BASTA CON IL GIORNALISMO-LETTERATURA!
Se c'è una cosa che mi fa incazzare, è
l'eccesso di letteratura che si respira nei nostri giorni anche nel giornalismo. Il
giornalismo dovrebbe essere descrittivo, non evocativo. E ciò in
onore e nel rispetto delle tematiche che affronta e del suo intento
cronachistico. Tutto il resto è fare della letteratura da parte di chi letterato non è, indebita affettazione degli eventi. Sovente, è squisitamente una questione di stile, in buona parte assimilabile ad
un uso della paratassi talmente eccessivo da diventare
impressionismo, come in tanta letteratura dei giorni nostri.
"Impressionismo" paratattico
Cos'è
la paratassi? Sostanzialmente, è uno stile di scrittura che si basa
sull'uso di proposizioni principali, escludendo dall'articolazione
del periodo le subordinate, le proposizioni secondarie. Così, un
periodo del tipo (sto improvvisando): “Percepii nell'aria l'odore
che si avverte di solito negli ambienti occlusi nei quali dei lavori
di imbiancatura siano stati da molto interrotti, vuoi per negligenza
o per improvvisa mancanza di risorse, dal momento che, si sa, il
senso olfattivo è acuito da uno stato di tensione e di allerta come
quello in cui ero io in quel momento” diventa: “Percepii
nell'aria un odore. Quello che si avverte negli ambienti occlusi.
Quando dei lavori di imbiancatura siano stati interrotti. Negligenza. Improvvisa mancanza di risorse. Chissà. Il senso
olfattivo è infatti acuito da uno stato di tensione. E di allerta. Quello in cui ero io. In quel momento.” Come si capisce a pelle, la seconda versione ha
vocazione più inconfondibilmente letteraria, anche se solo nel senso della cattiva
letteratura che si fa ai giorni nostri. Qui siamo a dire il vero già oltre la paratassi (siamo cioè alla paratassi spinta all'eccesso, non solo un semplice "eccessivo uso" della paratassi). Perchè un simile stile di
scrittura, più che definirlo “impressionistico", sarebbe più opportuno chiamarlo “rapsodico” o “robotico”, se non
propriamente “schizofrenicamente dissociato”.
Un simile modo di
scrivere sarebbe giustificabile solo per puntualizzare
(letteralmente, nel senso di “mettere il punto”) elementi di un
episodio, per motivi di drammatizzazione o climax, o semplicemente a
beneficio di quel semplice descrittivismo minuzioso nel quale
indulge molta letteratura femminile contemporanea. Insomma, va usato
con criterio, anche in letteratura. Non ce ne accorgiamo, ma anche noi facciamo nostro questo stile quando parliamo nella vita di tutti i
giorni. Sempre però in situazioni determinate: per es. quando
rincariamo, con la loro enumerazione separata, la dose emotiva che
ogni singolo elemento può apportare al nostro discorso, magari instaurando un climax (“Mi ha
detto che sono aggressivo. Lei. A me. Di notte. Sapendo che fatico a
prendere sonno. Lei che è addirittura violenta. Con tutti.”)
Paratassi e ipotassi
Se è vero che un eccesso di
subordinate fa innervosire perchè è difficile da seguire e denota
forse una superbia intellettuale da parte di chi scrive (esempio ne
sia lo stile di molti filosofi tedeschi dell'Ottocento), d'altra
parte la paratassi, soprattutto nella sua interpretazione estrema,
può nascondere la difficoltà mentale nell'articolazione di un
discorso ragionato. Chi scrive con ipotassi (il contrario della
paratassi) ha magari una alta considerazione di sé, ma mostra anche
una alta considerazione dei suoi lettori, che ritiene capaci di
seguirlo nel suo labirinto di interconnessioni causali, finali e
temporali. D'altra parte, colui che utilizza lo stile di scrittura
sopra esemplificato, può apparire forse più umile, ma, superato un certo limite di decenza stilistica, non mostra una grande
considerazione per il suo lettore, e dà l'impressione di volerlo
accompagnare per mano come un infante.
Come ho scritto all'inizio, ciò è
tanto più grave in un contesto giornalistico, dove la letteratura
non dovrebbe trovare posto, a meno di non voler dare benzina al fuoco
di quella critica che vuole certi giornalisti essere dei letterati
frustrati. Quando è cronaca, il giornalismo dovrebbe fornire una
descrizione del fatto avulsa da ogni caratterizzazione letteraria ed
emotiva: il suicidio di una donna per amore contiene già in sé una
forte carica emotiva senza che si debba resuscitare lo spettro
letterario di M.me Bovary. Quando è commento, dovrebbe guidare con
austerità e relativa freddezza il lettore alla comprensione delle cause del fatto, e
delle sue possibili conseguenze.
Pezzi di pessimo stile giornalistico
sono gli editoriali del commentatore di sondaggi Ilvo Diamanti su
“Repubblica”. Eccone un esempio:
“Fini e Casini, postfascisti e
neodemocristiani. Miracolati. Sdoganati e recuperati da lui, nei
primi anni Novanta. Quad'erano gli esemplari sopravvissuti di una
specie in via di estinzione. Destinati a scomparire. Oppure a finire
fuori gioco. Emarginati ed esclusi. Berlusconi ha offerto loro un
ruolo di primo piano. E loro, in cambio, hanno tramato per la sua
successione. Fino ad abbandonarlo. Lasciandolo solo. Come ha fatto
gran parte dei parlamentari del Pdl e del centrodestra. Lo scorso
ottobre, dopo la condanna del Tribunale di Milano a suo carico per
frode fiscale, nel processo Mediaset. Berlusconi. Si è sentito
vulnerabile. Ed è tornato. E' sceso di nuovo in campo. Meglio, in
campagna elettorale. Anzitutto e soprattutto in televisione. Abituato
com'è a considerare la tivù la grande madre dell'Italia media.
L'Italia dei media.” (“Repubblica”, 24 dic. 2012). Certo qui è
un caso di totale incapacità a scrivere più di quanto non sia la
volontà di infilare della letteratura dove non ce ne può stare, ma
tant'è.
La prossima volta che leggete qualcosa,
qualsiasi cosa, fateci caso!
Nessun commento:
Posta un commento