L'offerta di giornalismo nel nostro paese viene incontro a una domanda precisa. Il giornalismo è l'"onda corta della Storia", il resoconto del giorno prima, dove la terra dei fatti è popolata di curiosità, indiscrezioni, morbose frattaglie, opinioni e cazzate di varia natura.
Si può dire con buone ragioni che la passione per i fatti giornalistici e i talk show politici sono l'antitesi della passione per la Storia. La collocazione della gens italica nella diatriba è chiara come più non potrebbe: gli italiani non sono
appassionati di Storia, quanto di storie.
Non l'uccisione di Cesare, ma semmai i report di coroner e scientifica che avrebbero potuto riguardarlo, i plastici di Vespa, le indiscrezioni su un ulteriore congiurato rimasto taciuto ecc. Non, quindi, domande sul significato dell'avvenimento storico, e l'apprezzamento delle sue propaggini sulle rive della nostra epoca, ma piuttosto la curiosità cronachistica, il retroscena, il pettegolezzo sul come o sul chi.
Non l'uccisione di Cesare, ma semmai i report di coroner e scientifica che avrebbero potuto riguardarlo, i plastici di Vespa, le indiscrezioni su un ulteriore congiurato rimasto taciuto ecc. Non, quindi, domande sul significato dell'avvenimento storico, e l'apprezzamento delle sue propaggini sulle rive della nostra epoca, ma piuttosto la curiosità cronachistica, il retroscena, il pettegolezzo sul come o sul chi.
L'Italiano "Narciso" della Storia
E che dire della Chiesa? Anche la Chiesa ha sempre seguito l'onda corta
della Storia: quella dei suoi interessi. Chi afferma che il Vaticano
ha steso il velo dell'oblio su una storia gloriosa si sbaglia: la
chiesa di Roma è sempre stata ciò che è oggi, e Pietro, fondatore della Chiesa, era attaccato al denaro tanto quanto tutti i "gerarchi della croce" dopo di lui. E questo è ciò che
contraddistingue l'approccio italico all'idea di sè: far arrivare la
cultura dove la genetica non arriva, e trasformare il vizio in una
“tradizione” da custodire.
Come la Chiesa non è un'istituzione
che si è pervertita strada facendo, bensì in ogni tempo il “tempio
che va dal mercante”, così l'Italiano è il mercante che ritorna a
sè in un glorioso circolo hegeliano. Lo sguardo storico, quando c'è, restituisce agli occhi dell'Italiano medio (inclusi certi intellettuali e "storici") l'immagine di un Narciso invecchiato e devastato dal
vaiolo. Vale a dire che mentre tutti i popoli indagano la Storia per cercare le ragioni di ciò che sono diventati, l'Italiano cerca nella Storia, selettivamente, un conforto per l'immagine di sè che già possiede. E' per questo che non si va più in là di uno sguardo superficiale al fascismo, per risaltare il fatto che creò le pensioni, che bonificò le paludi, che faceva arrivare tutti i treni in orario e simili stronzate. Troppo annichilente per la propria autostima sarebbe l'impietoso confronto con la gloria culturale e artistica di un passato più o meno lontano.
Che senso ha ricordare all'Italiano l'onda lunga della Storia, che le
nostre radici sono nel glorioso Impero Romano, nella letteratura del
'300 e nel Rinascimento, nella Resistenza contro il nazi-fascismo, se
poi le onde corte delle sue cervella lo portano a rendicontare solo
le inezie legate alla sua condizione di sub-cittadino?
Un popolo che non conosce e non sa apprezzare il proprio passato si trova con meno mezzi per costruire un futuro degno.
Se la Germania
durante la Seconda Guerra ha toccato il fondo, la Storia d'Italia è
una rete di cunicoli sotterranei.
Nessun commento:
Posta un commento