domenica 7 ottobre 2018

L'ULTIMA PAGLIACCIATA DELL'INDUSTRIA DELL'ARTE: BANSKY E L'"AUTODISTRUZIONE" DELL'OPERA ARTISTICA


(Difficoltà: 1.9/5)

L’opera di Bansky che si autodistrugge (1) è solo un gioco delle parti in un mondo dell’arte la cui morte è stata proclamata da decenni (e con ottime ragioni), e il cui cadavere è tenuto in vita, in forma grottesca e provocatoria, unicamente dal potere del denaro. E’ in questo panorama di “arte zombie” che si consumano imbarazzanti pantomime come quella dell'altro ieri.
Il gioco delle parti è, naturalmente, quello fra artista e establishment dell’arte, che assieme formano l’industria dell’arte. Nel caso di Bansky, si parla di un artista “sconosciuto” di cui si sa praticamente tutto (l’articolo in inglese di Wikipedia che lo riguarda è gigantesco): già questa contraddizione ab ovo (l'operazione - tipica - che fa leva sul supposto mistero dell’identità dell’autore è nel caso di Bansky inscenata maldestramente) è di per sé atta a suggerirci che, anche nell'episodio in questione, dobbiamo trovarci di fronte a una burla.
Ma veniamo alla “notizia della giornata”. Cosa ci induce a considerare l’autodistruzione della “Bambina con palloncino” una scenata teatrale che solo dei deboli d’intelletto potrebbero scambiare per autentica? Diversi fattori: il fatto che l’opera si trovi ora, con ogni probabilità, a valere molto di più di quello che valeva da integra, cioè l’equivalente dell’1.200.000 € che l’acquirente ha dovuto sborsare qualche secondo prima che l’opera si “autodistruggesse” (in realtà, si tratta di "distruzione", perché l’autore era tra i presenti e ha azionato a corta distanza il meccanismo).
Si apprende inoltre che, poco dopo che il fatto s'era consumato, “un uomo vestito di nero con cappello e occhiali da sole” (2) s’è azzuffato con la security vicino all’ingresso della casa d’aste. Dunque, qualche secondo dopo questo incredibile accaduto, uno sconosciuto vestito come l’assassino di un film di Dario Argento - quindi sospettabile fino al midollo - esce dall’edificio dell’asta, viene notato ma nessuno pensa di fermarlo e di chiamare la polizia per una perquisizione e interrogazione? Il direttore di Sotheby's verrà ora licenziato, visto che non ha avuto la prontezza di intimare alla security, subito dopo l’accaduto, di non far uscire nessuno dall’edificio? E’ chiaro che, anche qualora si fosse trattato di Bansky in persona, l’opera d’arte non apparteneva più a lui perché era stata appena venduta, quindi il suo danneggiamento configura un reato grave, punibile con il carcere e con un risarcimento milionario.
La realtà è tutt’altra: si tratta di una sceneggiata che di fatto fa schizzare alle stelle il prezzo di quest’opera (la prima opera nella storia dell’arte a “autodistruggersi”) e - con buone probabilità - di tutte quelle future di Bansky. A conferma di questo, basti vedere le facce stupite, ma anche compiaciute, degli addetti all’asta: non giurerei sul fatto che un adeguato ingrandimento delle loro pupille non lasci intravvedere il simbolo della sterlina sfolgorare di nuova luce.
Bansky, si dice, è un artista che “si oppone alla globalizzazione e alla “cupidigia” delle multinazionali”, e “ha preso spesso posizione contro la commercializzazione delle sue opere” (3). Se ciò è vero, quest’artista deve essere allora anche uno stupido, perché, come appena detto, operazioni come queste fanno lievitare il valore delle sue opere e di conseguenza alimentano, non contrastano, il loro mercimonio e quindi l’industria che ci campa sopra. Inoltre – ma forse uno che conosce più di me le vicende legate all’artista saprà fornire una giustificazione plausibile – se Bansky si oppone tanto alla commercializzazione delle sue opere d’arte, che diavolo ci faceva una di queste in un’asta? E’ stata forse ritrovata in un cassonetto dell’immondizia e, essendo l’autore anonimo, non la si è potuta restituire al legittimo proprietario?
Insomma, è chiaro che la vicenda puzza di inganno e di macchinazione lontano un miglio. Non vi è nulla di sostanzialmente nuovo in essa; di nuovo c’è solo la forma che si è scelta. Il mondo dell’arte, ridotto da almeno 50 anni a un freak-show di spazzatura post-moderna, ha sempre avuto bisogno di periodiche scosse, che l’hanno sempre aiutato a infondere nel proprio business, anche se in modo del tutto artificiale, un nuovo alito di vitalità: si è sempre trattato di manovre pubblicitarie innescate con la complicità del circus mediatico. C’è da ritenere che tutti gli addetti ai lavori – sia dal lato dell’offerta che della domanda – sappiano ciò, e partecipino a un gioco del quale sanno che il valore artistico dell’opera d’arte è l’ultima delle preoccupazioni, la prima essendo il valore di investimento dell’opera. Come nel mondo della Borsa, gli operatori sono coscienti del fatto che il valore intrinseco di un determinato titolo è nullo, ma l’acquistano comunque per approfittare di una passeggera ondata di acquisti su quel titolo, e quindi sul trend rialzista che lo favorisce.
Simili shock, colpi di scena e trovate scenografiche servono a mantenere in vita un mondo dell’arte ridotto a business. Non c’è da meravigliarsi quindi che le opere artistiche siano da decenni in larga parte modellate su questi stessi fattori, che siano cioè esse stesse basate sulla forma espressiva della shock e della trovata. Non sembra questo essere particolarmente il caso di Bansky - bè, se si esclude ovviamente l'opera che è oggetto di questo articolo -, il cui lavoro dimostra almeno un certo talento figurativo; è invece certamente il caso, per esempio, di un autore della cui opera abbiamo avuto modo di parlare qualche tempo fa: Christo (4). A differenza di Christo, però la monumentalità della cui opera non fa mistero dell'ombra del capitalismo che vi si proietta, Bansky sembra essere un grande ipocrita, perché il suo è un "anti-capitalismo" al servizio del plus-valore: una "protesta" che rinforza la capitalizzazione del discorso artistico è, nel migliore dei casi, un attestato di ottusità; nel peggiore, una riprova di profonda malafede. Alla luce di questo, c'è da scommettere che il supposto anonimato di questo artista serva a nascondere l'identità (e l'entità) del suo conto in banca, più che della sua persona.

(1) "Bansky, l'opera da 1,2 milioni di euro si autodistrugge all'asta di Sotheby's", Corriere della Sera, 06/10/2018.
(4) "L'arte di Christo: il Talento del Capitale", Cemento Mori, 06/07/2016.

Nessun commento:

Posta un commento