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Perché ci
piacciono tanto gli zombi?
"The Walking Dead" |
Gli zombi
sembrano qualcosa di più di una moda passeggera. Da quando il grande regista americano George Romero ne ha definito il canone cinematografico con il suo film
indie “La notte dei morti viventi”, gli zombi hanno costituito parte integrante della nostra
cultura popolare (film, serie tv, fumetti, letteratura, videogames ecc.), con
una innegabile fiammata negli ultimi dieci anni.
Ma qual è il
segreto del loro successo? Perché sembriano non riuscire mai ad averne abbastanza?
Il fatto è che la stragran parte della produzione culturale
horror si basa, sin dalla notte dei tempi, sulla rappresentazione della morte
che risorge. Se noi guardiamo ai più famosi “mostri” della letteratura e del
cinema horror (vampiro, mummia, mostro di Frankenstein, spettro, zombi per
l’appunto), questi hanno tutti qualcosa in comune: essi rappresentano dei morti
che sono, in un modo o nell’altro, tornati alla vita. E’, insomma, il totem
supremo che la fiction si incarica di dissacrare, infrangendo quindi il tabù
che vi è connesso: si tratta dell’ineluttabilità della morte, che è parte
integrante della sua sacralità. Dire che la morte può essere sconfitta – inteso, su un piano terreno - significa infatti violarne la sacralità. I “morti
viventi” (definizione che, ancora, in senso lato riguarda tutti i mostri – e
altri ancora – nominati sopra) ci piacciono perché l’essenza dell’orrore è la
morte che ritorna in vita.
Ma perché
vampiri, mummie e morti assemblati e rianimati in laboratorio possono certo
godere di vampate di renaissance, ma vengono regolarmente inghiottiti dal
dimenticatoio, mentre gli zombi propriamente detti rimangono sempre con noi?
Cosa hanno di speciale? Tanto si potrebbe dire. Vediamo alcune possibili
motivazioni del loro successo.
1) Totem e Tabù
Innanzitutto, gli zombi
rappresentano la dissacrazione del totem della sacralità della morte appena
descritto, e la rappresentano nel modo più puro e genuino. Se guardiamo ai
vampiri, per es., questo elemento è presente in forma spuria, al punto che non
pensiamo a essi come “morti viventi”, per quanto tecnicamente lo siano. I
vampiri possono parlare, possono provare emozioni e innamorarsi, e mantengono
ancora molte delle caratteristiche umane. Dall’altra parte, essi sono inoltre
investiti di molti poteri, come quello di trasformarsi in pipistrello o nebbia.
Non sono quindi semplicemente dei morti, ma delle creature soprannaturali con
dei superpoteri, simili ai vecchi mostri della mitologia greca. Al cospetto
della loro “umanità” e dei prodigi di cui son capaci, insomma, il fatto che
siano anche dei morti tornati in vita è affatto secondario.
Gli zombi,
invece, non sono nient’altro che dei morti tornati in vita: questa è la loro
unica caratteristica. E sono proprio come ce li immagineremmo: totalmente privi
di coscienza, di identità, di capacità intellettuali, di sentimenti e di
abilità, tutte cose che risiedono nel cervello, un cervello che è in loro
ridotto a una poltiglia decomposta come tutto il resto, e del quale resta solo
il nucleo rettiliano, quello degli istinti più primordiali e bassi, quali il
cannibalismo.
Sintetizzando: se
l’essenza dell’orrore è la morte che ritorna in vita, allora lo zombi va
considerato la quintessenza dell’orrore, perché esso rappresenta in forma più
pura e genuina il fenomeno della morte che si riconverte in vita.
2) Dissacrazione del Mito Paradisiaco
In conseguenza del punto 1), gli zombi
rappresentano anche una parodizzazione di un cardine della religione cristiana
e di ogni religione che ammetta la presenza di una dimensione superiore dopo la
morte: gli zombi resuscitano sì, ma essi non sono altro che carcasse in stato
di putrefazione, animate dall’istinto primordiale dell’omicidio per scopi di
cannibalismo. Si paragoni questa rappresentazione a quella platonico-cristiana
della liberazione dell’anima dai legacci della corporeità attraverso la morte e
l’ascesa al cielo, e si apprezzerà la forza dirompente e dissacratoria di
questo messaggio.
3) Esorcizzazione della Paura della Morte
Una "zombie walk" |
Il potere dissacrante dello zombi si rivolge anche al nostro sentimento di morte.
Rappresentare, occasionalmente, la morte in forma ridicola (gli zombi sono caratteristicamente
goffi e maldestri; nei suoi film – ad esclusione forse del primo – Romero non rinuncia
mai all’ironia, divertendosi a far uccidere i morti dai protagonisti umani in
modo comico e creativo) aiuta a superarne, almeno per un momento, la paura.
I vari eventi nei
quali la gente si riunisce per inscenare un’orda zombie travestendosi da morti
viventi serve a stemperare l’angoscia legata all’idea della propria fine. Facendo
il “morto per un giorno” e mettendosi nei panni di se stesso da morto, ma nella
forma fumettistica e grottesca dello zombi, l’individuo riesce - grazie anche al
valore amplificante della partecipazione a un evento collettivo - a esorcizzare la paura della morte.
4) "Apocalisse Zombi"
Gli zombi si legano
inevitabilmente al concetto di apocalisse (il che aggiunge un altro elemento di
dissacrazione religiosa), e non è un caso che a nessun regista sia venuto in
mente di inscenare un’ “apocalisse vampiresca”. Perché la figura dello zombi si
innesta bene in un quadro di fine dell’Umanità? Perché se tutti i morti sono
destinati a tornare a vivere come creature antropofaghe, allora l’Umanità è
perduta e la società è condannata a dissolversi per il semplice fatto che essi
saranno destinati a diventare una maggioranza sempre più schiacciante: chiunque
venga morso, infatti, si convertirà in uno di loro; inoltre, una popolazione
già in crisi di natalità avrà sempre più riserve rispetto all’idea di procreare
in un mondo in cui chi muore ritorna in vita come un mostro affamato di carne umana.
5) Claustrofobia
La figura dello zombi
spinge su una delle leve più efficaci della produzione horror: il senso di
claustrofobia, che si lega al già visto elemento dell’apocalisse. Come ci
insegnano film, sceneggiati e videogame, infatti, uno scenario in cui orde di zombi
si aggirano per le città e per le campagne è uno scenario in cui i viventi sono
alla perenne ricerca di cibo, di munizioni e di luoghi sicuri, di safe space. E questi luoghi diventano per i viventi sempre più
scarsi, perché progressivamente conquistati dagli zombi. Al senso di
claustrofobia fa da contraltare il senso di una ritrovata intimità e tepore (che ci riconnette alla fase uterina della nostra esistenza), ogni qual volta i protagonisti umani riescono a trovare uno spazio incontaminato
nel quale portare avanti un qualcosa di simile alla quotidianità
pre-apocalisse: uno spazio in cui lavorare, parlare, scherzare, socializzare, innamorarsi e rilassarsi.
E magari uno spazio nel quale, se la bonaccia dura a sufficienza, formare una vera comunità organizzata e solidale. Una
parentesi di ritorno alla normalità, di ristabilimento di un ordine a noi
familiare, insomma. Chi ne è appassionato, sa che nei film di zombi questi
momenti di “evasione dalla catastrofe che c’è fuori” sono i più apprezzabili,
perché offrono un frangente di rilassamento rispetto ai momenti di tensione e
di fuga. Ed è proprio questo contrasto fra l’intimità del piccolo spazio che si
è riusciti a ritagliarsi nel caos e la minaccia che regna fuori a conferire ai
film di zombi il loro inconfondibile sapore, attraverso proprio il tratto più
caratteristico e definente: quello della claustrofobia. Se noi vediamo i film
di Romero, l’inventore del genere zombi moderno, la claustrofobia è dominante,
perché l’ambientazione del film è sempre un luogo limitato, chiuso e difeso:
abbiamo la casa (La notte dei morti
viventi, 1968), abbiamo il centro commerciale (Zombi, 1978), abbiamo la base
militare sotterranea (Il giorno degli
zombi, 1985) e abbiamo la città fortificata (La
terra dei morti viventi, 2005). Nell’evocare un senso di claustrofobia
disperata, gli zombi rappresentano un congegno orrorifico perfetto.
6) Inesorabilità
Preso singolarmente, lo zombi
non rappresenta più di tanto un pericolo: esso è lento, maldestro, decerebrato,
feroce ma non particolarmente forte fisicamente. Come per molte specie animali
voraci e feroci, lo zombi trova la sua forza nel branco, nell’orda. L’orda
avanza lentamente, e conquista e distrugge tutto quello che incontra al suo
passaggio. Lo zombi fa quindi leva su un timore ancestrale dell’Umanità, che è
con noi da tempi primitivi e che si è rafforzato con le varie ondate
immigratorie della Storia, dalle invasioni barbariche alle ultime imbarcate di "rifugiati" dai paesi islamici e africani. L’orda è un timore sempre presente
nella coscienza collettiva, e dà l’idea di un pericolo lento e strisciante, di una
forza distruttrice che, al suo interno, annulla la coscienza dei singoli in una totalità
irrazionale, e che è quindi capace di ogni ignominia e violenza.
7) Auto-riconoscimento
La figura dello zombi
ci fa tanto più orrore in quanto ci riconosciamo almeno in parte in essa. Nel
mondo moderno, che è il mondo dei consumi, anche noi possiamo far parte di un’orda
e assumerne i tratti più deteriori e incivili. Nel film Zombi (1978), Romero ci offre (a dispetto del fatto che lui abbia
dichiarato che non ne era originariamente sua intenzione) una spietata critica della
società dei consumi. A un certo punto del film, mentre osservano dall’alto l’orda
di zombi che si trascina tra i corridoi del centro commerciale, due dei
protagonisti si scambiano un paio di battute:
Jane: “Ma perché ritornano in un grande magazzino?”Stephen: “Dev’essere l’istinto... Il ricordo di quello che erano abituati a fare. Era un posto importante quando erano vivi.”
Ogni qualvolta –
specialmente in occasione delle Feste – ci “riuniamo” ai nostri simili per le
strade del centro o nei centri commerciali a guardare le vetrine o per dare
seguito ai nostri impulsi consumistici, senza renderci veramente conto del
perché andiamo dove andiamo o compriamo quello che compriamo ma solo perché “così
fan tutti”, gli zombi siamo noi.
Conclusione
Sono tantissime le ragioni che si potrebbero
addurre per spiegare il fascino che la figura dello zombi esercita sulla coscienza collettiva: un fascino che è sempre presente nella cultura di massa,
pur nei naturali alti e bassi dovuti a fenomeni di saturazione legati a questa
o a quella serie televisiva o videoludica. Infatti, si potrebbe a buon titolo
dire che la discussione sulle fondamenta di questa fascinazione penetra le
profondità della discussione filosofica sulla morte, che ha impegnato le menti
più illustri fin dagli albori del pensiero umano.
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