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Il pregiudizio razziale è in sé una semplificazione della realtà
che il pensiero attua per economia mentale, e per difesa da timori di solito
paranoici, come quello dell'importazione della criminalità, degli
immigrati che rubano i posti di lavoro ecc. Non v'è da
meravigliarsi quindi che tale semplificazione s'avvalga di
un'iconografia composta da oggetti e abitudini ben distinguibili e
quindi facilmente elevabili a simboli. Il terreno più adatto al
pensiero affetto da pregiudizi è l'immagine, non il pensiero. E
infatti, le poche volte che il pensiero s'avventura in una fondazione
teorica del pregiudizio etnico, esibisce tutta la patetica pochezza e
la grossolanità antiscientifica di cui la mente razzista è capace.
Quali sono i fondamenti scientifici capaci di suffragare l'evidenza
del carattere “sudista” del pregiudizio? La domanda ha lo
stesso senso che può avere la ricerca di regole nelle elucubrazioni
che un pensiero patologico si dà per giustificarsi. Ha molto più
senso, invece, ricercare le cause del pensiero patologico in sé. Ma
per la mente tendente al pregiudizio importanti risultati sono già
stati ottenuti (si veda il risultato della fondamentale ricerca
svolta da Th. W. Adorno: La Personalità Autoritaria (The
Authoritarian Personality), Edizioni di Comunità, 1997).