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La copertina del libro di Piero Ricca |
Piero Ricca è il Pasquino in carne e
ossa, un colto predicatore dello spirito democratico; è l'emblema
della critica feroce che ci mette la faccia, di colui che dice al potente in faccia - letteralmente - quello che la maggior parte di noi vorrebbe dirgli senza
averne l'occasione o il coraggio.
La dialettica di Piero Ricca si imbeve
della più alta passione civica, al punto da risultare -
nell'anestesia collettiva della fase renziana dell'era berlusconiana - datata nella
sua retorica sentita, fatta di: “Bisogna riscoprire il piacere
intellettuale e morale della vergogna” o di richiami al "Caffè" di
Pietro Verri e di Cesare Beccarìa. Ricca ci insegna che c'è anche un piacere morale, un'ambrosia della coscienza civile che si sostanzia nella ricerca della giustizia e nello spettacolo del suo appagamento.
Piero Ricca è il massimo castigatore del potere, come lo è dei
bacia-pantofole e dei lecca-culo che affollano la sua corte. E' la prova che lo spirito della rivoluzione può risorgere e trovare i suoi uomini anche nel nostro disgraziato Paese.
Il coraggio e l'astuzia con cui Ricca
smaschera gli obbrobri del potere autoritario sotto la sacra sindone di una costituzione
ridotta a nobile sudario della democrazia, desta qualcosa di più di una semplice passione: si
tratta del miracolo della parola fatta atto dirompente, di una esaltante riscossa della vis democratica, pura estasi civica.
I paradossi evocati dal contrasto fra un potere autoritario reale e una impalcatura costituzionale svilita a esangue congegno di facciata sono precisamente ciò a cui Ricca si rivolge. Il più stridente fra questi paradossi è rivelato
forse dai confronti di Ricca con il "braccio armato" poliziesco dei potenti. Nelle situazioni in cui Ricca
provoca pubblicamente un politico mafioso, un alto dirigente pubblico condannato, un giornalista di
regime ecc., di norma interviene a un certo punto la polizia. E' il
caso del video (sotto) con infelice protagonista l'allora assessore alla cultura del Comune
di Milano Sgarbi, neo-condannato
definitivo per truffa aggravata allo Stato. La
polizia interviene a sirene spiegate, chiamata dal pregiudicato o da un
sodale. Per eseguire la sentenza e arrestare l'allora
assessore alla cultura, si dirà. No: in questa come in innumerevoli
altre occasioni, la polizia interviene per tacitare Ricca e i suoi
amici, per impedirgli di esprimere la propria opinione, per identificarli e portarli in commissariato. E' il mondo
sottosopra, in cui le forze dell'ordine sono impiegate a tutela e
protezione del disordine di una politica mefitica e corrotta, e
coloro che denunciano il paradosso dell'illegalità al potere sono
trattati come delinquenti. Tutto questo è il distillato di una situazione ormai incancrenita, che la protesta di Ricca e amici disvela pubblicamente nella maniera più efficace possibile.
Un altro paradosso è il timore
reverenziale che circonda politici e servi del potere la cui
mediocrità intellettuale e piccolezza umana sono non solo
massimamente apparenti, ma costituiscono prerequisito. Ricca, nello smascherare al
più alto grado il livello infimo dei personaggi che affronta, scopre
anche il gigantesco equivoco di un timore che non ha alcuna ragione
d'essere. I personaggi pubblici, spaesati dall'incalzare di domande
che l'informazione di regime è solita risparmiargli, vanno in escandescenze, dicono
parolacce, iniziano a sudare, a balbettare, a tradirsi e a
confessare. Oppure cercano di fare ciò che gli riesce meglio: fare i simpatici, mostrare un improbabile volto amico del sopruso quotidiano, cercare di corrompere. Cone le sue dimostrazioni pubbliche e pubblicate, Ricca fa capire che non si deve aver nulla da temere
dallo spiattellare in faccia al notabile la sua realtà di
personaggio infimo e deprecabile: non è la verità a dover avere i
sudori freddi, ma la menzogna.
Ricca non cerca di essere simpatico per raccogliere consensi e audience, anzi come tutti gli intransigenti cultori della verità civica è perfettamente
cosciente che lo svelamento di crude realtà urta la sensibilià di
gente comune che ha scelto il quieto vivere o il servilismo senza
tornaconto. La stessa gente che preferisce i ladri gentiluomini ai maleducati onesti. Ricca sa perfettamente che ogni atto di protesta contro il
potente produce nella volgarità indifferenziata della massa la sua quota di
valvassini senza investitura pronti a prendersela con il dito che
indica la luna, in cambio di una pacca su una spalla o del paterno
sorriso del dominus che li assoggetta e affama. Così facendo, Ricca espone la
mediocrità e l'arroganza masnadiera al potere assieme a ciò che l'ha resa
possibile: la realtà di un Paese nato servo e probabilmente destinato a crepare tale.
Colpisce in particolare una fase di
Ricca: “Celebrare la resistenza 65 anni dopo moralmente e
politicamente oggi significa resistere alle leggi vergogna.” Un
discorso che vale oggi, nella cupa era dell'eversione renzi-napolitaniana, più di ieri.
Disgraziato il paese che ha bisogno di eroi, come qualcuno disse. Ma, diremo noi, ancor più disgraziato è il paese che, avendone bisogno, non li trova. Per questo io voglio Piero Ricca come prossimo Presidente della Repubblica.
Disgraziato il paese che ha bisogno di eroi, come qualcuno disse. Ma, diremo noi, ancor più disgraziato è il paese che, avendone bisogno, non li trova. Per questo io voglio Piero Ricca come prossimo Presidente della Repubblica.
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