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Come
tutte le pratiche che mantengono all'origine un'accezione negativa
però (la persona “compromessa” è, per il vocabolario italiano,
una persona sputtanata) il loro adattamento a contesti positivamente
costruttivi (come, nello specifico, un accordo politico che risolve una questione) avviene sempre in modo condizionato: è frutto esso
stesso di un compromesso. E in effetti, il compromesso in politica è, nel migliore dei casi,
acqua calda zuccherata; nel peggiore, l'esito di un ricatto.
Se
si approfondisce l'analisi del concetto, si vedrà infatti che il confine che separa il compromesso dal ricatto può essere piuttosto labile (o ricco di andirivieni). Alla base c'è lo scambio: il compromesso
implica l'“io concedo qualcosa a te affinchè tu conceda qualcosa
a me”; il ricatto implica l'“io faccio qualcosa per te affinchè
tu non faccia qualcosa contro di me”. Quante volte, in politica, si
scambia per compromesso quello che in realtà è un ricatto? Sicuramente, in quel mercimonio fra destra e sinistra che è stata la politica italiana degli ultimi 20 anni, il rischio di confusione fra i due concetti si riduce di parecchio.