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Si fa un gran parlare di “quote rosa”
(nemmeno più tanto, visto il miserevole spettacolo offerto negli
ultimi anni da coloro che ne hanno beneficiato). Tutto è nato dalla
(e in gran parte rimasto nella) politica, nel tentativo, da parte dei
partiti, di raggranellare qualche grumo di voti tra l'elettorato
femminile (come se le donne fossero tutte femministe e fossero
incapaci di provare una giusta riprovazione per colleghe di genere catapultate, senza alcun tipo di requisito o virtù, in posti da 15 mila euro al mese) o tra qualche
cuore dolente della Sinistra (o di quella cosa merdiforme che in
questo Paese si fa chiamare tale).
Quello di cui non si parla mai sono le
“quote azzurre”. Nella scuola italiana, per esempio, le donne
rappresentano il 79% del corpo docente. Una
percentuale che sale fino a quasi il 100% nelle
scuole dell’infanzia, al 95% nella
scuola primaria e all’85% nella scuola secondaria
di primo grado (vedi). Diversa non è la situazione in altri Paesi del mondo. Certo si potrà razionalizzare questa atroce e
scandalosa disparità di trattamento con la nozione che la donna è
per ragioni di maternità più sensibile agli aspetti
dell'ammaestramento dei pargoli, ma al prezzo di imprigionare la
figura femminile in un cliché (la donna-utero, la casalinga-“balia” e lavandaia,
pietrificata in un ruolo che è suo per natura) da cui la donna era
riuscita a emanciparsi al costo di accese lotte. Inoltre, la cosa può
al limite valere (molto condizionatamente) per la scuola
dell'infanzia. Ma che ne è degli ordini successivi di scuola? Non è
vero che scuola primaria e secondaria richiedono conoscenze
metodologico-didattiche e disciplinari che le allontanano sempre più
dalla (comunque discutibile) giurisdizione del puro istinto
materno? E anche nel caso della scuola dell'infanzia, non è forse vero che
la nuova generazione di padri ha preso a cuore il contatto diretto
con la prole, e ne condivide con la madre in modo più o meno
paritario la cura anche igienica (es. il cambio del pannolino) e
quotidiana (es. i giri con il passeggino)? A che titolo quindi la donna
dovrebbe vantare esclusività su un ambito pur così delicato
dell'educazione formale dell'infante? Marito-mammo e cattedra piena: troppo comodo.
I Rischi per La Qualità dell'Educazione
Più di un psicologo esprime un allarme
sulla presenza eccessiva di figure femminili nel percorso
scolastico-educativo dei ragazzi, dall'infanzia all'adolescenza.
Secondo costoro, il fallimento scolastico di tanti ragazzi (e la
documentata superiorità delle ragazze nei voti) sarebbe attribuibile
a ciò. Ad appoggiare questa ipotesi c'è anche Gianfranco Staccioli,
pedagogista all'Università di Firenze (“La Vita Scolastica”,
gennaio 2013, p. 6): “Se ci sono tutti uomini o tutte donne, c'è
una ovvia carenza dell'uno o per l'altro sesso, specialmente nei
momenti più delicati della crescita. Non credo che ci sia bisogno di
statistiche per confermare questo. Basta un po' di buon senso.”
Conclusione: Mettiamo Fine a Una Discriminazione di Genere
C'è nella Scuola italiana una
situazione di disparità di trattamento abominevole e che urla
vendetta: una discriminazione di genere in piena regola. Tra il tanto vociare di "pari diritti" e "pari opportunità", il problema della discriminazione maschile nelle scuole non solo non viene affrontato, ma nemmeno percepito e discusso. Ciò che vale per un verso non vale per il verso opposto: questo prova, ove ve ne fosse bisogno, che le "quote rosa" sono solo pura ideologia.
La scuola a esclusiva femminile ha ovviamente anche delle ricadute sulla qualità dell'apprendimento scolastico. Il
ministro delle Pari Opportunità, donna o uomo che sia, prenda a
cuore il problema e istituisca le “quote azzurre” nella Scuola
italiana. Forse la soluzione del problema dello scarso rendimento
degli studenti italiani in rilevazioni come l'Ocse-Pisa è più
semplice di quanto appaia.
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