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La Dichiarazione d'Indipendenza americana |
Il Parlamento italiano è attualmente, in virtù
dell'arcinoto “Porcellum”, un parlamento di nominati: non li
sceglie la gente, ma se li scelgono loro. Ciò sarebbe normale se
l'Italia avesse scelto per sé un sistema elettorale proporzionale,
ma non è questo il caso: il referendum del 1993 sancì il regime misto del
Mattarellum. Quindi il Porcellum è incostituzionale – come
per altro sancito dalla Corte costituzionale – e – ma qui la Corte ha preferito
“lavarsi le mani” - così è il Parlamento che ne è scaturito. E non è che l'entrante "Italicum" cambierà di molto le cose.
Il punto è: se il Parlamento italiano
non rappresenta la volontà popolare, è lecito pagare le tasse, in
considerazione del fondamentale principio costituzionale-democratico
del “no taxation without representation”? La risposta, anche se
sofferta, è probabilmente: no; l'attuale stato di cose giustifica,
in una certa misura e per rigore logico, l'evasione fiscale.
L'Esempio della Guerra d'Indipendenza Americana
Fino agli anni '60 del '700, le colonie
dell'America settentrionale si sentivano sudditi della corona
britannica, e il pensiero dell'indipendenza non toccava ancora le
menti di politici e intellettuali. Successivamente, però,
l'Inghilterra decise di far pagare in misura crescente alle colonie
le spese del suo impero americano, che dopo la Guerra dei Sette Anni
si estendeva dal Canada alla Florida. L'aumento dei dazi doganali (in
particolare sullo zucchero) e di una tassa di bollo (lo “Stamp Act”
del 1765) esacerbò gli animi dei coloni, che presero a boicottare le
merci provenienti dalla madrepatria. Il principio secondo cui nessuna
tassa poteva essere imposta senza l'approvazione di un'assemblea in
cui i diritti dei tassati trovassero adeguata rappresentanza era già
presente nella cultura democratica inglese, e ad esso si richiamarono
i coloni. La Guerra d'Indipendenza che ne seguirà ebbe sempre al
centro la vis emanata da questo principio essenziale.
Se una parte sociale non ha alcuna voce
in capitolo nelle decisioni che lo riguardano, ne risulta una
discriminazione politica che non ha nulla a che fare con un
ordinamento democratico. Solo una mente democraticamente illetterata
potrebbe negare questo. Oggi in Italia il problema riguarda il paese
intero e la rappresentanza politica in quanto tale: chi decide per il popolo non è stato scelto dal popolo, ma nominato all'interno dei partiti. La classe politica in Parlamento è delegittimata perfino più di quanto possano dirne gli
scandali, gli abusi e i peculati. Che decida, tra le altre cose, la politica fiscale - e quindi le lacrime e il sangue dei soliti noti - un gruppo di estranei e di clandestini, ripugna alla ragione più di qualsiasi altra cosa, tanto più in un periodo di crisi e con la grande evasione fiscale ai massimi livelli. Una riforma elettorale razionale seria serve oggi anche a non fornire alibi alla grande evasione fiscale, problema cronico e atavico che esiste da prima della legge di Calderoli.
In conclusione, ci si potrebbe
spingere a dire che l'evasione fiscale è oggi in Italia finanche un dovere. E se non lo
si dice è solo per carità di patria. Ammesso che ne esista ancora una.
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