"Li batteremo ancora. Lo stiamo già facendo" |
Vecchi contro giovani? No: la vera
contrapposizione è tra economia reale ed economia del nulla
I media hanno qui
buon gioco nel portare acqua al proprio mulino, o meglio a quello di
coloro che servono: l'assist della solita vecchia diatriba tra il
nuovo e vecchio, tra i “cambiatori” e i conservatori, tra quelli
che guardano a un futuro fatto di autostrade nella troposfera e i
nostalgici del protettorato di Cromwell, è offerto loro dal dato apparentemente incontestabile della distribuzione demografica del voto, che parla di
una supremazia del “leave” solo a partire dalla fascia dei
cinquantenni.
Ma, a dispetto
delle apparenze - e secondo una lettura che mi pare, tra le molte, una delle più cogenti per i tempi in cui viviamo - non si tratta in realtà della contrapposizione tra
vecchi e giovani, quanto di quella tra economia reale ed economia
“del nulla”.
Seguendo per un attimo la semplificazione dei "remainer", la platea dei “vecchi” si comporrebbe di operai, pescatori, contadini, pensionati, piccoli imprenditori e artigiani, tassisti e quant'altro, in larga parte componenti dell'economia che sostiene tutto il Regno dalle periferie, e le categorie più colpite dall'iperburocrazia vessatoria dell'establishment europeo, che come si sa deve a tal punto rispondere alle banche e alle èlite finanziarie da aver perso di vista completamente l'economia reale. E infatti Londra, la "city", una delle maggiori capitali finanziarie del mondo, ha votato in blocco per il remain. Ma l'economia reale è quella che manda avanti un Paese: tutti abbiamo bisogno di mangiare, di abitare, di muoverci; i servizi finanziari acquisiscono un senso e un ruolo solo se si mettono al servizio dell'economia materiale. Scissi da questa, si riducono a un crogiolo di interessi speculativi che finiscono col lavorare contro l'economia reale stessa. Il "terziario" è solo in funzione di un "primario" e di un "secondario": persi di vista questi, esso non è che una bolla pronta a scoppiare.
Seguendo per un attimo la semplificazione dei "remainer", la platea dei “vecchi” si comporrebbe di operai, pescatori, contadini, pensionati, piccoli imprenditori e artigiani, tassisti e quant'altro, in larga parte componenti dell'economia che sostiene tutto il Regno dalle periferie, e le categorie più colpite dall'iperburocrazia vessatoria dell'establishment europeo, che come si sa deve a tal punto rispondere alle banche e alle èlite finanziarie da aver perso di vista completamente l'economia reale. E infatti Londra, la "city", una delle maggiori capitali finanziarie del mondo, ha votato in blocco per il remain. Ma l'economia reale è quella che manda avanti un Paese: tutti abbiamo bisogno di mangiare, di abitare, di muoverci; i servizi finanziari acquisiscono un senso e un ruolo solo se si mettono al servizio dell'economia materiale. Scissi da questa, si riducono a un crogiolo di interessi speculativi che finiscono col lavorare contro l'economia reale stessa. Il "terziario" è solo in funzione di un "primario" e di un "secondario": persi di vista questi, esso non è che una bolla pronta a scoppiare.
E i “gggiovani”,
che secondo i servo-media avrebbero avuto più diritto a una voce in
capitolo, in spregio del principio di uguaglianza nella scelta
democratica? Ebbene, la nozione di fuffo-economy non si esaurisce con la finanza
che risponde solo a se stessa. Per capirlo, basta notare le
professioni dei giovani italiani (o comunque comunitari) anti-brexit intervistati prima e
dopo il per loro nefasto evento: giornalisti, galleristi, advisor di varia risma, probabilmente anche qualche wedding-planner. Insomma,
tutti i “lavori” che uno attribuirebbe a un fighetto andato a
cercare fortuna in terra straniera coi soldi (e magari le conoscenze)
di papi: nulla di cui possa campare un Paese. Lavori-bolla, legati a
mode o a concezioni insostenibili dell'economia.
Chi, secondo voi,
ha il polso reale della situazione? Quelli che servono la comunità
con attività che la fanno andare avanti, o degli avventurieri che
ricamano sul nulla improbabili carriere a tasso zero di produttività
sociale? O che, pur svolgendo un lavoro genuino, guardano al
proprio esclusivo retrobottega di immigrati di buone speranze (e così
introduciamo il punto successivo)?
"Il voto per il 'Brexit' è stato
un voto di pancia." "Un par di palle"
Altra boiata
pazzesca ripresa da giornali, commentatori, anchor-men, anchor-women,
analisti di tutti i Paesi: quelli che hanno votato per buttar fuori
la GB dall'UE non solo sarebbero delle vecchie carcasse superate dalla
Storia, ma hanno pure votato con le loro pance, peraltro enfiate da
decenni di eccessi alcolici.
Peccato che ciò
si possa dire più per coloro che il voto l'hanno dato al
“remain”: costoro sì hanno votato con la "pancia", cioè con gli unici moventi della paura
e degli interessi personali.
Della paura, perché
su questo (e, si badi, solo su questo) ha precisamente puntato la
propaganda “remain”. Va aggiunto poi che le generazioni-Erasmus,
cioè i giovani nativi dell'Europa unita, non hanno potuto conoscere
un'alternativa: naturale dunque per loro pensare che vi possa essere
solo la catastrofe al di fuori di questa. I “vecchi” hanno invece
memoria di una realtà diversa, più dignitosa e meno propensa a farsi
dettar legge per un piatto di lenticchie, perlopiù da un popolo –
quello tedesco – della cui efferata voglia di supremazia molti di
essi conservano tracce indelebili nella memoria.
Degli interessi
personali perché, come detto sopra, i “remainster” si sono
curati solo della perpetuazione dei loro individuali privilegi
carrieristici, e non dell'economia del sistema inglese, che fa
naturalmente leva su alcuni settori essenziali che producono beni
e servizi di reale utilità sociale.
“I cittadini ci ripensano: già
tre milioni aderiscono a una petizione per riproporre il referendum.”
“E stì cazzi!”
Altra bufala
sesquipedale con la quale giornali e media hanno deciso di rendersi
ancor più ridicoli: il rilancio della notizia di una petizione per
richiedere un match di ritorno, che ha raccolto in pochi giorni già
3 milioni di sottoscrizioni. L'iniziativa porterà il Parlamento
inglese a discutere la proposta (ma a questo scopo sarebbero bastate,
a norma di legge, 100 mila firme).
Interessante (si fa
per dire). Peccato che:
- chiunque (e dicasi chiunque) possa partecipare a questa petizione: basta dichiarare di essere cittadini britannici, senza obbligo di presentare documento, ma solo il codice postale della presunta area di residenza (link).
- Che valore e senso hanno 3 milioni di sottoscrizioni a fronte dei 16 milioni dei votanti “remain” o, ancor di più, dei 17 e mezzo che hanno votato per il Brexit?
- E se a un prossimo ipotetico referendum vincesse il “remain” che si fa? Va bene così perché questo è un risultato che aggrada loro signori, o si va alla bella? E se il Brexit vince la bella che si fa? Si va avanti al meglio dei 5 incontri (pardon: “referendum”)? Qualcuno ha spiegato a questi giovani illuminati la differenza fra un torneo di soccer e consultazioni in cui si decide il destino di decine di milioni di persone?
- Come corollario all'enfasi che accompagna questa pseudo-notizia, i media commentano che i britannici si sarebbero pentiti del voto? Ah sì? E come fate a dirlo? Sulla scorta di una petizione dove un medesimo sostenitore pro-remain può votare anche un milione di volte?
Questo è il
panorama dell'informazione. Ma non fate tanto i
sorpresi: ve l'avevano detto. Certo personalmente avrei pensato che
fosse soprattutto una cosa italiana, ma immagino che all'interno di
questo carrozzone di inutili parassiti che perde ogni giorno più
pezzi, tutto il mondo sia paese.
L'Europa della
nazi-finanza sta morendo; Dio e i santi tutti vogliano che il colpo
di grazia arrivi presto.
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