - per la maggior parte dei casi un handicap.


La Determinante Economica: la Gestione dello Spazio

La questione che ho proposto all'attenzione riveste maggior importanza di quella che si è normalmente disposti a concedere (e ad ammettere). Sicuramente, apre a delle riflessioni su ciò che è diventata la società oggi, dove la divisione, l'antagonismo e la competizione sociale tengono banco anche ai livelli più elementari della vita, eludendo con sistematicità la “controcorrente” che gli si vorrebbe opporre: quella della civiltà e della ragione.
I ristoranti seguono dei criteri logistici che dal loro punto di vista sono perfettamente razionali: come indica la figura qui sotto, dei tavoli di forma quandrangolare permettono una migliore organizzazione dello spazio che non tavoli di forma circolare, che se uniti lascerebbero dello spazio vuoto e inutilizzato al centro. Tavoli quadrati risponderebbero alle stesse esigenze di quelli circolari (equidistanza dei partecipanti), ma con un limite di posti rispetto a quello rettangolare. Non è un caso quindi che la forma di tavolo più diffusa sia quella rettangolare, cioè quella che più di tutte, in ragione della sua lunghezza, accentua la formazione di sottogruppi all'interno del gruppo originario.

Possibilità di disposizione dei tavoli nel ristorante

La Determinante Psico-Sociale nelle Dinamiche di Disintegrazione del Gruppo

Ed è proprio la formazione di sottogruppi – una tipica categoria psico-sociologica – a registrare la dis-integrazione del gruppo originario nelle occasioni conviviali. E', ancora una volta, materia esperenziale comune: nell'impossibilità di conversare con membri dislocati lontani da sé, ci si limita a scambi dialogici con i membri siti a portata di voce, rimanendo il più delle volte completamente all'oscuro di ciò che avviene e di ciò che è discusso negli altri sottogruppi. Nella maggior parte dei casi, questi sottogruppi sono destinati a dissolversi con il concludersi della cena, per riorganizzarsi con diverse configurazioni ad una successiva occasione. Ma può anche capitare che si instauri lo stigma di una sotto-appartenenza (o "appartenenza al sotto-gruppo"), destinata a perpetuare una scissione di fatto dal gruppo originario. Il sottogruppo tenderà a riproporre quella disposizione attorno al tavolo che ne ha occasionato la formazione, e si precluderà un'approfondimento della conoscenza degli altri membri del gruppo originario, sulla scorta di un elemento identitario destinato a prendere sempre più forma.
Il gruppo originario può così continuare ad esistere, ma, data la virtuale incomunicabilità dei propri sottogruppi – che ratifica in forma di struttura l'incomunicabilità sperimentata nelle singole occasioni conviviali - esso si trova ridotto poco più di un vuoto simulacro, a un aggregato di più sotto-gruppi.


Conclusione

L'esempio del tavolo di ristorante è solo un aspetto quotidiano di un fenomeno sociale più ampio. Ma, proprio perchè vicinissimo a noi, è un esempio particolarmente illustrativo dell'interazione fra decisioni economiche e dinamiche proprie della psicologia collettiva e di massa. Come compresero i Situazionisti, sussiste una forza tendente a smembrare la società in un nugolo di sottogruppi autoreferenziali, a partire dalla quotidianità di ognuno di noi. La quotidianità è quindi assieme terreno di comprensione di questa realtà e teatro privilegiato della battaglia contro di essa. La "tavola rotonda" diventa allora il simbolo del recupero di un senso di socialità e di comunitarismo partecipativo volti a superare le tendenze divisive del nostro tempo.

Donna Sorridente

mercoledì 26 giugno 2013

LA QUERELA COME ATTO INTIMIDATORIO

(Difficoltà: 4,2/5)
La  querela può diventare uno strumento intimidatorio, e quindi antidemocratico, perchè può essere usata per inibire la libertà d'espressione e di denuncia.
La querela fa sì che la libertà di parola sia subordinata al livello di censo: i tempi della giustizia italiana e le alte parcelle degli avvocati costituiscono una combinazione micidiale per chi non goda di benestare economico. L'incertezza della pena si declina poi in una duplice forma a offuscare ulteriormente il quadro: chi mi dice che chi ha i soldi per tenere per anni a libro paga un avvocato non li abbia anche per comprarsi la sentenza? Non viviamo dopotutto in uno dei paesi più corrotti al mondo? E: ammesso che io abbia ragione e il giudice confermi, al terzo grado di giudizio – cioè dopo anni - , che i reati che ascrivevo al querelante sono reali, cosa rischia questi veramente rispetto a quello che rischio io, considerati i vari indulti, gli sconti di pena e il perdonismo di una legislazione penale fatta dai colletti bianchi per i colletti bianchi? 


La Legge Nasce per Tutelare i Deboli, Non i Forti

La legge è nata per i deboli, non per i forti. Per i forti già esistono le leggi di natura (dove all'ereditarietà dei tratti somatici nel regno umano si affianca l'eredità patrimoniale e di status sociale), che li privilegiano. Ne consegue che la legge non deve essere imparziale, bensì seguire la sua vocazione nel porsi a tutela della parte offesa. Resta inteso che il “debole” è colui che ha subito il torto in una specifica occasione, e quindi il concetto non definisce per principio e in partenza una condizione sociale o di censo.
I problemi strutturali del sistema giudiziario italiano – afferenti in pari tempo a questioni amministrative e legislative – implicano purtroppo la creazione di forti squilibri. Come impedire, quindi, che anche le querele per ingiuria o diffamazione non diventino espedienti intimidatorii in grado di interferire con la libertà di cronaca e di opinione?
Con la naturale premessa che le lentezze e le storture del nostro sistema giudiziario hanno una ragione d'essere nella gaglioffaggine della nostra classe dirigente, la principialità della Costituzione potrebbe forse offrire leva per insenature interpretative del codice e richiamare così concetti come la “verosimiglianza” del giudizio apparentemente lesivo, la fondatezza di questo in accadimenti precedenti ecc. A titolo di esempio, la querela a seguito di un'accusa giornalistica, anche qualora questa non fosse sorretta da prove decisive, dovrebbe essere rigettata in nome dei principi di libertà e di verità ricavabili dalla Costituzione. L'attribuzione di un fatto dovrebbe fungere da stimolo per gli organi di informazione e di giustizia per far luce su eventuali responsabilità, in ragione di un criterio di trasparenza perfettamente afferibile ai principi della libertà d'espressione e di parola.
La semplice constatazione di una pregiudiziale nell'inizio di una causa per diffamazione - alla luce per es. di un semplice criterio di verosimiglianza della dichiarazione presuntivamente lesiva - dovrebbe inibire l'avvio del procedimento, se non per accertare la veridicità delle attribuzioni e quindi il valore testimoniale delle attribuzioni emerse, decidendo così per il luogo a procedere ovvero per un obbligo di rettifica. Il giudice dovrà valutare già in sede preliminare la buona fede del querelato, cioè la sua intenzione o meno di ricercare la verità.
Per questioni minori quali scaramucce o insulti, spontanei ovvero poco o per nulla legati a fatti specifici, il giudice dovrebbe – come per altre situazioni simili – subordinare la questione a un criterio economico e di censo: se la parte lesa ritiene che la propria dignità in casi triviali le valga più delle spese legali, può chiedere e ottenere giudizio. Solo in caso di evidente disparità economica a vantaggio del querelato si dovranno disporre provvedimenti risarcitori e  il rimborso totale delle spese legali, qualora si riscontrasse l'infondatezza delle attribuzioni. E' il caso, per es., di un datore di lavoro che insulti un dipendente. Il pagamento delle proprie spese legali, per converso, dovrebbe essere sufficiente punizione per il querelato condannato/soccombente, quando questi ricopra un livello economico-sociale significativamente inferiore rispetto al querelante.
Una giustizia che si possa ritenere tale deve tener conto dei soprusi e storture generati da un consistente divario nei rapporti di forza.


Conclusione

In conclusione, la giungla delle denunce per diffamazione - strumento particolarmente in voga fra politici interessati a imbavagliare la stampa - potrebbe essere fatta uscire dallo “stato di natura” in cui versa – e in cui scade a strumento di sopraffazione del forte sul debole – rendendo il concetto “feudale” di “onore” (non a caso caro alla mafia) qualcosa di gregario rispetto ai principi civili e costituzionali della libertà, della verità e della trasparenza, gli unici in grado di decidere sulla fondatezza di certa onorabilità.  


ZUPPA DI ZOMBIE: "Anche gli Zombie Hanno un Cuore"

Anche gli Zombie Hanno un Cuore

lunedì 17 giugno 2013

10MILA COSE CHE MI FANNO INCAZZARE/9987

(Difficoltà: 0,9/5)

 IL "ZUCCO", OVVERO L'ARROGANZA DELL'
"ESTEROFILIA" GIORNALISTICA

Il "Zucco" lui-meme
Se c'è una cosa che mi fa incazzare è il “giornalista inviato col ditino alzato”, cioè quel giornalista che risiede all'estero e che periodicamente, dalle poltrone dei talk-show o più comunemente in collegamento “etereo” da lidi dove la democrazia, lì sì, funziona a mille, ci versa il calice amaro della nostra inferiorità come Stato, come economia, come mentalità, come altezza media dal suolo e scelta di deodorante ecc., al cospetto del paese che lo ospita tra suite d'albergo e cene quotidiane in ristoranti, pagate spesso (si suppone più che volentieri) dal contribuente medio italiano. Questa figura è oggi rappresentata per ampi versi da Vittorio Zucconi, inviato “ammerigano” full-time (sembrerebbe), figlio di papà (il paparino Guglielmo fu pure giornalista-direttore – olè – e SEMBRA che il Vittorio sia il solito raccomandato, ma... suvvia, sempre a pensar male!).

Questo giornalista grassoccio, pelato e sudaticcio, arrogantello e saputello, dalle guanciotte rossicce e l'apparenza magnona e godereccia, ha fatto show di se stesso nella puntata di Piazza Pulita del 10/06/2013, che qui sotto ripropongo. Eccezionalmente, qui il nostro confezionatore di reportage dall'estero (ma più spesso di opinioni proprie che non interessano una ceppa a nessuno), calca (supponiamo sdegnato) il suolo italico e si materializza in persona nello studio in luogo, come d'uso, di concedersi madonnescamente da oltreoceano mercè collegamento esterno (con tanto di faccione in schermo da 500'' e audio ritardato e echeggiato à la papa G. Paolo II).
Invito il lettore a prestare particolare attenzione ai punti elencati sotto al video, dove la saccenza e arroganza di questo pluripremiato monstre del nostro giornalismo d'esportazione s'appalesa in tutta la sua virulenza.

  • A partire da 1:30:20, il nostro fa una implicita tirata-spot per la proposta di legge della Finocchiaro volta a far fuori i movimenti come il M5S dalle prossime elezioni politiche.
  • A partire da 1:39:15 il nostro non si vergogna di dire che è andato a mangiare a casa della piccola imprenditrice Nonino, presente in studio. Viene da chiedersi: a che titolo? E il famoso principio del distanziamento fra giornalismo e potere (politico e economico)? E se il Zucco va a cena a casa di una piccola imprenditrice, che fa con uno del calibro di Marchionne o Geronzi?
  • All'1:42:08, parla il Professore Becchi, vicino al M5S. Quando questi si incarta all'inizio di una frase, il Zucco lo prende per il culo: “Ma, ma, ma”.
  • A partire da 1:42:45, Zucconi si esibisce in uno sboccacciato sfogo contro Becchi e l'“assemblearismo”.Si ode ben distinta la parola "cazzo".
  • A partire da 2:03:30, il Zucco ancora dileggia Becchi, dicendogli: “Ma cammina, (và)” in risposta a una parola usata da questi.

E chi l'avrebbe detto che il nostro glorioso paese non esporta solo salsa di pomodoro, mozzarelle, caciotte e cavoli, bensì anche cospicui cervelli giornalistici? Ma soprattutto: perchè? Forse per somministrare alle nostre pantanose paludi provincialistiche periodiche folate di internazionalismo, attraverso il sano metodo dell'arroganza tesa a umiliare e a ricordarci che siamo tutti delle merde? O forse perchè, dopo attenta considerazione, è meglio che certi cervelli se ne stiano fuori dai... patrii confini? E ancora: ma c'è qualcosa di più provinciale dell' italiano "scugnizzo a New York" che, scambiando la grandezza dei grattacieli per la propria, si mette a guardare dall'alto verso il basso la terra che gli ha dato i natali?
La prossima volta (ma questa volta: veramente!) fateci caso.

Donna-Vampiro