(Difficoltà: 1/2)
VA IN ONDA LA PORNOGRAFIA DEL DOLORE
"Un bel piantino per l'audience, signora?" |
Si dice spesso che, di fronte al
dolore, più di tante parole può il silenzio. La televisione ha un
modo tutto personale di interpretare questa massima, in quella che
viene definita, in maniera giustamente spregiativa, “tv del
dolore”. La strategia è semplice: si prende una persona che ha
vissuto un forte trauma (un familiare ucciso, una casa distrutta dal
terremoto, la disoccupazione), le si fa una domanda e le si piazza il
microfono in bocca attendendo la risposta, il tutto a favore di
telecamera, con un primo piano inesorabile dell'intervistato.
Ottenuta la risposta, si valuta il grado di drammaticità della
stessa, soprattutto per come può essere percepita dal
telespettatore, e se è quello giusto, si rimane immobili e silenti per diversi secondi,
microfono in mano, quasi come per suggere vampirescamente dal
silenzio e dall'espressione addolorata dell'intervistato -che da
quella pausa trarrà occasione per riflettere su quanto appena detto,
con inevitabile ulteriore struggimento– linfa da tradurre in
ascolti.
Una simile pornografia del dolore è
roba di tutti i giorni, e una delle spie rivelatrici è proprio
questo squallido espediente, che sicuramente rientra nel novero dei
trucchi esoterici che ogni professione vanta, e che non possono essere spifferati all'esterno, un po' come per i maghi i trucchi di
prestidigitazione.
La spettacolarizzazione del dolore
altrui desensibilizza e rende meno umani. Non perdiamo mai il vizio
di inorridire di fronte a questo scempio; meglio ancora, purifichiamo
la nostra esistenza dalla fogna del mezzo televisivo: la rete
permette una selezione critica dei contenuti che, abbinata all'ormai
prossima estinzione tecnologica del medium catodico, potrà forse
contrassegnare una rinascita diffusa di una capacità di giudizio fondata su una scelta libera e autonoma.
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