La chiave della crisi dei giornali sta non nell'obsolescenza del supporto cartaceo, che é aspetto affatto formale e prescindibile, ma nei contenuti, si dice. Più che nella inutilità pretestuosa dei contenuti, ci sarebbe qualcosa da dire sull'approccio ai contenuti. L'approccio dei quotidiani alle notizie del giorno riflette poco o nulla il nuovo stato di cose, fatto di crisi finanziaria, spread ecc.; ma, soprattutto, riflette poco lo iato fra ricchi e poveri, che in Europa e nel mondo - ma soprattutto in Italia, che è tra le molte cose un paradiso fiscale di fatto - ha raggiunto livelli sauditi.
E' ora di cominciare a fare poco sul serio
Le notizie dedicate ai ricchi potrebbero essere dapprima passate sottobanco e lontano dall'intendimento indiscreto dei pezzenti i con titoli esotici del tipo "Tycoon news". Sarebbe uno dei pochi casi nei quali l'inglese verrebbe utilizzato dai nostri intellettuali in modo appropriato e anzi utile perché al servizio di una convivenza pacifica. Si potrebbe per esempio vagliare l'iniziativa con un inserto che raccolga dapprima le notizie più sfacciatamente da ricchi, come la crescita del leasing sugli yacht per l'anno in corso, o la nuova composizione dei salotti romani: i nobili che escono, quelli che entrano, su quanti cognomi possono contare ecc. In un secondo tempo, si potrà in modo graduale aggiungervi notizie da selezionare in base a implicazioni decrescenti di censo, avendo estrema cura tuttavia di evitare improprie commistioni e di non trasbordare nello schiettamente "povero", cosa che di sicuro farebbe incazzare disoccupati, stagisti e salariati da paga minima più dei tagli alla sanità. Che equivale a dire: tenersi sempre a nord di Mandarina Duck.
----------------
Naturalmente, data la complessità di questa operazione
rivoluzionaria - ma con comunque il conforto di una già marcata
determinazione del gap fra riccastri e poveracci nella fase
decrescente della crisi - possono sorgere delle incertezze
procedurali. Vediamone alcune, di seguito:
1) le notizie sui provvedimenti governativi in termini di lavoro, welfare, fiscal drag ecc. a quale dei due compartimenti dovrebbero essere destinate?
Certo gli argomenti suonano più confacenti a chi è costretto quotidianamente a centellinare ogni spesa. Ma, guardando meglio soprattutto alla politica degli ultimi governi, anche ciò che dovrebbe avere a tema un miglioramento delle condizioni della popolazione meno abbiente diventa un'occasione per aumentare il gap di cui si è detto. La politica del lavoro coinvolge il tema della diminuzione del suo costo, e della possibilità di licenziare, quindi della fungibilità e sacrificabilità del lavoratore. In sostanza, guarda esclusivamente alle imprese. Per ciò che riguarda il welfare, non è che si pensi a cavare i denari che servono all'evasione fiscale o ai patrimoni milionari ecc.
Per cui, in sostanza, tutto ciò che riguarda le politiche dei governi va messo nella sezione dei ricchi. Ogni (rara) distinzione dovrebbe far prevedere nella sezione dei poveri l'apertura di una rubrica a carattere saltuario, tenuta da un neolaureato assunto con la formula del "job-on-call".
2) Che ne sarà delle riviste di gossip? Il popolo dovrà rinunciare alla Hunziker e a Briatore e a tutte le starlette e trafficoni?
Poiché a nessuno gliene frega un cazzo delle avventure galanti o goderecce di un metalmeccanico cassintegrato, le riviste di gossip, già riempite dai ricchi, dovrebbero anche essere destinate esclusivamente e tassativamente a un target di ricchi. In caso contrario, il rischio di creare invidia sociale in coincidenza con l'inasprirsi del gap poveri-ricchi è concreto. Un povero dovrebbe essere scoraggiato dal leggere questi magazine già dal prezzo di copertina, che si dovrebbe muovere in una forchetta tra i 70 e i 150 euro, con eventuale toscano extra-vecchio in omaggio. La strategia per l'esclusivizzazione in senso plutocratico di riviste come "Visto" e "Dipiù" dovrebbe prevedere la progressiva creazione a tavolino di una allure aristocratica, mercè anche l'inclusione nelle riviste di buoni sconto spendibili da Bulgari e di inserti multimediali dove abbondino le “r” mosce.
3) Altra perplessità potrebbe essere quella rivelata dalla domanda seguente: che minchia resta da metterci nei "giornali per poveri"? Semplice: notizie di disgrazie (messaggio: “potrebbe andarvi peggio”), di omicidi passionali (“vi restano pur sempre sesso e amore”), di incidenti stradali (“non invidiate i tipi con le auto potenti, perché ci si ammazza”), di fame nel mondo (cfr. “disgrazie”) e via elencando.
L'associazione deve arrivare direttamente nella mente primitiva o primitivizzata dei pezzenti: "Essere ricchi fa schifo. Ma anche se fosse bello, voi non lo sarete mai quindi fatevene una ragione e regolatevi."
Tirando le somme
La nuova situazione sociale è chiara, il piano lo deve
essere altrettanto. Scopo della strategia di riorganizzazione del
panorama informativo che ho descritto deve essere un salto di qualità
che porterebbe il contadino non solo a non sapere quanto è buono il
formaggio con le pere, ma anche e soprattutto a preferirgli un
clistere.
Nessun commento:
Posta un commento