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E’
impossibile, per una persona civile, non condannare
l’infame gesto di (nome), il terrorista che ha recentemetnte ucciso 50
musulmani sparando all’impazzata in due moschee in Nuova Zelanda. Per persone
civili, l’odio non può trovare giustificazioni, anche quando avviene in risposta
ad altro odio. Perché le cose vanno dette tutte: le 50 persone non meritavano
di morire, ma quello che esse sentivano quotidianamente dalle parole dell’imam
e leggevano sul testo di riferimento della loro religione non erano parole di
amore e tolleranza, bensì parole di odio,
violenza e sopraffazione verso tutti i non aderenti all’Islam. Che l’odio
richiami l’odio è un fatto della natura umana, è ciò che ci fa essere ciò che
siamo. Ma l’odio va “razionalizzato” e incanalato nei limiti di una risposta civile,
anche se – quando le circostanze lo richiedano - spietata e risolutiva. Deterrenza
e giustizia sono le parole chiave, criteri di civiltà che impongono che si
debbano colpire i responsabili diretti o indiretti di attacchi e soprusi, non
delle persone innocenti ritenute
colpevoli “per associazione”.