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“Nel mondo realmente rovesciato, il vero è un momento del falso.” (SdS, §9).
Questi enunciati da “La Società dello Spettacolo” (Guy Debord,
1967), danno la summa paradigmatica di ciò che è lo spettacolo: la
vita stessa per ciò che si è fatta, sequestrata dal potere falsificante dell'immagine,
all'interno di un mondo messo sotto-sopra, dove l'immagine è l'unica cosa di reale e la realtà è evaporata in una serie di immagini. In tutto ciò, i media sono solo la
manifestazione più apparente dello Spettacolo (cfr. Sds, §24), che
è di per sè l'infinita articolazione della menzogna sulla vita e
sui rapporti sociali, l'autocertificazione di un potere che si vuole
onnipresente ed eterno.
Quando i media parlano della Chiesa,
quando cioè le manifestazioni più tradizionali dell'autoritarismo
spettacolare s'incontrano con i suoi cantori, allora il rovesciamento
del rapporto tra immagine e realtà si appalesa con irruenza
atterrente, e solo la teoria critica, la critica marxiana dello
Spettacolo, può lacerare il velo di Maya. L'elezione di un papa in
un tempo di crisi politica, economica e morale (dentro e fuori della chiesa cattolica) doveva necessariamente
implicare un surplus di nascondimento, a copertura dell'ennesimo
tentativo di riorganizzazione del potere spettacolare. Circostanze
eccezionali richiedono menzogne eccezionali o, se si preferisce, un surplus di ideologia. Ma è proprio in questi
momenti che lo Spettacolo apre il fianco alla teoria critica. Proverò
qui a isolare alcuni punti rivelatori nel dibattito succedaneo
all'elezione a papa di Bergoglio, ma non prima di aver lanciato un
monito, e cioè che il caleidoscopio fenomenologico di nascondimenti
e menzogne mediatici non può ricevere senso che da un unico concetto: il potere dello
Spettacolo.
- “La scelta del nome Francesco è il segnale del ritorno a una dimensione più spirituale, più povera.” (De Bortoli, min. 6:40). Papa Francesco di francescano ha solo il nome. C'era un candidato-papa francescano, ma non è stato eletto: si chiama Sean Patrick O' Malley ed è statunitense. Se si avesse voluto dare un segnale vero sul versante di una riforma nel senso della moderazione delle aspirazioni temporali della Chiesa (per es. l'abolizione dello IOR e la sua sostituzione con una banca etica), si sarebbe eletto un francescano vero, avendolo a disposizione. Invece si è optato per una rivoluzione nominale, quindi una rivoluzione di facciata, quindi una controrivoluzione.
- “... un ritorno alle origini, al Vangelo, all'Annuncio, alla missione di una Chiesa disincarnata dal potere e dalle sue pompe.” (Ezio Mauro). Nel XVI sec. la nascita dei movimenti protestanti scosse la chiesa cattolica, che reagì in due modi complementari ma eterogenei: a) avviando un processo di riforma interna; b) avviando un processo di controriforma (per la ri-cattolicizzazione dei territori caduti in mano al protestantesimo (articolo Wiki). L'ordine dei Gesuiti, fondato nel 1534 dal nobile ed ex-soldato Ignazio di Loyola, si pose in prima linea nell'opera di restaurazione anche territoriale dell'influenza della Chiesa. Organizzati militarmente, i Gesuiti si votarono all'assoluta fedeltà e obbedienza al papa e si distinsero per l'aggressività con la quale perseguirono gli obiettivi della Controriforma. La scelta di un gesuita è quindi la scelta che più di tutte segnala un arroccamento della Chiesa su posizioni reazionarie, come già 450 anni prima. L'esigenza di una riforma profonda della Chiesa che si richiami alla riscoperta dell'autentico messaggio evangelico è, allora come ora, un affronto alle mire temporali delle alte gerarchie vaticane. Più degli aneddoti a edificazione di un'immagine evangelico-pauperistica del nuovo papa (egli si sposta in metropolitana, bacia i piedi dei poveri ecc.), conta la storia personale e quella dell'Ordine da cui il nuovo papa proviene. L'elezione di un siffatto papa è un falso cambiamento stante un ulteriore fattore, semplice e conclusivo: il principio gesuita dell'obbedienza incondizionata al papa, che fa sì che non vi sia rottura, bensì continuità con il papa precedente.
- Il messaggio di cambiamento – come abbiamo visto tanto illusorio da convertirsi nel contrario – che si è voluto dare con l'elezione di papa Francesco è l'indizio più lampante del fatto che le dimissioni di papa Ratzinger non furono causate da motivi di salute, come tanto si tenne a dire, cioè non furono spontanee ma “spintanee”: il papa tedesco fu indotto alle dimissioni perchè il crollo di credibilità della Chiesa dovuto all'accavallarsi di scandali e soprusi (pedofilia, IOR, conferma dei privilegi fiscali a dispetto della crisi economica mondiale, ecc.) imponeva un'urgente ristrutturazione della facciata della chiesa romana.
Conclusione
E' sorprendente come nemmeno le personalità più orgogliosamente laiche, intellettualmente libere e storicamente colte, come Paolo Flores D'Arcais (vedi, ma anche la trasmissione della Gruber), abbiano potuto afferrare la verità dietro l'apologetica asfissiante e unisona delle analisi seguite all'elezione di questo papa, quando il filo rosso della conoscenza storica avrebbe invece dovuto strangolare il crogiuolo di menzogne fin nella culla. Come scrive Debord nei Commentari: "La prima intenzione della dominazione spettacolare era quella di far sparire la conoscenza storica in generale; prima di tutto pressochè tutte le informazioni e tutti i commenti ragionevoli sul più recente passato." (Commentari Sulla Società dello Spettacolo, §VI). Evidentemente, laddove la memoria non cade vittima dello stillicidio, subisce comunque la spinta conformistica della propaganda spettacolare.
Ps.: si era a lungo parlato della possibilità di eleggere finalmente un papa italiano. Il papa è stato scelto sud-americano perchè in quelle terre l'effluvio emorragico di fedeli – in direzione di comunità evangeliche, sette pentecostali ecc. - assume i contorni dell'emergenza. Tuttavia, in ossequio alla logica del controllo spettacolare che mira ad accontentare tutti senza soddisfare nessuno, il nuovo papa ha vicine radici italiane.
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