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Chi ha visto film come “Il paradiso
può attendere” o “Ti presento Joe Black”, avrà familiarizzato
con la figura dello "scanzonato", uno stilema caratteriale
particolarmente caro a Hollywood. Se esiste una modello di personalità che si può dire inesistente in natura e frutto dell'ambigua
creatività pseudo-letteraria della "mecca del cinema", questa è lo scanzonato.
Tramite la figura dello "scanzonato", Hollywood tratta il tema – interessante e promettente
in sé - di un punto di vista “altro”, di una prospettiva neutra
sul mondo e sulla condizione umana, ma lo fa con la volgarità tipica
della sua natura di macchina da soldi.
Poco a che vedere quindi con
gli "outcast" dei film di Benigni, che meglio traducono il
fascino dell'“artista da saltimbanco” per come teorizzato da Jean
Starobinski (Ritratto dell'artista da saltimbanco, 1984): un personaggio vergine, "gettato" sul mondo e umiliato dal contrasto fra la propria costitutiva innocenza e l'arroganza di un universo che ha ucciso ogni spontaneità rimpiazzandola con l'ipocrisia delle convenzioni.
Il manuale dello scanzonato hollywoodiano dipinge, al contrario, una
figura cinica ed egoista, anche se sostanzialmente differente dal predatore
sociale – altra figura altamente considerata da Hollywood - perchè
spensierato, proiettato narrativamente su una dimensione diversa
dalla nostra, quindi ostentatamente innocente e puro nella sua
indifferenza alla sofferenza dei destini altrui, nel suo bieco
cinismo, nel suo infantile inseguimento di un'immediata e incurante
soddisfazione di ogni impulso edonistico. Questo stereotipo
cinematografico è sprovvisto di ogni codice per leggere la situazione
umana, per comprenderla e compatirla, per apprezzarne e rispettarne
la multidimensionalità e gli spazi di libertà.
Ma ciò che lo spettatore è lasciato solo a elaborare, è il duplice lutto dei concetti di innocenza e giustizia. Lo "scanzonato", sia che egli sia un terrestre, un bambino in corpo di adulto, un alieno, un angelo o un demone, è, per costituzione, "innocente". Egli ha la stessa meccanicità calcolatrice e orientata allo scopo di un terminator, la medesima personalità sociopatica del serial killer, ma a differenza di questo non può essere punito e grida, anzi, la pretesa di essere amato. La sua "innocenza" lo pone al di fuori delle sfere della responsabilità, della compassione e dell'altruismo. La sua asocialità è un aspetto particolare del suo non essere umano. La sua non-umanità è anche la sua dis-umanità. Siamo indotti a negare a noi stessi che l'innocenza del bambino, che ce lo fa sentire vicino e apprezzare (come "adorabile pasticcione" o simpatica "faccia da schiaffi"), è in realtà l'innocenza dell'animale predatore, destinata a rimanere senza nemesi.
A seconda della trama, la profondità – se così si può chiamare – del personaggio gravita dal delinquentello privo
di scrupoli e alieno alle regole del comun vivere, all'essere
soprannaturale calato sulla terra, che unisce alle qualità suddette
un lato di fredda strumentalità, somministrata dalla cornice della
missione terrena che giustifica ogni suo agire. Quindi, l'ammirazione
per lo scanzonato contiene molto dell'ammirazione - che Hollywood
asseconda ampiamente - per il poco di buono, il gangster, il raider senza scrupoli, il low-life e per chiunque si ponga contro i codici di civiltà in nome della spontaneità che si attribuisce al cacciatore di libertà, di emozioni o di semplice tornaconto personale.
Non manca mai, poi, un attaccamento feroce ai piaceri della
vita – parte del suo carattere pseudo-infantilistico - che lo
scanzonato di solito scopre per la prima volta, e che fanno dello
scanzonato, solitamente, anche un vincitore e un conquistatore di
cuori femminili.
Lo "scanzonato", quindi, esprime e stilizza l'eterno confronto con il magma libidico che alberga in ognuno di noi, il desiderio di liberazione dalla sorveglianza sociale, l'anarchia libertaria dell'egoismo dei sensi. Tutti elementi, questi, più propri dell'adolescenza, una fase "di mezzo" in cui l'individuo deve ancora combattere contro potenti spinte regressive.
Ma, come in parte anticipato, l'innocenza è un lusso che solo
l'animale o il folle possono permettersi. Un lusso che non può prevedere la punizione perchè la condizione di questi soggetti è già in buona parte una punizione. Lo scanzonato non merita quindi nemmeno quell'aurea
di romanticismo che lo fa apparire come una stella luminescente nella
notte, come un satiro che canta alla luna indifferente al disturbo
che può arrecare e agli equilibri che può compromettere, come un bambino innocente che reclama la sua parte di mondo.
Per la
legge di Dio, l'uomo non può essere innocente. Per i principi della
filosofia morale e giuridica, tanto meno. Per la
legge degli uomini, tale innocenza si presenta come nient'altro che
impunità.
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