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L’opera di Bansky che si autodistrugge (1) è solo un gioco delle
parti in un mondo dell’arte la cui morte è stata proclamata da
decenni (e con ottime ragioni), e il cui cadavere è tenuto in vita, in forma grottesca
e provocatoria, unicamente dal potere del denaro. E’ in questo panorama di “arte
zombie” che si consumano imbarazzanti pantomime come quella dell'altro ieri.
Il gioco delle parti è, naturalmente, quello fra artista e establishment
dell’arte, che assieme formano l’industria dell’arte. Nel caso di Bansky, si parla
di un artista “sconosciuto” di cui si sa praticamente
tutto (l’articolo in inglese di Wikipedia che lo riguarda è gigantesco): già questa
contraddizione ab ovo (l'operazione - tipica - che fa leva sul supposto mistero dell’identità dell’autore è nel caso di Bansky inscenata maldestramente) è di per sé atta a suggerirci che, anche nell'episodio in questione, dobbiamo trovarci di fronte a una burla.
Ma veniamo alla “notizia della giornata”. Cosa ci induce a
considerare l’autodistruzione della “Bambina con palloncino” una scenata
teatrale che solo dei deboli d’intelletto potrebbero scambiare per autentica? Diversi fattori: il fatto che l’opera si
trovi ora, con ogni probabilità, a valere molto di più di quello che valeva da
integra, cioè l’equivalente dell’1.200.000 € che l’acquirente ha dovuto sborsare
qualche secondo prima che l’opera si “autodistruggesse” (in realtà, si tratta di "distruzione", perché l’autore
era tra i presenti e ha azionato a corta distanza il meccanismo).
Si apprende inoltre che,
poco dopo che il fatto s'era consumato, “un uomo vestito di nero con cappello e occhiali da sole” (2)
s’è azzuffato con la security vicino all’ingresso della casa d’aste. Dunque, qualche
secondo dopo questo incredibile accaduto, uno sconosciuto vestito come l’assassino
di un film di Dario Argento - quindi sospettabile fino al midollo - esce dall’edificio
dell’asta, viene notato ma nessuno pensa di fermarlo e di chiamare la polizia
per una perquisizione e interrogazione? Il direttore di Sotheby's verrà
ora licenziato, visto che non ha avuto la prontezza di intimare alla security,
subito dopo l’accaduto, di non far uscire nessuno dall’edificio? E’ chiaro che,
anche qualora si fosse trattato di Bansky in persona, l’opera d’arte non
apparteneva più a lui perché era stata appena venduta, quindi il suo
danneggiamento configura un reato grave, punibile con il carcere e con un risarcimento
milionario.
La realtà è tutt’altra: si tratta di una sceneggiata che di fatto fa schizzare alle stelle il prezzo di quest’opera (la prima opera nella storia dell’arte a “autodistruggersi”) e - con buone probabilità - di tutte quelle future di Bansky. A conferma di questo, basti vedere le facce stupite, ma anche compiaciute, degli addetti all’asta: non giurerei sul fatto che un adeguato ingrandimento delle loro pupille non lasci intravvedere il simbolo della sterlina sfolgorare di nuova luce.
La realtà è tutt’altra: si tratta di una sceneggiata che di fatto fa schizzare alle stelle il prezzo di quest’opera (la prima opera nella storia dell’arte a “autodistruggersi”) e - con buone probabilità - di tutte quelle future di Bansky. A conferma di questo, basti vedere le facce stupite, ma anche compiaciute, degli addetti all’asta: non giurerei sul fatto che un adeguato ingrandimento delle loro pupille non lasci intravvedere il simbolo della sterlina sfolgorare di nuova luce.
Bansky, si dice, è un artista che “si oppone alla
globalizzazione e alla “cupidigia” delle multinazionali”, e “ha preso spesso
posizione contro la commercializzazione delle sue opere” (3). Se ciò è vero, quest’artista
deve essere allora anche uno stupido, perché, come appena detto, operazioni
come queste fanno lievitare il valore
delle sue opere e di conseguenza alimentano, non contrastano, il loro
mercimonio e quindi l’industria che ci campa sopra. Inoltre – ma forse uno che
conosce più di me le vicende legate all’artista saprà fornire una giustificazione
plausibile – se Bansky si oppone tanto alla commercializzazione delle sue opere
d’arte, che diavolo ci faceva una di queste in un’asta? E’ stata forse
ritrovata in un cassonetto dell’immondizia e, essendo l’autore anonimo,
non la si è potuta restituire al legittimo proprietario?
Insomma, è chiaro che la vicenda puzza di inganno e di
macchinazione lontano un miglio. Non vi è nulla di sostanzialmente nuovo in essa; di nuovo c’è solo la forma che si è scelta. Il mondo dell’arte, ridotto
da almeno 50 anni a un freak-show di spazzatura post-moderna, ha sempre avuto bisogno
di periodiche scosse, che l’hanno sempre aiutato a infondere nel proprio
business, anche se in modo del tutto artificiale, un nuovo alito di vitalità:
si è sempre trattato di manovre pubblicitarie innescate con la complicità del
circus mediatico. C’è da ritenere che tutti gli addetti ai lavori – sia dal
lato dell’offerta che della domanda – sappiano ciò, e partecipino a un gioco
del quale sanno che il valore artistico dell’opera d’arte è l’ultima delle
preoccupazioni, la prima essendo il valore di investimento dell’opera. Come nel
mondo della Borsa, gli operatori sono coscienti del fatto che il valore intrinseco di un determinato titolo è
nullo, ma l’acquistano comunque per approfittare di una passeggera ondata di acquisti
su quel titolo, e quindi sul trend rialzista che lo favorisce.
Simili shock, colpi di scena e trovate scenografiche servono a mantenere in vita un mondo dell’arte ridotto a business. Non c’è da meravigliarsi quindi che le opere artistiche siano da decenni in larga parte modellate su questi stessi fattori, che siano cioè esse stesse basate sulla forma espressiva della shock e della trovata. Non sembra questo essere particolarmente il caso di Bansky - bè, se si esclude ovviamente l'opera che è oggetto di questo articolo -, il cui lavoro dimostra almeno un certo talento figurativo; è invece certamente il caso, per esempio, di un autore della cui opera abbiamo avuto modo di parlare qualche tempo fa: Christo (4). A differenza di Christo, però la monumentalità della cui opera non fa mistero dell'ombra del capitalismo che vi si proietta, Bansky sembra essere un grande ipocrita, perché il suo è un "anti-capitalismo" al servizio del plus-valore: una "protesta" che rinforza la capitalizzazione del discorso artistico è, nel migliore dei casi, un attestato di ottusità; nel peggiore, una riprova di profonda malafede. Alla luce di questo, c'è da scommettere che il supposto anonimato di questo artista serva a nascondere l'identità (e l'entità) del suo conto in banca, più che della sua persona.
Simili shock, colpi di scena e trovate scenografiche servono a mantenere in vita un mondo dell’arte ridotto a business. Non c’è da meravigliarsi quindi che le opere artistiche siano da decenni in larga parte modellate su questi stessi fattori, che siano cioè esse stesse basate sulla forma espressiva della shock e della trovata. Non sembra questo essere particolarmente il caso di Bansky - bè, se si esclude ovviamente l'opera che è oggetto di questo articolo -, il cui lavoro dimostra almeno un certo talento figurativo; è invece certamente il caso, per esempio, di un autore della cui opera abbiamo avuto modo di parlare qualche tempo fa: Christo (4). A differenza di Christo, però la monumentalità della cui opera non fa mistero dell'ombra del capitalismo che vi si proietta, Bansky sembra essere un grande ipocrita, perché il suo è un "anti-capitalismo" al servizio del plus-valore: una "protesta" che rinforza la capitalizzazione del discorso artistico è, nel migliore dei casi, un attestato di ottusità; nel peggiore, una riprova di profonda malafede. Alla luce di questo, c'è da scommettere che il supposto anonimato di questo artista serva a nascondere l'identità (e l'entità) del suo conto in banca, più che della sua persona.
(1) "Bansky, l'opera da 1,2 milioni di euro si autodistrugge all'asta di Sotheby's", Corriere della Sera, 06/10/2018.
https://www.corriere.it/cronache/18_ottobre_06/banksy-l-opera-12-milioni-euro-si-autodistrugge-all-asta-sotheby-s-c4a2437c-c939-11e8-9bde-b14535fa581c.shtml
(2) Ibidem.
(3) Ibidem.
(2) Ibidem.
(3) Ibidem.
(4) "L'arte di Christo: il Talento del Capitale", Cemento Mori, 06/07/2016.
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