(Difficoltà: 1,3/5)
“M” come “meritocrazia”. Non
pervenuta. Si preferiscono i metodi del nepotismo, della
raccomandazione, della cooptazione, della spinta (anche di reni, per
le fanciulle in carriera).
“E” come “egualitarismo”.
Inesistente. Vige ancora - due secoli dopo -il pronunciamento del Marchese del Grillo (Sordi):
“Io so' io... e voi non siete un cazzo!”
“R” come “rispetto”. Per chi?
Per i deboli? Per le minoranze? Per i disabili? Per i rifugiati di
guerra? Tutti centrati e affondati
dalla Lega (anche in senso letterale).
“D” come “democrazia”. Ecco
l'oggetto del contendere: l'Italia è una democrazia? Aimè, sotto
questo rispetto, ogni contesa è persa. All'Italia di “democrazia”
rimane solo l'involucro, come voleva Licio Gelli: organi di vigilanza
che non vigilano, organi di informazione che non informano, un
Parlamento che non delibera, uno Stato che non c'è.
“A” come “antistato”. Ecco: tutto quanto detto sopra è declinabile sulla scorta di quest'ultimo concetto. Il corporativismo mafioso e la disintegrazione dei principi costituzionali - in politica e in economia - sono solo due aspetti del farsi Stato delle mafie. Ogni critica allo Stato è anche una critica all'avvenuta occupazione mafiosa: buttala via...!
Ma poi, e per concludere: perchè il cittadino comune dovrebbe
disprezzare il Paese – con le parole - meno di chi, come la nostra
classe dirigente, lo disprezza – nei fatti – anche se da essa ha
ottenuto tutto?
Quindi sì, signori giudici, l'Italia è
una paese di M.E.R.D.A., e ciò si può dire in piena “correlazione
con una critica obiettiva”. Buon lavoro, la prossima volta.
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