Mussolini è morto, ma il suo virus vive |
Le indagini di “Mafia Capitale”, di
“Aquila Nera” e di tutte quelle a venire ci suggeriscono quanto
già dovremmo sapere: a differenza della “destalinizzazione”
inaugurata in Russia dal discorso di Kruscev al XX Congresso del Pcus
e della denazificazione in Germania, in questo Paese la
“defascistizzazione” non ha mai avuto luogo: l'Italia non ha mai
potuto e voluto liberarsi dalle scorie di vent'anni di regime
fascista. Cosa s'intende per “defascistizzazione”? Un'operazione
culturale di lunga portata, certo, ma originariamente e più “tecnicamente” la
l'epurazione di una classe dirigente compromessa con il regime fascista di Roma o di Salò.
Pillole di Storia, Per Sapere o Non Dimenticare
Ferruccio
Parri guidò il governo provvisorio del CLN dopo la fine della
guerra. Tra le iniziative più lodevoli e doverose, ci fu quella di presentare
una lista di 350 personalità, alti funzionari statali, che si erano
gravemente compromesse con il fascismo. Alessandro Galante Garrone
(articolo qui) ci scrive come andò: “Come disse allora Calamandrei,
al periodo della Resistenza era subentrato quello della "desistenza"
(...). Era cominciata la stagione della benigna amnistia Togliatti,
spinta a limiti vergognosi e incredibili (…) L' epurazione (...) fu
una burletta. Si sarebbe dovuto procedere dall'alto. Invece ci si
accani' contro gli applicati d'ordine e gli uscieri, o magari il
capofabbricato che aveva indossato la divisa per vanita'. Non si
vollero o non si poterono colpire gli uomini veramente colpevoli e le
vecchie strutture dello Stato. Anche oggi ne stiamo pagando il fio.”
(grassetto nostro) L'ultima frase è senza tempo: la cambiale sciaguratamente
sottoscritta dal ministro della giustizia del primo governo De Gasperi, il segretario del PCI Togliatti, non è ancora scaduta
e ha maturato interessi. E il discorso va oltre il caso specifico:
fu, quello, forse il primo testamento di quell'impunità che la classe
dirigente avrebbe avocato a sé anche nei decenni successivi, fino
ai nostri giorni.
Il I maggio 1947 a Portella dellaGinestra la banda di Salvatore Giuliano spara su una folla di
lavoratori riunti in una protesta contro i latifondisti e per
festeggiare la vittoria del Blocco del Popolo nelle recenti elezioni
regionali siciliane. Viene usato anche un lanciagranate appartenente alla X
flottiglia Mas di Junio Valerio Borghese. E' la prima “strage di
Stato” e – anche nell'opinione di Marco Travaglio - evento inaugurale della “strategia
della tensione”, che conoscerà una lunga pausa fino alla fine
degli anni '60 (strage di Piazza Fontana), guarda caso proprio in
coincidenza di un rianimarsi del movimentismo di sinistra
rappresentato dai moti del '68. Il coinvolgimento di apparati dello
Stato e di frange di eversione fascista descrive la contiguità
tematica tra le due stragi, la cui distanza temporale è
facilmente giustificabile a partire dalla sicura presa della politica
democristiana su una società confortata dal benessere economico del
boom negli anni che le separano.
Della “strategia della tensione”,
la questione più tragica, pregnante e complessa, già si dovrebbe
sapere, anche sulla scorta di precedenti articoli di questo blog.
Un episodio meno noto è invece quello
del governo di Fernando Tambroni, ex Partito Nazionale Fascista passato alla DC
sul finire della guerra, e Presidente del Consiglio tra il marzo e il
luglio del 1960 con l'appoggio determinante del Movimento Sociale. Fu, il suo,
un autentico tentativo di regime autoritario,
con censure all'arte e alla cultura, provocazioni fasciste, ferimenti e uccisioni
di militanti di sinistra da parte della polizia. Il governo Tambroni,
pur effimero, può essere considerato la prova che, a meno di 15 anni
dalla proclamazione della Repubblica, il fascismo era già in grado
di rioccupare il potere.
Conclusione
Già Giolitti nei primissimi anni '20
aveva pensato di poter “usare” il fascismo in funzione
anticomunista per poi “addomesticarlo” e farlo rientrare
nell'alveo della democrazia parlamentare, con i risultati che
sappiamo. Non estirpando il fascismo dal suo seno nemmeno dopo la
guerra, ma anzi pensando di utilizzarlo contro la protesta
antilatifondista e comunista siciliana prima, e contro il più ampio movimentismo
di sinistra 20 anni dopo, la Repubblica s'è infettata di uno dei
mali peggiori: quello di un passato tragico che non passa mai. Una
cauterizzazione del bubbone fascista è sempre possibile, ma richiede
la premessa di una sanitizzazione culturale e politica profonda e
capillare nella società e nella classe dirigente. Una cosa, questa, che mette l'Italia ogni giorno di più di fronte alla propria disperata inettitudine.
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