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"Una provocazione. O no?" |
Siamo abituati dal consumismo a pensare
che la comodità e la funzionalità non debbano essere conquistate,
ma acquistate. Ciò che sta scomparendo è l'arte di arrangiarsi,
d'ingegnarsi. Per ogni attività quotidiana si tende a ricercare un
prodotto che ce la faccia essere più comoda e agevole possibile. E', se si vuole, l'indolenza fattasi categoria antropologica. Il
prodotto inventa anzi sovente l'attività stessa.
Non è sempre stato
così, ovviamente, e oggi il fenomeno è di gran lunga maggiormente
riscontrabile nelle nuove generazioni. Si tratta di una nozione di “ergonomicità”
socialmente indotta, un condizionamento che illustra il trapasso a
una nuova antropologia, peraltro già ampiamente riconosciuta dalla
letteratura specializzata: quella, per così dire, dell'uomo “multi-accessoriato”.
E' il tratto caratteristico dell'“homo sapiens sapiens” - quello che
gli ha valso la vittoria nella grande sfida dell'evoluzione: la
capacità di usare strumenti esterni per il conseguimento di
risultati pratici – portato al parossismo. La complessità
dell'organismo sociale che si è dato ha poi portato l'uomo primitivo
a specializzare le varie attività: con la divisione sociale del
lavoro ogni individuo sociale ha abdicato a un numero crescente di
mansioni, manuali o astratte, a favore di altri membri.
Con l'affermarsi poi, dai primi del
'900, della società di massa - e quindi della società dei consumi -
la delega delle attività alla base del “contratto sociale” si è
tramutata in una crescente eterodirezione della sfera del quotidiano.
Tralasciamo, per gli obiettivi di questo articolo, il contesto del condizionamento socio-politico - che è un più diretto effetto della complessità raggiunta dall'organismo sociale fin dalla polis greca - e concentriamoci sugli aspetti pratico-quotidiani. Oggi, ci si aspetta per tutto un prodoto o “app” specifici: un
dizionario a input vocale che ci eviti il disturbo di digitare la
parola; una poltrona con alzagambe incorporato che ci risparmi la
fatica di infilarci uno sgabello sotto i piedi; una forchetta
“autogirante” che ci dispensi dal lavoro di polso mentre mangiamo
gli spaghetti; un troller delle dimensioni di una ventiquattrore, perchè portare tre chili a tracolla ci ricorderebbe troppo il peso della vita ecc.
Il tutto si giustifica con il pensiero
della comodità che tutte questi fasulli supporti ci garantirebbero,
o con il tempo che ci farebbero risparmiare. Peccato che, se anche
ciò fosse vero, come dice Susan Ertz: “Sono milioni quelli che
aspirano alla mortalità e poi non sanno che fare in una piovosa
giornata domenicale.”
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