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Se c'è una cosa che mi fa incazzare
sono i titoli dei libri che si scrivono oggi. Avete presente le
copertine tutte colorate dei libri che aspirano allo status di best
seller? Uno stratagemma grafico per attirare l'attenzione, ovviando
così alla frequente mediocrità del contenuto. Ecco, la nuova
frontiera è quella dei libri con titoli altisonanti, che uno
scorgendoli pensa: “Ma cosa vorrà dire? Aspetta che lo compro per
capirci meglio.” C'era un tempo (pre-consumistico) nel quale
l'autore era sicuro del valore della sua opera e del favore di una
platea vasta. Può darsi che il problema oggi stia nel voler accalappiare
un lettore sempre più distratto, che rischierebbe altrimenti di
sfogare la sua voglia di intrattenimento su altri lidi. Ma il
problema sta proprio nella parola “intrattenimento”, e aimè
copertine psichedeliche e titoli ruffiani sono solo la punta
dell'iceberg di una letteratura che sta esalando gli ultimi e che non
rifugge nessun compromesso con il suo tempo.
Se.Po.Mi: Sigla di una Letteratura allo
Sbando
Ecco alcuni titoli incriminati (con tra
parentesi in corsivo un mio acidulo commento):
"Entra nella mia vita" (basta che sia
chiaro dov'è l'uscita)
"Ogni angelo è tremendo" (Ma vai dove ti
porta il cuore, va!)
"Noi siamo infinito" (mi vien da buttarmi
oltre la siepe)
"Mancarsi" (a fuoco)
"La meraviglia della vita" (stò tizio già pregusta vendite record)
"L'eleganza del riccio" (e l'autore vestì
smoking - fumato)
"La solitudine dei numeri primi" (perchè
così non possono essere secondi a nessuno)
"Il cacciatore di aquiloni" (almeno: in
zona non faunistico-venatoria? Sai, per la suspence...)
"Un sacchetto di biglie" (quelle del mio
già si stanno rompendo)
"Il colore del latte" (alle ginocchia)
"Il colore del latte" (alle ginocchia)
"Ti prego, lasciati odiare" (… che si
sta facendo tardi)
"Al di là di te" (storia di uno che
stava sempre in mezzo ai piedi)
"Un mare di silenzio" (poesia allo sfatto
puro)
"Sia fatta la tua volontà" (anche perchè se dovessi fare la mia...)
"Vite che non sono la mia" (un po'
dispersivo, non ti pare?)
"Fai bei sogni" (vai tranquillo, già mi
sto addormentando)
"La piramide del caffè" (proprio adesso
che stavo facendo bei sogni...)
"Il diario di velluto cremisi" (che
sicuramente vale di più di quel che c'è scritto dentro)
"Se ti abbraccio non aver paura" (quella
cosa dura che senti è solo la versione tascabile di questo libro)
"Bianca come il latte, rosso come il
sangue" (nero come la noia)
"Nessuno sa di noi" (che l'ignoranza
continui)
"Il suo nome è passione" (piacere il mio
è Gringo)
"Tenera è la notte" (che si taglia con
un grissin)
Cosa si evince da questo campione di
titoli da me proposto? Che la circonvenzione del potenziale lettore a
partire dall'elaborazione del titolo si basa sull'impiego di tre
categorie:
- Sensazionalismo
- Poetismo
- Minimalismo
Le tre categorie si mescolano l'una con
l'altra. Per esempio, minimalismo e poetismo si usano per creare
sensazione, la poesia si appoggia a sua volta spesso su un
minimalismo impressionistico (poetica del quotidiano, intimismo
spicciolo ecc.) Essendo il minimalismo spesso una caratteristica del
pensiero femminile, sembrerebbe di poter concludere che lo sviluppo
descritto sia dovuto all'ingresso dirompente delle donne nel mondo
della narrativa, ma questa ipotesi va a solo beneficio di uno studio
della genesi del fenomeno, dal momento che ormai la tendenza è
trasversale tra i due sessi.
Si Stava Meglio Quando Si Stava Meglio
Purtroppo, l'unica categoria di cui ci
sarebbe bisogno è quella del descrittivismo. Tutti i più
grandi romanzi della storia dichiarano il loro contenuto già nel
titolo, in modo più o meno inequivocabile. Un tempo si scriveva il
romanzo, e poi prima di mandarlo in stampa si tirava fuori un titolo
essenziale. Oggi quando si formula un titolo accattivante si è già a metà
dell'opera, e il titolo è un artificio fine a se stesso, che non
anticipa nulla nell'immaginazione del potenziale lettore, nessuna indizio di dramatis personae o di topologia narrativa (dove si colloca il romanzo, se è dramma o avventura o commedia ecc.), insomma nessun contenuto
definito, anche perchè spesso il libro stesso ne è sprovvisto. La
scelta di un titolo che strizza l'occhio alla sensazione, alla poesia
o al minimalismo impressionistico è qualcosa di solo apparentemente
innocente, in quanto il libro intero diventa prigioniero del titolo,
e si riduce spesso ad essere un'accozzaglia di vaghezze poetiche,
pateticamente affettata e succube dei manierismi del marketing
letterario. Mira troppo spesso non a descrivere, ma a evocare.
Evocare cosa? Qui sta il problema: si abdica alla solidità
dell'impianto narrativo, alla storia, a favore di voli pindarici
sentimentali e intimistici, dove il rapporto con la realtà ha senso
solo quando può appunto permettere siffatti voli. La profondità
dell'introspezione, quando è staccata dalla realtà, è solo una
finzione, una “profondità di superficie”. Quand'anche il libro avesse
una storia appassionante, vissuta ecc., il titolo non renderebbe a ciò
giustizia.
Si confrontino ora i titoli sopra indicati
con quelli di questi classici della letteratura mondiale:
"I Fratelli Karamazov"
"L'amante di Lady Chatterley"
"Il Conte di Montecristo"
"Il Fu Mattia Pascal"
"I Miserabili"
"Faust"
"Il maestro e Margherita"
"L'idiota"
"Anna Karenina"
"La coscienza di Zeno"
"Tutti i racconti del mistero,
dell'incubo e del terrore"
"Il grande Gatsby"
"Il giro del mondo in ottanta giorni"
"Il ritratto di Dorian Gray"
"L'isola misteriosa"
"Il dott. Jekyll e mister Hyde"
e si noterà la differenza fra cattiva
e buona letteratura. Già a partire dal titolo. Un bel risparmio di
tempo, no?
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