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“Era solo una provocazione” è una frase che sentiamo spesso detta dai nostri politici ai giornali o in occasioni pubbliche. Di solito viene utilizzata, questa frase, come riparo e rettifica di qualcosa di maldestro e inopportuno detto in precedenza, e che potrebbe esporre a una salatissima querela o a un calo di consensi. E' diventata, insomma, un modo per tentare di relegare veri e propri obbrobri o insulti al rango di espediente retorico per attirare l'attenzione su un problema, come se l'inaccorta uscita fosse nient'altro che un elemento del dibattito politico.
“Era solo una provocazione” è una frase che sentiamo spesso detta dai nostri politici ai giornali o in occasioni pubbliche. Di solito viene utilizzata, questa frase, come riparo e rettifica di qualcosa di maldestro e inopportuno detto in precedenza, e che potrebbe esporre a una salatissima querela o a un calo di consensi. E' diventata, insomma, un modo per tentare di relegare veri e propri obbrobri o insulti al rango di espediente retorico per attirare l'attenzione su un problema, come se l'inaccorta uscita fosse nient'altro che un elemento del dibattito politico.
Cos'è Veramente la Provocazione?
In realtà, la “provocazione”,
quella vera, è se vogliamo un artifizio retorico che mira a
presentare all'interlocutore le estreme conseguenze e somme di quanto
da lui detto, enunciate in modo volutamente paradossale. Per esempio,
se la Lega affermasse (ipotesi tutt'altro che peregrina) che gli
extracomunitari devono essere sottoposti a pene più severe per
disincentivare una loro “più naturale tendenza a delinquere”, e
un oppositore politico rispondesse: “Allora se già sappiamo che
delinqueranno, mettiamoli tutti e quanti in galera preventivamente”,
questa è una provocazione. Essa serve a
smascherare il carattere razzista della proposta della Lega, celato
dietro il velo di una normale proposta politica. Nel porre le estreme
conseguenze di un ragionamento, in realtà ci si avvicina a quelle
che sono le reali intenzioni del proponente la legge. La provocazione
svolge un'opera di verità che penetra più a fondo di ogni possibile
analisi logica e letterale.
La differenza tra provocazione “buona”
e provocazione “cattiva” sta nell'assenza, nel primo caso, di un
carattere letterale di quanto si dice. Certo ciò dipende anche da
chi lo dice: quest'ultima stessa affermazione in bocca a un'esponente
leghista potrebbe essere presa sul serio, cioè letteralmente.
Ma passiamo a descrivere in dettaglio le due versioni di provocazione “cattiva".
Ma passiamo a descrivere in dettaglio le due versioni di provocazione “cattiva".
1) La “Provocazione” come Pretesto:
“Era solo una Provocazione”
Per l'esempio opposto, si può guardare
a Berlusconi. Nel giugno del 2012, B. azzardava l'ipotesi di un'uscita
dall' euro (qui un'articolo). Di fronte alle prevedibili reazioni negative da parte
politica (Casini: “Se la volonta' del Pdl e' uscire dall'euro,
Berlusconi lasci anche il Ppe. Non si puo' stare in una casa e
sostenere le idee esattamente contrarie") ma, c'è da
scommetterlo, anche nei sondaggi, ecco il dietrofront: “Era solo
una provocazione”: B. in realtà auspicava quell'unità politica
europea che scongiurerebbe proprio l'uscita dall'euro. Ipotizzare che
B. intendesse qui applicare una “provocazione” secondo il modello
virtuoso che io ho descritto, significherebbe ammettere che a B.
freghi qualcosa dell'unità politica europea come progetto
internazionale di lungo corso: una troppo generosa concessione per un
politico che vive da decenni nell'immediatezza dei suoi livori e
appetiti, e nella temporalità brevilinee e spasmodica che costerna
il suo status di homo economicus (i conti delle sue aziende) e di
homo criminalis (i conti con la giustizia).
2) La “Provocazione” come Ricatto:
il Racket Mafioso entra in Parlamento
Ma la provocazione può anche non
essere semplicemente un'etichetta appiccicabile post factum per scopi di rettifica.
Può anche assumere la forma di un'esca lanciata nel mare della vita
politica e istituzionale, che è fatta anche di compromessi, sempre
interpretati dalla volgarità berlusconiana come “scambi”. Un
caposaldo della strategia politico-comunicativa di B. è quello di
“sparare” dichiarazioni per vedere l'effetto che fa. Ciò vale
sia nei confronti dell'elettorato (per cui poi le reazioni si
registrano nei sondaggi), sia nei confronti delle altre parti
politiche in seno alla trattativa politico-parlamentare per la
risoluzione legislativa dei suoi problemi giudiziari e la messa a
frutto dei suoi conflitti di interessi. Su quest'ultimo versante, la
strategia è la seguente: se lui ha in mente di ottenere 50, spara
per ottenere 100 e, se tutto va bene, può pure ottenere 80, cioè più
dell'obiettivo che si era prefisso inizialmente. Inutile precisare che in anni di
falsa opposizione da parte del “PdmenoElle” (Grillo), questo si è
verificato più di qualche volta. In particolare in tema di
giustizia, B. ha più volte posto i magistrati e il sistema della
giustizia in generale, e quindi l'intero paese, di fronte alla
prospettiva di una paralisi totale per via legislativa costringendo
le parti politiche (e i magistrati stessi, non di rado intimiditi) a
concessioni facenti capo alle sue pendenze processuali. Nel 2008, B.
minacciava un taglio del 40% dei fondi alla giustizia, la riduzione
dello stipendio ai magistrati, l'abolizione delle intercettazioni e
la cancellazione di 100.000 processi, se non si fosse approvato il
cosiddetto Lodo Alfano. E' la stessa logica del “racket”
criminale, denominata per l'occasione “dialogo”, come spiega qui Travaglio.
Conclusione
Per riassumere, la versione inautentica di provocazione può rispondere a due diverse esigenze:
1) riparare una gaffe, una
dichiarazione avventata e arrischiata, per evitare querele e cali nel
consenso politico.
2) Saggiare il mercato elettorale e la
disponibilità a compromessi dei vari attori politici e
istituzionali.
La comprensione delle varie distinzioni
interne al concetto di “provocazione” può essere per noi uno strumento
in più nell'impegno di decifrazione delle reali intenzioni dell'agire
politico, a beneficio di una scelta di voto più cosciente.