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Immanuel Kant |
E' piena estate. Da
giorni osservo un ragnetto che si è creato una ragnatela tra le
doppie finestre della mia camera da letto. La mia camera si affaccia
a sud, e c'è uno scampolo di giornata, diciamo tra le 11 e le 12, in
cui l'angoletto dove il nero artropode ha intessuto la sua ragnatela
è colpito direttamente dal sole. In aggiunta, le finestre esterne
sono di metallo, e quindi veicolano particolare calore. Ma per il
resto della giornata l'angoletto in questione è coperto dall'ombra,
e questo ha permesso evidentemente al ragnetto di sopravvivere.
Nell'osservare la cosa, ho riflettuto
sul fatto che, laddove un teista direbbe: “Che miracolo che si
siano create le condizioni per la sopravvivenza del ragnetto”, un
laico evoluzionista invece direbbe: “Il ragnetto si è trovato un
habitat che ha reso possibile la sua sopravvivenza.” Il teismo presuppone che tutto sia creato dal nulla con un certo ordine, o che un'intelligenza superiore intervenga per consentire che si determini un ordine dal caos.
La realtà è che l'ordine è la regola dell'universo: il caos non
esiste. Noi chiamiamo “caos” solo l'ordine che non riusciamo a
capire; e non riusciamo a capirlo perché ci sfugge; e ci sfugge perché non è rapportabile al nostro contesto di vita, non è funzionale al nostro vivere e quindi fuoriesce dal nostro ordine percettivo. Così, i pulviscoli che si sollevano ogni volta che
azioniamo il ventilatore si depositano, per noi, in punti casuali, e
si distribuiscono in direzioni sostanzialmente casuali. L'unico
aspetto che possiamo prevedere e fare nostro è che essi si muoveranno nella
direzione del getto di aria, e non si depositeranno dietro il
ventilatore. Ma se la nostra capacità di intuire e applicare
all'istante le leggi della fisica fosse tale da farci anticipare i
punti di caduta di ogni singolo pulviscolo, ecco che noi percepiremmo
il tutto fin dall'inizio come un ordine. L'ordine sta quindi nella capacità di
distinguere, di vedere e di prevedere: l'ordine assoluto è solo
nella mente di Dio, e in quanto assoluto non lascia
spazio al caos.
L'Ambito Pratico: Ordine, Etica, Giustizia
I contorni dell'essenza divina si
completerebbero applicando lo stesso criterio all'ambito pratico,
cioè all'ambito dell'etica. Come già illustrato in questo
articolo su Hegel, lo spirito assoluto, e cioè l'autoscoperta
dell'uomo come essere perfettamente razionale, perverrebbe
all'assoluta responsabilizzazione, alla necessaria presa in carico di
ogni atto da esso compiuto, alla luce di una acquisita trasparenza assoluta nella concatenazione degli eventi. Nell'attesa (ovviamente vana) che
una tale prospettiva si verifichi, la giustizia non può essere,
nella sua essenza, che esercizio di clemenza: lo sforzo dell'uomo di
comprendersi come essere imperfetto. Se l'uomo fosse Dio, egli
avrebbe di fronte a sé la visione dell'ordine assoluto, al di là
dello spazio e del tempo, e sarebbe responsabile di tutto, non solo
in merito alla quantità (cioè indipendentemente dal numero di
passaggi eventuali che separano la causa dall'effetto), ma altresì
in merito alla qualità (e cioè tenendo conto del principio di escalation, sul
modello del "Butterfly effect").
Così, se noi allunghiamo 5 euro a un
mendicante fuori dalla chiesa, e poi questi 5 euro seguono un
percorso tortuoso di mano in mano, e qualcuno li fa fruttare e si può
così comprare una pistola per commettere un omicidio, saremmo noi
responsabili di questa uccisione? In un'ottica “divina”, cioè di
ordine universale, sì: potendo prevedere la catena degli eventi, non
le avremmo dovuto dare inizio; in una dimensione di logica umana, con
la limitata (e peculiare) visione dell'ordine che la
contraddistingue, invece, no. Se, invece, accendiamo una sigaretta in un bosco d'autunno, gettiamo il fiammifero tra le foglie secche e si innesca un incendio, allora la responsabilità è giustamente codificata a termine di legge, perché l'ordine di causalità tra il nostro fiammifero e l'incendio è troppo evidente, e se si finisce con l'uccidere nel sonno con i fumi le persone di un villaggio lontano anche diversi chilometri dall'epicentro, la distanza non può certo essere invocata ad attenuante: non è in gioco qui tanto la intenzionalità, quanto la capacità di tener in conto le possibili conseguenze di un atto sulla scorta dell'intelligenza ed esperienza umane.
Va da sé, infine, che la nozione di
ordine si lega anche alle modalità percettive, e cioè al “filtro”
che i sensi e le categorie dell'intelletto parano davanti alla
ricezione del mondo, anche se ciò non vuol dire che un ordine esista
solo in quanto “percepito”.
Conclusione, con Accessoria Riflessione sulla Legittimità del Creazionismo
In definitiva, il caos non esiste:
esistono solo vari tipi di ordine, riconducibili a un minimo comune
denominatore inintelligibile alla mente umana: un po' come le
particelle della materia, che la scienza scopre sempre più piccole. Anche
l'idea di un ordine universale è, peraltro, un'astrazione che può
essere addotta come ipotesi di scuola per delucidare il tema (ed è
ciò che io ho fatto qui): noi, fatalmente, non ne abbiamo percezione, e lo possiamo solo intuire a partire dalla nostra limitatezza e manchevolezza, cioè solo in senso negativo.
Ma se non esiste il caos, non esiste,
di conseguenza, nemmeno alcun ordine che l'atto creatore di un essere
sommamente razionale potrebbe conferire al caos stesso. L'universo
come creazione è quindi un'idea umana, perché deriva da un'idea di
ordine limitata alla propria visuale.
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