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Come forse qualcuno saprà, Cartesio, l'iniziatore dell'era moderna del pensiero filosofico, divide il mondo – e quindi la conoscenza del mondo – in due dominii: da una parte l'IO e dall'altra la NATURA. E' il cosiddetto “dualismo cartesiano”. Eccone le caratteristiche:
Come forse qualcuno saprà, Cartesio, l'iniziatore dell'era moderna del pensiero filosofico, divide il mondo – e quindi la conoscenza del mondo – in due dominii: da una parte l'IO e dall'altra la NATURA. E' il cosiddetto “dualismo cartesiano”. Eccone le caratteristiche:
a) l'IO (Res cogitans) è l'anima,
inestesa, consapevole, libera. Costituirà base teorica per la
nascita delle filosofie idealistiche. Si identifica con l'uomo come
essere pensante.
b) La NATURA (Res extensa). E' il mondo
naturale, esteso, materiale e meccanico, determinato dall'altro e
quindi non libero, e non cosciente di sé. Costituirà base teorica
per le filosofie materialistiche e per la scienza moderna basata
sullo studio materiale e sperimentale delle cause. Si identifica con le cose.
Dove si colloca il mondo animale in
questo dualismo? Dichiaratamente per Cartesio, nel mondo naturale: l'animale non ha
volontà, non ha libertà, e agisce per ogni cosa come agirebbe un
metallo attratto da un magnete, o un peso sottoposto alla legge di
gravità.
Naturalmente, la Storia ha fatto
giustizia di una visione troppo condizionata dai pregiudizi del
proprio tempo: la visione della mente umana come qualcosa di libero
dai condizionamenti del corpo è stata consegnata ai polverosi scaffali
dell'archeologia filosofica (si pensi per esempio alla
neurochimica), e gli animali sono ora considerati esseri pensanti, soggetti a sofferenze non solo fisiche ma anche
psicologiche, e ai quali persino la Chiesa in certe istanze sembra
voler attribuire un'anima.
Percezione e Calcolo: Quando Differenziarsi dall'Animale Significa Assimilarsi alla Macchina
Ma vorrei qui riflettere su un punto.
Se noi diciamo di uno che "pensa come un computer", non gli stiamo
rivolgendo un bel complimento. Infatti, così dicendo neghiamo la sua
umanità e gli diamo della “macchina”. Questo perchè anche il
computer elabora dati secondo rigorosi passaggi logico-matematici che
hanno origine dall'algebra booleana (la quale traduce in numeri
elementi della logica proposizionale), e questo modo di “pensare”
è tutt'uno con il modo con cui il computer è costruito, con la sua
circuitazione: ad es., le proposizioni vere, rappresentate dal numero “1”,
vengono tradotte nel passaggio della corrente attraverso l'apertura
di una porta, mentre le proposizioni false (“0”) si segnalano per l'interruzione della corrente con la chiusura della porta. Quindi “pensiero” e materia, attività
“mentale” e dinamiche fisiche coincidono, con buona pace del dualismo
cartesiano, perchè gli elementi della logica sono traducibili
nientemeno che nell'ambito di una gestione circuitale degli impulsi
elettrici che fanno operare i nostri computer. Non è una novità del resto che il computer, il cui
funzionamento ricalca quello del cervello umano (e infatti all'inizio
prendeva il nome di “cervello elettronico”), eccelle nelle
attività “umane” come il calcolo razionale (ad es. negli
scacchi), mentre è largamente deficitario, nonostante i progressi
tecnologici, nelle attività che condividiamo con gli animali, quali
la percezione e il riconoscimento fisico: quando al computer è
richiesto di riconoscere il volto umano del suo possessore per
garantire accessi in sicurezza, la cosa non regge il confronto
con la capacità del cane di riconoscere il padrone. E va sottolineato che le facoltà percettive, e non il calcolo logico e computeristico, stanno alla base dell'interazione che noi definiamo "umana" (ma che in realtà condividiamo con gli animali, come si è visto), e ciò principalmente perchè per relazionarci all'altro, anche affettivamente, dobbiamo prima percepirlo.
Il messaggio è quindi chiaro: il
computer è lì a dimostrare che, nell'essenza, ciò che rende l'uomo diverso
dall'animale è anche ciò che lo condanna a essere una “macchina”,
ancora con buona pace di Cartesio.
Input-Output
Vorrei infine raccontare un episodio
che mi è capitato, e che penso contenga della forza illustrativa. Qualche anno fa mi recavo ogni sabato a Padova
per seguire un corso di tedesco. Tra i colleghi studenti, spiccava
una ragazza tra i 25 e i 30 anni, che era marketing manager (o qualcosa di simile) in una
certa azienda. La cosa che più mi colpiva di questa persona, a
parte il fatto che la carriera
figurava come “il suo valore più importante”, era il suo modo di
prendere appunti. Per ogni regola grammaticale o frase-esempio che il
professore enunciava, questa persona segnava una singola parola. Il
risultato era stridente: sui nostri quaderni valanghe di testo; sul
suo, singole parole incolonnate, ognuna “spia” di una frase o
esempio rilevante per un'ipotetico studio successivo. Come per un
qualsiasi computer, singole parole-chiave erano in grado in questa
persona di innescare associazioni quasi meccanicamente, secondo un
sistema di input e output che aveva poco di umano. Per
uno strano motivo, quell'esperienza mi fece orgoglioso della mia
animalità, certo forse un po' meno efficiente, ma sicuramente più
schietta e “umana”.