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LA SOCIETA' CONTEMPORANEA: UNA QUESTIONE DI AUTOMATISMI
Vorrei mettere agli atti un episodio
capitatomi recentemente. Mi trovavo alle poste per recapitare una
lettera raccomandata di tipo 1. Entro, mi faccio dare il modulo,
compilo e aspetto paziente il mio turno. L'ufficio è pieno di
extra-comunitari, dal momento che esso sorge in un'area della mia
città di particolare varietà etnica. Le uniche due impiegate allo
sportello sembrano far di tutto per esasperare i numerosi clienti,
che infatti iniziano a protestare, seppure con ironia: solo uno
sportello è aperto alla volta, perché, per chissà quale problema,
un cartello “sportello chiuso” si alterna all'uno e all'altro
degli unici due sportelli accessibili. Il sospetto è che il
direttore di filiale faccia fare un po' di back office alle
impiegate. Una delle due impiegate, quella di cui dirò più avanti,
batte i tasti con una lentezza che pare studiata: per chi fosse
pratico di dattilografia, diciamo che fatica ad arrivare alle
quindici parole al minuto, e non sto scherzando. Ma soprassediamo
sulla proverbiale voglia di lavorare della fauna impiegatizia del
pubblico impiego: non è questo il punto che voglio discutere qui.