Il potere della satira è grande e consiste in questo: "usare", esagerandoli in senso parossistico, tratti del carattere, piccoli o grandi vezzi e atteggiamenti prepotenti, che diventano così la superficie riflettente della mediocrità della loro persona e della fragilità del loro potere. Soprattutto in Italia, dove la sostanziale assenza di criteri meritocratici nella politica, nell'economia e nello spettacolo, porta a esibire "come le palle dei cani" un'arroganza che sopperisca all'infondatezza del proprio prestigio sociale, la satira ha molta presa: non è un caso che il leader del maggior (e unico) partito di opposizione sia un comico.
Il panorama del potere è a tal punto popolato da nani e ballerine da far diventare la satira il "quarto potere" al posto del giornalismo "serio": anche l'ultimo libro di Travaglio si chiama "Slurp" e centra l'obiettivo sul giornalismo asservito al potere più di quanto possa fare un qualsiasi giornalismo d'indagine che ne riveli rapporti di proprietà e conflitti d'interessi.
L'interpretazione che Crozza fa del decadente neo-governatore campano De Luca esprime forse al meglio il potere della satira. Un potere che non si esprime solo sul piano della conoscenza (il farci sapere che dietro ogni ras si nasconde un omuncolo sommamente mediocre, un fantoccio messo lì da qualcun altro), ma che agisce sul piano concreto. In questo senso la satira è, oserei dire, "rivoluzionaria": nel fatto cioè che il potente, dopo averla subita, non potrà più essere se stesso se non vuole apparire come la caricatura di se stesso. Il De Luca "reale" non potrà d'ora in poi più dire "personaggetto" senza evocare nella mente del pubblico l'immagine di Crozza che lo deride con la sua interpretazione. Perchè per "personaggetti" come De Luca, che attirano su di sè la satira come il formaggio il topo, si compie questo prodigio: nel momento in cui diventano oggetto di satira, la loro versione satirica diventa più reale di quella anagrafica. Come accade manifestamente anche nella presa in giro che Crozza fa di Renzi, si ha la netta percezione che la realtà superi la fantasia, che il Renzi reale, per esempio, sia più "personaggio" di quello di Crozza e che sia un'imitazione di questo, e non viceversa. La satira rivela quindi che queste persone sono in realtà la vera satira di se stesse, con tratti di ridicolezza e macchiettismo che nemmeno una rappresentazione satirica può eguagliare. Quindi la satira dà la misura della persona reale: essa viene dopo cronologicamente ma "viene prima" in quanto svela la vera natura del personaggio, che diventa così la vera immagine con cui il pubblico si confronta parlando della persona "in carne e ossa".
L'esuberante potere dei "mammasantissima", con i loro "Lei non sa chi sono io" e "Io la rovino" che tanto impressionano il popolo-servo, è una pagliuzza che il vento minaccia di portarsi via ad ogni momento. La satira, se fatta bene, ci fa forti di questa consapevolezza. Come possiamo non amarla?
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