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Chi, con
piena e sacrosanta convinzione, afferma che la sinistra è il
principale alleato dell’Islam in funzione anti-Occidente, anti-ebraica e
anti-Israele, non ha ancora visto quello che succede in America.
Molto
recentemente, una scuola superiore della comunità di Saratoga Springs, New York,
ha distribuito ai suoi studenti, con l’evidente beneplacito della direzione, un
foglio comprendente una lista di “attributi” (1), la cui scelta avrebbe permesso
agli alunni di definire il loro livello di “privilegio”.
Bisogna
sapere che da anni negli Stati Uniti una psicosi ha attanagliato la sinistra,
sempre protesa all’accalappiamento dei voti delle minoranze nere, ispaniche,
islamiche e omosessuali: quella del “privilegio”. Essendo l’80% dei discorsi
che si odono a sinistra in questo triste periodo della storia della società
americana di stampo inequivocabilmente razzista (la sinistra americana di
questi anni è quella che ci è stata lasciata in eredità da Obama, il presidente più
divisivo della storia USA), non può meravigliare che il “privilegio” di cui si
blatera sia soprattutto “white privilege”: i bianchi sarebbero, secondo la
sinistra, gli eterni responsabili dei disagi delle minoranze, che essi avrebbero
derubato e sfruttato per costruire una società, quella odierna, che li vede pertanto privilegiati.
Ma la cosa
non finisce con il colore della pelle. Se c’è una colpa comparabile a quella di essere nati bianchi e
quindi naturali eredi di questo “privilegio bianco” (come se nelle società
occidentali non esistessero bianchi poveri e sfruttati, ma lasciamo stare), questa è
quella di essere eterosessuali e maschi. La definizione di "white straight male" ("bianco, etero e maschio") condensa per la sinistra tutto il male che si possa trovare in una persona.
Lo scopo di questa esagitata campagna di demonizzazione è quello di ottenere, per certe categorie
scelte che non a caso rappresentano per la sinistra l’elettorato di
riferimento, delle “agevolazioni” esclusive, quindi un autentico sistema di
privilegi economici e sociali, e cioè proprio ciò che a parole si vorrebbe contrastare. La sinistra ha
già ottenuto a questo riguardo dei risultati, e l’“affirmative action” testimonia che questo sistema di privilegi (dei privilegi reali e
tangibili e non quelli, inesistenti, che la sinistra vuole vedere nella “White
America”) è già oggi in America una realtà (2).
Si tratta,
insomma, di una lotta per il potere condotta soffiando costantemente sul fuoco
del malcontento sociale e sfruttando le categorie più deboli, il tutto per
dividere la società e raccoglierne i cocci: un classico del modus operandi
“progressista”.
La "Lista di Autocertificazione dei Privilegi"
Dagli innumerevoli proclami della sinistra si evince che al
primo posto nella classifica della damnatio viene l’essere
bianchi, al secondo l’essere maschi e al terzo l'essere eterosessuali
(per quanto queste due ultime categorie viaggino sostanzialmente a pari
merito).
Ovviamente, dato il grado di maggiore complessità raggiunto dalla società moderna rispetto a quella otto-/primo-novecentesca, la storica vocazione della sinistra alla disintegrazione sociale non può fermarsi all'enucleazione di sole 3 categorie: per creare caos mettendo tutti contro tutti ci vuole ben altro. Ecco quindi che la discordia andrà seminata, oltre che lungo la direttrice razziale e sessuale, anche - per es. - lungo quella fisica, etnica, nazionale, sociale, lavorativa.
Prima d'ora (almeno che io sappia) nessuno s’era preso la briga di codificare il livello di
privilegio sulla base di una comprensiva lista di attributi raggruppati secondo le categorie appena citate. Ci ha pensato la scuola
in questione, con questa specie di "lista di autocertificazione dei privilegi" (presentiamo anche un’immagine del modulo consegnato agli studenti).
La lista permette al compilante di calcolare matematicamente il livello di privilegio in base alla somma/sottrazione dei punti legati a ogni singola voce. Secondo la lista, se uno è, per es., un uomo bianco e gay, la sua
omosessualità lo rende certo meno privilegiato, in quanto comporta un enorme -150 punti; ma egli non può sfuggire al fatto di essere bianco e maschio. Egli consegue certo, in quanto gay, il diritto di atteggiarsi a vittima e cercare di raccogliere e spendere crediti sociali usando l'arma dell'accusa di "omofobia"; ma il suo essere bianco significa il suo automatico soccombere all'imputazione di essere, in virtù dell'eredità del colonialismo e dello schiavismo, uno "sfruttatore dei deboli". Il suo essere maschio, poi, lo incasella vita natural durante nel ruolo di "sessista", di portatore di una malattia definita "toxic masculinity" ("mascolinità tossica").
Qualcuno
potrebbe obiettare che giudicare le persone in base a quello che sono e non a
quello che fanno è razzista o comunque discriminatorio: nessuno può aver colpa
di essere nato in un certo modo. Ma la sinistra anti-bianchi,
anti-eterosessuali, anti-gender e anti-ebrei non può per definizione essere razzista: i
razzisti sono sempre gli altri, inclusi coloro che non si sognerebbero mai di
fare distinzioni in base al semplice colore della pelle o all’orientamento
sessuale.
La
condanna in virtù di ciò che si è invece di ciò che si fa permette alla
sinistra di inchiodare il nemico a una condizione per cui non ci può
essere espiazione: uno non può cambiare il suo colore, il suo
orientamento sessuale o il suo sesso. In questo modo, la sinistra cristallizza l'avversario politico nel ruolo di nemico da distruggere. Il cemento della sinistra è quello di sempre: l'odio irriducibile per un nemico che cessa di essere tale solo con la sua scomparsa (politica, mediatica, fisica ecc.) E', quello di cui stiamo parlando, un riconfezionamento,
su base laica e cripto-religiosa, del vecchio principio del
peccato originale, ed è un nodo centrale dell'ortodossia cultuale sinistrata.
"Jewish Privilege"
La lista-modulo dell'istituto di Saratoga Springs è, suo malgrado, uno spaccato illuminante sugli abominii del pensiero
“progressista”. Nulla di sorprendente, però, per chi conosce la storia della
sinistra e l’inappagabile carico di odio e di invidia che ha sempre
contraddistinto il suo pensiero e atteggiamento.
Il documento consta,
come già chiarito, di una sequela di attributi. Salta subito all’occhio, in questa
lista “anti-privilegi”, il posto di assoluto privilegio di cui gode la
provenienza mediorientale. Va da sé che per “mediorientale” qui si intende
“palestinese”: concedere che l’alto punteggio tenga conto, per es., delle
traversie dei siriani (con la guerra di Siria peraltro praticamente conclusa) sarebbe
dare agli autori di questa porcheria – e alla sinistra intera - un beneficio
del dubbio che essi non meritano.
Ebbene, nella lista l’origine mediorientale-palestinese
garantisce nientemeno che la sottrazione di 600 punti (-600) nella graduatoria
del livello di privilegio personale. Vale a dire: i palestinesi sono
considerati in assoluto la categoria di persone meno privilegiate (e quindi più
svantaggiate) al mondo, seconde solo (bontà degli ideatori di questa lista) ai
ciechi (-750). Se poi si considera lo spropositato punteggio accordato ai
membri della religione islamica rispetto alle altre religioni (un -50), allora il divario con la
categoria dei ciechi si riduce ulteriormente.
Si deduce da
questa lista che la persona più “svantaggiata” al mondo (e quindi da più privilegiare, nel morboso immaginario progressista) sarebbe un’ipotetica palestinese
musulmana lesbica, che totalizzerebbe un incredibile – 950 [(-600 per la
“meriorientalità”) + (-50 per l’islamicità) + (-50 per l’essere femmina) + (-150
per l’omosessualità) + (-100 per la razza non-bianca)]: la candidata ideale al
paradiso progressista, insomma.
Si potrebbe pensare che una simile valutazione dello “status” di palestinese nella
lista potesse bastare per appagare la vena anti-ebraica dei sinistrati che l’hanno
creata [dopotutto, il "popolo palestinese, l'Olp e la sua "lotta per la liberazione della Palestina" furono un'operazione a tavolino ideata dal KGB per pervenire alla distruzione dello stato ebraico (3)]. Ma non è così: siamo di fronte a una forza
politica che ormai non si cura più di nascondere il proprio antisemitismo, il
quale, finita la moratoria del periodo post-Shoah, è tornato ad essere
popolare in amplissimi strati della società americana
e (manco a dirlo) europea. Ecco quindi che anche l’essere ebrei comporta un
penalty nella graduatoria del privilegio: +25. Curioso, se consideriamo che una
recente statistica ci fa vedere che in America, tra le violenze a motivazione religiosa, gli attacchi a sfondo antisemita
surclassano quelli a sfondo anti-islamico di più del doppio (4) (ma altre statistiche parlano di un
rapporto molto superiore), ed è ragionevole pensare che dietro a questi attacchi vi sia
spesso la mano di islamici, come testimoniato da numerosi episodi di cronaca.
Come è possibile considerare gli ebrei una categoria di privilegiati dato
questo contesto? E’ possibile se questa affermazione viene dalla bocca di
sinistrati animati da odio anti-ebraico. Le statistiche sui crimini d'odio a sfondo religioso dimostrano che gli ebrei sono sì privilegiati, ma solo come target di
violenze fisiche e verbali.
Ne risulta –
sorpresa sorpresa - che gli ebrei diventano per la lista d'un colpo una delle categorie
più invise: se sommiamo infatti i 25 punti (attribuiti direttamente all’appartenenza
ebraica) ai 600 (attribuiti ai nemici giurati dello stato degli ebrei)
arriviamo a +625. Al che naturalmente andrebbero aggiunti i punti di tutte le
altre voci recettrici di privilegi (bianco, etero, maschio ecc.)
Naturalmente,
questa lista degli orrori non si limita all’odio anti-ebraico: basta vedere
quanto la lista di questa scuola tenga in considerazione i ritardati mentali (solo -200 punti, cioè
un misero terzo di quanto accordato ai palestinesi), e agli autistici (un miserrimo -20), per dirne due
Una volta tanto, non mi sento di fornire un commento conclusivo. Ogni persona di buona volontà e coscienza dica il suo.
(1) "High School Students Assigned to Tabulate 'Privilege' Based on Race, Gender, Sexuality, Religion", di Sara Dogan, Frontpage Magazine, 19/4/2019.
(2) "Affirmative Action Is Racism In Action", di Kyle S. Reyes, New Boston Post, 16/06/2017.
Pensata
da Kennedy con “l’Ordine Esecutivo n. 10925” (1961) rivolto ai contractor del
pubblico per “assicurarsi che i candidati siano assunti e trattati durante il
periodo di impiego senza riguardo alla razza, al credo, al colore o all’etnia
di provenienza”, la “affirmative action” si è tramutata, da strumento per
impedire la scelta di un candidato su basi diverse da quelle del talento e
dell’utilità, in uno strumento per la dispensa di privilegi su base razziale.
Ecco una citazione dall'articolo sopra:
(3) "The Soviet-Palestinian Lie", di Judith Bergman, 16/10/2016, Gatestone Institute.[...] L'affirmative action è razzista fino al midollo, perché è implementata con la premessa che tutti i bianchi sono ricchi o sono avvantaggiati rispetto a chi non è bianco.[...] Ho visto persone non bianche e MENO qualificate ricevere delle promozioni in aziende alla faccia di persone bianche PIU' qualificate, solo per il colore della loro pelle.
Questa è l'essenziale definizione di discriminazione. Attesta che per il colore della pelle di uno, questo debba ricevere un vantaggio nei confronti di qualcun altro.
https://www.gatestoneinstitute.org/9090/soviet-union-palestinians
(4) "Is the Rise in Hate Crimes Against Jews and Muslims Linked?", di Rachel Schwartz, Inter, n.d.
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