mercoledì 10 luglio 2013

COME LE MAFIE ARRIVARONO A CONQUISTARE LA COSA PUBBLICA

 (Difficoltà: 2,1/5)

Bruno Caccia, coraggioso servitore dello StatoA fronte di uno Stato disorganizzato e inefficiente, succube di ladrocinii e incompetenza dirigenziale, l'"Antistato" se la passa piuttosto bene.
Se ripercorriamo le tappe dell'attuale dominio mafioso in Italia, appare chiaro che esiste una “storia della mafia” come esiste una storia d'Italia. Di più: le due storie per larghi tratti coincidono, come appare evidente in libri come “Storia della Mafia” di G. C. Marino (Roma 1998).


Il "Calvinismo" Mafioso

Quello che non cessa di meravigliare, è il carattere "calvinistico" al fondo dell'operare mafioso. Ciò spiega in buona parte perchè la "Mafia spa" sia la più grande azienda del Paese. Le mafie sanno operare con un codice di integrità che sembra paradossale se confrontato con il business che perseguono. Il fatto che si tratti organizzazioni criminali tempera anziché allentare i loro vincoli a una disciplina che si mostra per più aspetti intransigente. Le promesse vengono mantenute, gli sgarri e i tradimenti puniti fin nel dettaglio minimalistico. Il carattere clandestino delle loro attività, infatti, impone l'applicazione spietata di certi codici comportamentali.  Il procacciamento e mantenimento della “roba” e del potere sul territorio non può aver luogo senza l'osservanza spietata di regole autoimposte. Le mafie perseguono i loro obiettivi con una tale severità e autodisciplina all'interno delle rispettive organizzazioni da poter insegnare allo Stato Italiano come si conduce uno Stato, non viceversa. La conquista dello Stato da parte delle mafie, che si sta compiendo a passi da gigante, parte dall'egida del "buon esempio": le mafie meritano di essere “Stato” perchè, nel confronto con quello ufficiale, sanno imporsi una condotta di etica e disciplina organizzative che lo Stato può solo sognare. Lo Stato non applica la stessa disciplina nel combattere le mafie che queste profondono nel combattere lo Stato. Per questo gli spazi di giurisdizione dello Stato Italiano diminuiscono ogni anno di più, divorati dall'inarrestabile incedere delle mafie.


Le Tappe della Conquista Mafiosa della Cosa Pubblica

Qual è quindi la Storia delle mafie e come si è articolato il loro progressivo trionfo? Tralasciando le origine più arcaiche (il dominio borbonico e lo sbarco dei Mille, ma anche il più recente sbarco di Sicilia) non è difficile distinguere, a noi più vicine, tre fasi progressive che hanno costituito la vera chiave di volta verso lo status attuale:
  1. a partire dalla fine degli anni '60 e per circa 20 anni, i sequestri di persona sono serviti alle mafie a raccogliere denaro per consolidarsi nel mercato della droga (soprattutto eroina), emergente e molto remunerativo. Prima fenomeno quasi esclusivamente appannaggio dell'Anonima Sarda (che si pensò non collegata a organizzazioni mafiose), i sequestri di persona si moltiplicarono su tutto il territorio italiano, protagonizzati dalla Ndrangheta (cfr. articolo d'archivio).  L'assassinio nel 1983 a Torino del magistrato Bruno Caccia (l'unico magistrato ucciso da una mafia nel Nord Italia) ad opera della Ndrangheta è chiaro indizio di una presenza già consistente delle organizzazioni mafiose nel Nord iper-produttivo e industrializzato.
  2. Con lo smercio della droga dagli anni '70, le mafie hanno potuto conseguire un potere economico straordinario, che ne ha incentivato, com'è ovvio, una più efficiente organizzazione interna. La necessità di giustificare l'enorme mole di liquidità ricavata dalla droga, impone alle mafie l'ausilio di strumenti di riciclaggio sempre più complessi. Non è un caso che il concetto di “money laundering” (riciclaggio) divenga universalmente popolare nel corso degli '80 proprio in connessione con lo straripante traffico della droga.
    Per “lavare” il denaro, all'inizio c'erano stati i ristoranti, le lavanderie, i casinò e altri business ad alto tasso di liquidità. Poi vennero la fagocitazione di imprese locali, fino a includere intere aree produttive, e gli appalti delle opere pubbliche.
  3. Un'ulteriore fase prevede proprio l'ingresso delle mafie nell'economia lecita. Ciò era già avvenuto indirettamente con la pratica del racket (in verità più uno strumento di controllo territoriale che di arricchimento). Ma la crisi del 2007, con la stretta creditizia che ha prodotto, ha permesso un salto di qualità ad attori economici provvisti di enorme liquidità, quali le mafie con i loro traffici di stupefacenti: ora l'accesso all'economia lecita prevede l'acquisizione di intere imprese, distretti o settori industriali (notoriamente l'edilizia, in particolare con il “movimento terra”). La mafia arriva così a “consumare” come un virus cancerogeno l'economia “sana” di un paese, grazie alla disponibilità di capitali affatto esogeni rispetto all'attività legale perseguita, maturati con il commercio degli stupefacenti. Aziende operanti in ampi settori legali dell'economia non possono sostenere una concorrenza armata con simili bocche di fuoco, e sono costrette a fallire o a vendersi ai criminali mafiosi e ai loro prestanomi.
  4. L'“emersione” dell'economia mafiosa, che si nasconde dietro attività apparentemente lecite, costituisce la premessa della conquista del potere politico, prima locale, poi nazionale e forse, un giorno, europeo. Perchè “europeo”? Perchè le mafie (eminentemente la 'Ndrangheta) hanno già esteso le loro trame in Europa, e per es. sono proprietarie di un intero quartiere nella città di Brussels già dall'epoca in cui si sapeva che questa sarebbe diventata il cuore della Comunità Europea.
    Chiunque può constatare lo stato di avanzamento del controllo mafioso della vita politica nel Paese, non più limitato ai Consigli di piccoli Comuni nelle regioni d'origine, ma esteso al Nord e fin addentro alle più alte istituzioni nazionali. Introducendosi direttamente nella politica, le mafie possono regolare più direttamente che per il tramite di intermediari la distribuzione degli appalti.
  5. Una volta consumato l'accesso diretto alla politica, un altro esito naturale è quello dell'azione legislativa diretta a riformare in senso più permissivo e meno punitivo il complesso delle leggi antimafia, per la duplice via di leggi ordinarie e costituzionali. Il tutto mirante all'instaurazione di una circolarità virtuosa per le mafie: minori i controlli e le punizioni, maggiore la libertà d'azione in senso economico e politico, che a sua volta produce un ulteriore “addomesticamento” dell'attività antimafia, destinata infina a funzionare come vuoto involucro di facciata propagandistica (carattere in parte esibito con gli arresti “clamorosi” di esponenti dell'ala militare della Mafia negli ultimi due decenni).

Conclusione: lo Stato-Mafia

Ho parlato di una “circolarità virtuosa” instaurantesi con l'accorpamento delle strategie mafiose con quelle della politica nazionale. Ma si deve parlare parallelamente anche di una “chiusura del cerchio”: il vecchio antagonismo fra mafie e Stato, le cui origini molti studiosi riconducono ai guasti della tarda dominazione bornonica, è superato in una sostanziale identità fra lo Stato e la criminalità mafiosa, dove la seconda si annette il primo dopo avervi convissuto per più di un secolo.



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