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Si fa un gran
parlare dell’episodio del maestro di Foligno che avrebbe razzisticamente umiliato un
alunno nero di fronte ai suoi compagni, proferendo al suo indirizzo frasi come:
“Guardate come è brutto” (1). Prima ancora di aspettare gli accertamenti e dimentichi
di quanto la realtà sia complessa e vada valutata in tutte le sue
sfaccettature, l’“industria dell’anti-razzismo” e la sinistra, garantista solo
per i suoi, si sono buttati a pesce sulla news e hanno, nella migliore
tradizione stalinista, “buttato il mostro (anzi: il "maostro") in prima pagina”. “Massacrare uno per
educarne cento”, proprio come ai vecchi tempi. In realtà, esiste nella scuola
primaria una tecnica didattica chiamata “role-playing” (gioco di ruolo), e può
benissimo essere che il maestro abbia voluto giocare la parte del razzista per
suscitare negli alunni sdegno e far loro capire quanto è sbagliato il giudizio
in base al colore della pelle. A questo punto poco sappiamo, e dovremmo
sospendere il giudizio, vista la posta in palio: la carriera e la vita di un
individuo.
Conoscendo la scuola italiana, ci sono ottime
probabilità, infatti, che la verità sia esattamente il contrario di come la si
vuole dipingere, e che cioè il maestro non sia un razzista, bensì in realtà il
tipico buonista multiculturalista di sinistra che, armato più di buone (dal suo
punto di vista) intenzioni che intelligenza, ha inscenato una “provocazione”
che gli è scoppiata in faccia. A questo insegnante, si presume già da diversi
anni nel mondo della scuola, deve essere sfuggito il recente clima di caccia
alle streghe che vede razzisti ovunque, e la caduta libera del prestigio
dell’insegnante, che è diventato ormai un tiro a segno per le frustrazioni di
genitori falliti e di dirigenti succubi. Se avesse aperto gli occhi negli
ultimi anni, se ne sarebbe stato ben quieto senza pagar smodato pedaggio a
un’innovazionismo didattico che, pompato come non mai nella scuola degli ultimi
20 anni, qualche volta può condurre a farla fuori dal vaso, come è per il caso
in questione. Non siamo al cospetto di un razzista, quindi, bensì di un idiota,
o comunque di una persona che ha fatto una cosa idiota e suicida.
Le situazioni
come quella protagonizzata da questo maestro sono – al pari dei morti di
“rifugiati” in mare – occasioni troppo ghiotte per la sinistra per dare
un’altra spintarella in avanti alla propria agenda
immigrazionista-terzomondista e pro-invasione clandestina. Un’agenda che, vista
come una guerra (tanto è vero che prevede un’invasione) ha lasciato e lascerà
per terra (e nei mari) vittime; ma questo è solo un dettaglio, un obolo necessario sulla strada
delle “magnifiche sorti e progressive”. E del resto, non fu Stalin a dire che milioni
di morti sono solo “statistica”? Quindi, avanti compagni!
L’antirazzismo è
diventato un’industria attorno alla quale ruotano interessi economici e
politici. Esso lo è in se e in quanto arma da brandire per mettere a tacere tutti coloro che si oppongono all'invasione e quindi al business dell'immigrazione. Tutti hanno in qualche modo da guadagnare dall'antirazzismo, a parte ovviamente
le vere vittime: le persone che vengono infangate con accuse di razzismo false
e pretestuose, e la cui vita rischia di venire rovinata per sempre. Chi ha da
guadagnarne, quindi? Bè, ovviamente cooperative, onlus e ong, dal punto di
vista economico; ma anche la sinistra, dal punto di vista politico-elettorale:
dopotutto, l’anti-razzismo è qualcosa di encomiabile, ed è un ottimo viatico
per accreditarsi come i “buoni”, i “tolleranti” ecc.; e chi non potrebbe stare
dalla parte dei “buoni” e dei “tolleranti”, se non delle persone malvagie e
razziste? Ecco quindi che alla base c’è il solito ricatto morale: o voti per (o
come) noi e la pensi come noi o sei un “uno di loro”.
Il Vittimismo (Fondato sul Falso) che Permette di Passare alla Cassa
E poi non vanno
dimenticate, tra quelli che dall’anti-razzismo ci guadagnano, le false vittime:
accudite, coccolate, premiate e remunerate. Esse si prestano ben volentieri a
mettersi al centro di supposti “attacchi razzisti”, per lo più inventati di
sana pianta da loro o dai media, perché i vantaggi che possono ricevere dal
loro neo-acquisito stato di vittima sono palpabili. I primi a desiderare che
esista il razzismo sono proprio i sedicenti “anti-razzisti” e le aspiranti
vittime. Tanto è vero che, se non c’è, lo fabbricano. Esempi da noi non mancano; ma volgiamo lo sguardo agli Stati Uniti.
Negli Stati Uniti
l’oppressione dei neri è ancora un fatto. Ma essa non avviene per mano dei
repubblicani e di Trump, come vorrebbe farci intendere la fabbrica delle
menzogne dei media sinistrorsi, bensì per mano del partito che si battè durante
la Guerra Civile per il mantenimento della schiavitù; per mano del partito i
cui membri erano gli unici a possedere schiavi prima che la schiavitù fosse
abolita; per mano del partito che fondò il Ku Klux Klan: l’oppressione dei neri
in America è cioè, oggi come cento e duecento anni fa, attuata dal Partito
Democratico. In città come Chicago, Baltimora, Philadelphia, per es., da anni
sempre in mano ai Democratici, i neri vengono tenuti in una condizione di
ignoranza e di minorità sociale: a ciò contribuiscono politiche di
disgregazione familiare (moltissimi giovani vengono allevati in famiglie dove
il padre è assente, spesso in galera) e politiche assistenzialistiche che
assecondano un’esistenza parassitaria e priva di prospettive (se io prendo la
paghetta dallo stato, avrò meno incentivi a cercarmi un lavoro, e quindi a
trovarmi un’indipendenza economica che mi permetterebbe di auto-determinarmi
nelle mie scelte politiche o d’altro tipo). Inutile dire che simili città
vivono una condizione di sostanziale bancarotta (per via delle politiche
assistenziali che costituiscono di fatto un “voto di scambio” su grande scala,
e che drenano risorse pubbliche, impedendo l’attuazione di politiche economiche
socialmente fruttuose e di progetti infrastrutturali) e una condizione di
disgregazione e di forte insicurezza (queste città sono, per es., quelle che contano il maggior numero di omicidi, in larghissima maggioranza perpetrati da neri su altri neri).
All’opera di
soggiogamento dei neri americani giunge l’apporto regolare dell’industria
culturale – con capofila un’Hollywood saldamente in mano alla sinistra -, la
quale alimenta i miti del “razzismo istituzionale” [come se la discriminazione
e la schiavitù dei neri non fosse mai stata abolita (da Lincoln, che era un
repubblicano)], e del nero come eterna vittima. In un caso da manuale di
proiezione (che definisce il modus operandi della sinistra meglio di qualsiasi
altro concetto, come ben ha capito chi mi legge da un po’ di tempo), la
sinistra trasferisce sugli altri un razzismo che è solo suo.
L’“antirazzismo” è
ormai un business che porta vantaggi a false vittime, politici, media di
sinistra e a chiunque salga sul vagone della “condanna al razzismo”. Un
razzismo che è sempre bianco e occidentale, in quanto per la sinistra un nero o
un islamico non possono, per definizione, attuare razzismo, ma solo subirlo. La
dimostrazione che l’antirazzismo è un’industria ce la danno tutti gli
innumerevoli episodi di fake, o falsi episodi di razzismo, provenienti da paesi
come l’America (anche se l’Italia si batte bene). L’ultimo caso, il più
clamoroso perché vede al centro una persona famosa, è quello di Jussie Smollet
(2), attore gay e nero che ha dichiarato recentemente di essere stato avvicinato,
nel cuore della notte, da due fan di Trump riconoscibili dal rosso cappello
Maga (“Make America Great Again”), i quali l’avrebbero insultato, picchiato,
gli avrebbero versato addosso dell’ammoniaca e messo al collo un cappio. La
storia faceva fin da subito acqua da tutte le parti, e la polizia non ha
tardato a smascherarla per quella che è: un hoax, un fake, un falso attacco
sceneggiato con l’aiuto di due compari di nazionalità nigeriana. Apparentemente, l'attore non era soddisfatto del suo ingaggio in una serie televisiva, e voleva indurre la produzione ad alzare il suo cachete esibendo il suo nuovo status di "vittima di razzismo".
Un altro caso,
diverso ma con un medesimo carattere di falsità, calunnia e strumentalizzazione
politica, è quello che ha visto al centro, questa volta sì come reale vittima, una
bambina afroamericana di nome Jazmine Barnes. Jazmine Barnes è stata vittima
del suo assassino, certo, ma anche dei suoi genitori e del circolo dei media. Sono
stati la madre e la sorella, infatti, a cogliere la palla al balzo per
descrivere alla l’assassino (con dovizia di particolari, al punto da poter
produrre un preciso identikit) alla polizia elencando i tratti più stereotipici
del roughneck “white supremacist” del profondo sud: capelli biondi, occhi azzurri,
pick up truck rosso ecc., e accaparrarsi così il trofeo più ambito di questi
tempi: lo status di vittima del razzismo bianco. Subito infatti i riflettori
sono arrivati, così come sono arrivati i soldi sul conto per una campagna “Go-Fund-Me”
aperta dal padre lo stesso giorno della morte della figlia: donazioni da
superstar del basket e del football. Anche i tweet di solidarietà da celebrity
del mondo dello spettacolo non si sono fatte mancare.
Nel momento però
in cui si è scoperto che l’assassino della ragazzina era un afroamericano, il buio
più assoluto: la vicenda della ragazzina uccisa è praticamente scomparsa da giornali, tv e social media, le manicurate
e ingioiellate dita delle star non si sono mosse per commentare l’agognata
soluzione del caso. Un nero che uccide un nero: una casistica che è assurta a
norma nelle aree-ghetto di città amministrate da sempre dalla
sinistra. E una casistica che media e politici di sinistra hanno tutto l’interesse
a nascondere e a sottacere, preferendo dar risalto ad attentati a sfondo razzistico
che non hanno mai avuto luogo, cioè a fake news. La morte della ragazzina è
stata – in primo luogo dai genitori – strumentalizzata per biechi scopi
economici e di propaganda politica. Quando si è capito che non lo si poteva più
fare, la vicenda è quasi completamente sparita dai grandi media e dai social, e così le
testimonianze di solidarietà e di compassione di vip e attivisti. 1400 articoli
di “copertura” approfondita e appassionata del caso quando ancora si credeva che
l’assassino fosse un bianco; 135 articoli di poche righe, a stampo puramente
informativo-cronachistico e seppellite a distanza siderale dalla prima pagina, quando
si è scoperto che i responsabili del delitto erano due neri. La ragazzina è stata uccisa una seconda volta. Da vomitare.
Il Razzismo, Quello Vero, è di Sinistra
Ancora una cosa, prima di concludere. Si è detto di come l'"antirazzismo" sia un business, strumento per la produzione di una moneta corrente: un vittimismo costruito sul nulla, e che nondimeno paga profumatamente. Vediamo adesso che questa moneta corrente è spendibile sul mercato del senso di colpa che attanaglia l'Occidente, e che è la vera piaga degli ultimi anni.
Questo stato di
cose è infatti il frutto di un condizionamento culturale che dura da decenni, e che ha
portato l’Occidente – non questo o qual singolo paese, ma l’Occidente “bianco”
in generale, a proposito di razzismo - a convincersi di avere colpe da espiare.
La sinistra, dopo almeno 50 anni di pelosi e falsi proclami contro
l’“imperialismo dell’Occidente” che avrebbe rovinato e corrotto la supposta
purezza degli abitanti del Terzo Mondo, impedendogli di svilupparsi, ha in
maniera diabolica instillato nell’Occidente il senso di colpa per un passato
lontano, che peraltro non è proprio dell’Occidente in quanto tale ma di alcune
ex-potenze coloniali la cui influenza ha comunque anche arrecato vantaggi ai
territori controllati.
La sopra citata
mitica “purezza” delle popolazioni indigene non fa altro che reiterare il mito
rousseauiano del “buon selvaggio”, per il quale i nativi del Terzo Mondo altro
non sarebbero che animali allo stato di natura, incapaci di intendere e di
volere e quindi suscettibili di essere manipolati e corrotti dal semplice contatto
con la socializzazione e la civilizzazione: una visione, questa, di puro
anche se velato razzismo, che viene però dalla sinistra – in uno delle sue spettacolari
inversioni della logica – utilizzata per combattere il razzismo.
L’“anti-razzismo” della sinistra non è altro che un diabolico mascheramento di
un razzismo avete le sue radici nella propaganda colonialista del XV secolo; un
razzismo che essa ha ereditato e che dimostra di non aver mai superato. Nella
sostanza, si considerano i popoli del Terzo Mondo come degli animali da
tutelare e proteggere come in una riserva; renderli più “umani” e civili
attraverso un’opera di educazione e civilizzazione equivarrebbe a corromperli,
a tradire la loro natura: essi vanno quindi tenuti così come sono, e
indipendentemente dal fatto che essi vogliano così o meno, perché essendo degli
animali essi non possono avere volontà, e quindi non possono prendere
decisioni. L’obiettivo di questa visione razzistica che vorrebbe le popolazioni
primitive perennemente relegate a uno stato di minorità e di sottosviluppo è
quello del controllo: al tempo dei colonialisti, il controllo serviva a non
farli ribellare; nei tempi odierni di ghetti, no-zone e immigrazione
clandestina, esso serve a farli votare per il proprio partito in cambio di
prebende assistenziali.
Concludiamo con una citazione di Danusha Goska, autrice dell'articolo che abbiamo qui usato:
I progressisti rifiutano la religione convenzionale e la fondazione giudaico-cristiana della civiltà occidentale come irreparabilmente corrotta e da sfigati. [...] Ma anche gli atei hanno bisogno della religione, e una nuova religione fu costruita attorno alla razza, con il razzismo bianco come il solo peccato. In questa religione, il razzismo è una valuta pregiata.Il possesso monopolistico del razzismo arricchisce e dà potere al suo possessore, sia nero che bianco. Se una persona nera può dichiarare di essere vittima del razzismo, se una persona bianca condanna melodrammaticamente il razzismo, essi guadagnano prestigio e potere considerevoli. L'esibizione pornografica dell'indignazione è la Santa Eucarestia di questa religione. Essa è la dose di droga per i comunicatori della sinistra. Fornisce loro una scossa che li tiene occupati fino all successivo collettivo attacco di isteria moralizzante.(3)
(1) "Bimbo nero umiliato a Foligno, il padre accusa: 'E' statoi razzismo, non un esperimento", Il Messaggero, 22/2/2019.
(2) "Fake Hate Crimes' Real Victims", di Danusha Goska, Frontpagemag, 1/3/2019. Si parla in particolare dei due casi di falso razzismo illustrati.
(3) Ibidem.
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