martedì 5 marzo 2013

10MILA COSE CHE MI FANNO INCAZZARE/9990

(Difficoltà: 2,3/5)

QUANTO E' CATTIVA LETTERATURA, CHE SI SCRIVE TUTTAVIA...

FFabio Volo
Se c'è una cosa che mi fa incazzare sono i titoli dei libri che si scrivono oggi. Avete presente le copertine tutte colorate dei libri che aspirano allo status di best seller? Uno stratagemma grafico per attirare l'attenzione, ovviando così alla frequente mediocrità del contenuto. Ecco, la nuova frontiera è quella dei libri con titoli altisonanti, che uno scorgendoli pensa: “Ma cosa vorrà dire? Aspetta che lo compro per capirci meglio.” C'era un tempo (pre-consumistico) nel quale l'autore era sicuro del valore della sua opera e del favore di una platea vasta. Può darsi che il problema oggi stia nel voler accalappiare un lettore sempre più distratto, che rischierebbe altrimenti di sfogare la sua voglia di intrattenimento su altri lidi. Ma il problema sta proprio nella parola “intrattenimento”, e aimè copertine psichedeliche e titoli ruffiani sono solo la punta dell'iceberg di una letteratura che sta esalando gli ultimi e che non rifugge nessun compromesso con il suo tempo. 


Se.Po.Mi: Sigla di una Letteratura allo Sbando

Ecco alcuni titoli incriminati (con tra parentesi in corsivo un mio acidulo commento):
"Entra nella mia vita" (basta che sia chiaro dov'è l'uscita)
"Ogni angelo è tremendo" (Ma vai dove ti porta il cuore, va!)
"Noi siamo infinito" (mi vien da buttarmi oltre la siepe)
"Mancarsi" (a fuoco)
"La meraviglia della vita" (stò tizio già pregusta vendite record)
"L'eleganza del riccio" (e l'autore vestì smoking - fumato)
"La solitudine dei numeri primi" (perchè così non possono essere secondi a nessuno)
"Il cacciatore di aquiloni" (almeno: in zona non faunistico-venatoria? Sai, per la suspence...)
"Un sacchetto di biglie" (quelle del mio già si stanno rompendo)
"Il colore del latte" (alle ginocchia)
"Ti prego, lasciati odiare" (… che si sta facendo tardi)
"Al di là di te" (storia di uno che stava sempre in mezzo ai piedi)
"Un mare di silenzio" (poesia allo sfatto puro)
"Sia fatta la tua volontà" (anche perchè se dovessi fare la mia...)
"Vite che non sono la mia" (un po' dispersivo, non ti pare?)
"Fai bei sogni" (vai tranquillo, già mi sto addormentando)
"La piramide del caffè" (proprio adesso che stavo facendo bei sogni...)
"Il diario di velluto cremisi" (che sicuramente vale di più di quel che c'è scritto dentro)
"Se ti abbraccio non aver paura" (quella cosa dura che senti è solo la versione tascabile di questo libro)
"Bianca come il latte, rosso come il sangue" (nero come la noia)
"Nessuno sa di noi" (che l'ignoranza continui)
"Il suo nome è passione" (piacere il mio è Gringo)
"Tenera è la notte" (che si taglia con un grissin)

Cosa si evince da questo campione di titoli da me proposto? Che la circonvenzione del potenziale lettore a partire dall'elaborazione del titolo si basa sull'impiego di tre categorie:
  1. Sensazionalismo
  2. Poetismo
  3. Minimalismo
Le tre categorie si mescolano l'una con l'altra. Per esempio, minimalismo e poetismo si usano per creare sensazione, la poesia si appoggia a sua volta spesso su un minimalismo impressionistico (poetica del quotidiano, intimismo spicciolo ecc.) Essendo il minimalismo spesso una caratteristica del pensiero femminile, sembrerebbe di poter concludere che lo sviluppo descritto sia dovuto all'ingresso dirompente delle donne nel mondo della narrativa, ma questa ipotesi va a solo beneficio di uno studio della genesi del fenomeno, dal momento che ormai la tendenza è trasversale tra i due sessi.


Si Stava Meglio Quando Si Stava Meglio

Purtroppo, l'unica categoria di cui ci sarebbe bisogno è quella del descrittivismo. Tutti i più grandi romanzi della storia dichiarano il loro contenuto già nel titolo, in modo più o meno inequivocabile. Un tempo si scriveva il romanzo, e poi prima di mandarlo in stampa si tirava fuori un titolo essenziale. Oggi quando si formula un titolo accattivante si è già a metà dell'opera, e il titolo è un artificio fine a se stesso, che non anticipa nulla nell'immaginazione del potenziale lettore, nessuna indizio di dramatis personae o di topologia narrativa (dove si colloca il romanzo, se è dramma o avventura o commedia ecc.), insomma nessun contenuto definito, anche perchè spesso il libro stesso ne è sprovvisto. La scelta di un titolo che strizza l'occhio alla sensazione, alla poesia o al minimalismo impressionistico è qualcosa di solo apparentemente innocente, in quanto il libro intero diventa prigioniero del titolo, e si riduce spesso ad essere un'accozzaglia di vaghezze poetiche, pateticamente affettata e succube dei manierismi del marketing letterario. Mira troppo spesso non a descrivere, ma a evocare. Evocare cosa? Qui sta il problema: si abdica alla solidità dell'impianto narrativo, alla storia, a favore di voli pindarici sentimentali e intimistici, dove il rapporto con la realtà ha senso solo quando può appunto permettere siffatti voli. La profondità dell'introspezione, quando è staccata dalla realtà, è solo una finzione, una “profondità di superficie”. Quand'anche il libro avesse una storia appassionante, vissuta ecc., il titolo non renderebbe a ciò giustizia.
Si confrontino ora i titoli sopra indicati con quelli di questi classici della letteratura mondiale:

"I Fratelli Karamazov"
"L'amante di Lady Chatterley"
"Il Conte di Montecristo"
"Il Fu Mattia Pascal"
"I Miserabili"
"Faust"
"Il maestro e Margherita"
"L'idiota"
"Anna Karenina"
"La coscienza di Zeno"
"Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore"
"Il grande Gatsby"
"Il giro del mondo in ottanta giorni"
"Il ritratto di Dorian Gray"
"L'isola misteriosa"
"Il dott. Jekyll e mister Hyde"

e si noterà la differenza fra cattiva e buona letteratura. Già a partire dal titolo. Un bel risparmio di tempo, no?

La prossima volta, fateci caso!
Camaleons Centrans

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