sabato 17 giugno 2023

LE DUE PALLE DELLA TAMARO

 (Difficoltà: 2,9/5)


La scrittrice Susanna Tamaro ha affermato recentemente che bisognerebbe abolire Verga dalle scuole. Ecco la citazione:

Come si fa a fare appassionare i ragazzi alla lettura con Verga? Ai ragazzi bisogna far leggere cose che fanno loro eco dentro. Cose moderne, contemporanee o no ma che sono adatte per i ragazzi. Non si può far leggere Verga, lo odiavo già io alle medie. Basta. (1)

Quindi Verga non va studiato perché... bisogna dare ai "ragazzi" qualcosa di moderno? Cosa vuol dire moderno? Baricco che scrive un romanzo su una TikToker che fa soldi ballando il Gangam Style e poi "all'improvviso... incontra Luca, e capì che la sua vita non sarebbe più stata la stessa"? E' questa la "passione" alla lettura che vogliamo dare ai ragazzi? Se la letteratura dovesse sempre inseguire le frivolezze del tempo, non solo non avremmo avuto Verga, ma non avremmo avuto nemmeno Dante, Manzoni, Shakespeare, niente. Niente tranne, secula seculorum, la stessa letteratura-spazzatura a cui ci hanno abituato, appunto, i baricco e le tamaro.

E inoltre, siamo sicuri che l'autrice non usi il Verga per implicare la letteratura del passato tutta? Veramente Dante è meno "fuori del tempo" di quanto sia Verga, se vogliamo adottare l'ottica della Tamaro. O la Tamaro non se l'è sentita di allargare troppo il campo ad altri classici, per non far storcere troppe bocche nel suo milieu radical-chic, preferendo puntare il suo dito accusatore su un autore considerato "pesante" soprattuto in ragione della realtà che affronta (le vicende di una famiglia di pescatori in un villaggio della Sicilia post-unitaria), considerata anche ai suoi tempi "esotica" e lontana? 

Ma proviamo a partire analizzando le parole. Perchè a volte la verità si nasconde dietro le parole.


Tamaro, la “Pasionaria”

“Appassionare”. Ci risiamo: le emozioni. Dal cartesiano "penso, quindi sono" al tamariano "sento, quindi sono". Una delle prime cose che impari quando investi soldi in borsa è che bisogna lasciare da parte le emozioni, perché sennò rimani imbrogliato nell’altalena dei prezzi che scendono e salgono e così finisci per vendere quando l’azione ha toccato il fondo e non può altro che salire e comprare quando ha raggiunto la cima e non può far altro che scendere. Perché nella vita normale non dovrebbe essere la stessa cosa?

Ma invece chissà perché oggi le emozioni appaiono come il sine qua non di ogni decisione e di ogni discorso. I ragazzi "devono trovare a scuola solo cose che li appassionano". Ne consegue che il criterio per decidere se un argomento o autore va trattato a scuola è se questo appassioni i ragazzi o meno. Se no, lo possiamo togliere. E’ chiaro che se impieghiamo questo criterio, niente di quello che si insegna adesso sopravviverebbe. Viste le cose che “appassionano” i ragazzi oggi (social, pornografia, videogiochi, canne) cosa dovremmo dunque far trovare nei libri di testo di Italiano?

Inoltre, per fare un esempio del carattere pernicioso di chi ragiona in termini di “emozioni” e di “passione” quando parla di studio o di qualsiasi altro impegno, pensiamo al fatto che nel conseguimento di un obiettivo in generale, è la capacità di disciplinarsi a vincere rispetto alla “passione” per quell’obiettivo. Perché? Perché la passione è un’emozione, e come tanto volatile e caduca: ogni attività, non importa quanto in grado di suscitare passione agli inizi, non può essere coltivata adeguatamente e durevolmente se non stabilisco il principio, per esempio, che devo dedicargli due ore al giorno, e questo che ne abbia voglia o meno, e cioè che in quel momento la cosa mi “appassioni” o meno. Basare i propri obiettivi e la direzione del proprio impegno sulla “passione” significa quasi sempre abbandonare un’attività prima che dia i suoi veri frutti. La passione può essere un motore iniziale, e se c’è è meglio. Ma a scuola si devono insegnare le materie che aiutano a crescere, e la passione degli studenti non può essere una variabile determinante per la scelta di cosa insegnare. La passione deve a un certo punto lasciare campo all'etica del lavoro e dell'impegno, gli unici a garantire continuità e crescita. 

Sta alla bravura dell’insegnante avvicinare gli studenti ad autori e concetti, per esempio trovando parallelismi con la loro realtà quotidiana e ambito di vita. A ciò sembra arrivare anche la Tamaro quando parla di “fare eco dentro” dentro ai ragazzi. Ma il fatto che nonostante ciò l’autrice bolli Verga come superato fa capire che il suo “fare eco dentro” non è altro che esercizio linguistico senza contenuto, poltiglia new-age che sembra raschiata da quella melensa apoteosi di sentimentalismo decadente che è il libro che l’ha resa famosa.

Il processo di familiarizzare gli studenti con autori e concetti ostici rientra semmai nella “motivazione”, che è già qualcosa di diverso dalla “passione”, in quanto implica una riflessione sull’utilità e sulla rilevanza della materia, autore o argomento per la propria vita. Il compito della scuola non è quello di far “piacere” una materia (come se la matematica fosse un gelato) o un autore, bensì quello di renderla interessante.


Non è la Scuola, bensì la Società a "Far Odiare gli Autori"

Sfatato va poi il mito della scuola che “fa odiare” gli autori. Non che il commento della Tamaro dica proprio questo: no, per lei è proprio il Verga - e, per estensione, altri autori poco "moderni" - a fare schifo, non il modo con cui è proposto. Ma mi sento comunque di fare questa specificazione. Non è la scuola a far odiare certi autori, bensì la società, che offre continui incentivi a distrarsi da quella che dovrebbe essere la missione di ogni adolescente: crescere. Se invece de I Malavoglia mettiamo nelle mani di un adolescente che passa mezza giornata a controllare i feedback su TikTok un avvincentissimo romanzo d'appendice come Il Conte di Montecristo, crediamo veramente che farebbe una grande differenza? Quindi si vede che non è questione di questo o quell'autore: la lettura di un libro implica uno sforzo che pochi adolescenti di oggi sono disponibili (o anche sono in grado) di sostenere.

Anche nel mio caso, per esempio, l’assoluto disinteresse che avevo alle superiori per Dante (come per i Promessi sposi e, in generale, tutto ciò che aveva a che fare con la scuola), un disinteresse che rifletteva appieno quello di chi me lo insegnava, non mi ha impedito di apprezzare la Divina Commedia nel più avanzato contesto universitario, e anche oltre. Se è destino che uno studente segua il percorso che lo porterà a essere un intellettuale (insegnante, scrittore, giornalista, commentatore su Youtube o anche semplicemente un libero pensatore abituato a riflettere su persone ed eventi), egli raggiungerà prima o poi un livello di maturità che gli farà piacere autori che nella sua adolescenza disprezzava.


“I Nostri Ragazzi”

Poi la Tamaro parla di “ragazzi”. Ecco il solito appello demagogico e paternalistico ai “nostri ragazzi”. Un più neutro “studenti” sarebbe stato meglio. Perché è di questo che si sta parlando: di gente che va a scuola per imparare, e non di sbarbati che vanno al bar per lo spritz.


Conclusione: la Cultura è un Investimento

Quella di chi parla della scuola come di un ambiente che “deve suscitare passione” adotta una prospettiva sbilenca che è frutto di una tendenza ormai secolare, ma amplificata in maniera abnorme dallo sviluppo tecnologico degli ultimi 15-20 anni, a ricevere gratificazione immediata (il numero di like sui post, gli achievement nei giochi mobile ecc.). Sparito è il concetto di “investimento”, per cui fai adesso una cosa che non produce effetti in termini di tornaconto immediato (emotivo, eccitativo, economico ecc.), ma che sai ti sevirà per il futuro. Concepire l’impegno come valore solo se legato al risultato immediato è una prospettiva che va bene per i ragazzini, non per le scrittrici ampiamente adulte come la Tamaro, la quale così dimostra ignoranza dei tempi e immaturità nel rapporto con il reale significato della cultura.

Sul fatto, per finire, che la Tamaro, in una parte del suo intervento non riportata sopra, sembra anche - l'articolo dice "scherzando" - proporre l’adozione nelle scuola del suo testo al posto di quello del Verga non può che apparire un insulto a chi abbia un minimo di lungimiranza storico-culturale.

A giudicare dalla scarsa produzione letteraria della Tamaro (che ancora gode dell'onda lunga, anzi lunghissima, del suo Va' dove ti porta il cuore, e di poco o nulla d'altro), l'autrice sembra aver colto tutte le occasioni che aveva per non scrivere, cosa di cui le siamo grati. Sarebbe d’uopo che sfruttasse anche tutte le occasioni che le si presentano per tacere.

(1) La scrittrice Susanna Tamaro: "Basta con Verga in classe. Insegnamento della letteratura italiana a scuola? Vergognoso", di Laura Bombaci, Tecnica della Scuola, 21/5/2023.  

https://www.tecnicadellascuola.it/salone-del-libro-torino-2023-tamaro-verga-scuola

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