(Difficoltà: 4,8/5)
lunedì 23 dicembre 2013
domenica 22 dicembre 2013
lunedì 16 dicembre 2013
VIVERE INSEGUENDO LA RICCHEZZA E' VIVERE UN PARADOSSO
(Difficoltà: 3,6/5)
Supponiamo
di avere uno di quei ricchi che, a loro o altrui dire, si sono “fatti
da sé”. Giunto ormai alla fine dei suoi giorni, questi riceve sul
letto di morte la proposta di uno scambio: tutta la sua ricchezza a
fronte di un anno aggiuntivo di vita, da vivere però in povertà.
lunedì 9 dicembre 2013
LA "SPECIALIZZAZIONE" DEL LINGUAGGIO: IL VALORE AGGIUNTO DEL NULLA
(Difficoltà: 2,5/5)
L'utilizzo dell'inglese in vari settori specialistici della conoscenza è in parte una necessità, in parte una comodità. Per scienze nate o evolutesi in ambienti anglo-sassoni, la ricerca di una traduzione dei termini non è sempre semplice o appropriata. Per tutti gli altri casi, però, l'uso dell'inglese nelle professioni (e nella politica) svolte una sottile ma importante funzione di camuffamento.
L'utilizzo dell'inglese in vari settori specialistici della conoscenza è in parte una necessità, in parte una comodità. Per scienze nate o evolutesi in ambienti anglo-sassoni, la ricerca di una traduzione dei termini non è sempre semplice o appropriata. Per tutti gli altri casi, però, l'uso dell'inglese nelle professioni (e nella politica) svolte una sottile ma importante funzione di camuffamento.
lunedì 2 dicembre 2013
LA STORIA DEGLI ITALIANI VISTA DAGLI ITALIANI
(Difficoltà: 4,3/5)
L'offerta di giornalismo nel nostro paese viene incontro a una domanda precisa. Il giornalismo è l'"onda corta della Storia", il resoconto del giorno prima, dove la terra dei fatti è popolata di curiosità, indiscrezioni, morbose frattaglie, opinioni e cazzate di varia natura.
L'offerta di giornalismo nel nostro paese viene incontro a una domanda precisa. Il giornalismo è l'"onda corta della Storia", il resoconto del giorno prima, dove la terra dei fatti è popolata di curiosità, indiscrezioni, morbose frattaglie, opinioni e cazzate di varia natura.
Si può dire con buone ragioni che la passione per i fatti giornalistici e i talk show politici sono l'antitesi della passione per la Storia. La collocazione della gens italica nella diatriba è chiara come più non potrebbe: gli italiani non sono
appassionati di Storia, quanto di storie.
lunedì 25 novembre 2013
POLITICA ITALIANA: "COMPROMESSI" O "RICATTI"?
(Difficoltà: 3,6/5)
Il
compromesso in politica sembra essere non solo una cosa accetta,
bensì addirittura auspicabile. Il compromesso viene implicitamente
considerato un sintomo di quella pluralità di idee che dimostrerebbero
che la politica funziona. E' proprio per far stare assieme tante
anime, in modo che ognuna abbia la sua, che si è legittimata la
pratica del compromesso. Il compromesso è in ogni democrazia un
additivo diluente, un punto d'approdo che accontenta tutti tranne i
comuni cittadini.
lunedì 18 novembre 2013
L'UNICO SENSO POSSIBILE PER LA FEDE
lunedì 11 novembre 2013
L'ASSE SBIECO DEL MONDO
Mentre in altri paesi la legalità è la norma, e ci vuole un
certo coraggio per essere disonesti perché si sa di incorrere in
pene dure e certe, nel nostro paese vale piuttosto il contrario. Ciò
è permesso dai tempi geologici della giustizia e da una legge fatta
dai criminali apposta per se stessi.
In linea generale, però, è chiaro che il criminale contraccambia il rischio della galera non solo con un guadagno facile, ma anche con una indiscutibile posizione di vantaggio. Il principio è solo in apparenza scontato: i tutori della legge sono chiamati al rispetto della legge anche quando devono far rispettare la legge.
In linea generale, però, è chiaro che il criminale contraccambia il rischio della galera non solo con un guadagno facile, ma anche con una indiscutibile posizione di vantaggio. Il principio è solo in apparenza scontato: i tutori della legge sono chiamati al rispetto della legge anche quando devono far rispettare la legge.
sabato 2 novembre 2013
CONSIDERAZIONI OGGETTIVE SUL RAZZISMO
(Difficoltà: 4,3/5)
L'osservazione empirica mi ha portato alla conclusione
antropologico-culturale che gli stereotipi su una popolazione si
riferiscono alla parte che risiede nelle regioni più a sud di ogni
paese. Questa idea trova conferma nella provenienza dei simboli che
vengono adottati per esprimere il pregiudizio etnico. Così, per es.,
l'Italia è canzonata per la pizza, per il mandolino e
per la mafia, tutte cose che legano la loro origine alle
regioni del sud, come per una certa espansività caratteriale che
s'esprimerebbe in ampi gesticolii delle mani. Per la Germania, allo
stesso modo, si usano elementi che fanno parte prevalentemente del
folklore bavarese: i crauti, la birra, la tenuta da montanaro,
l'allegria fanfarona e rumorosa.
lunedì 28 ottobre 2013
"COME E' CAMBIATO LO SPORT". LA MIA SUL DOPING
(Difficoltà: 3,1/5)
Lo "sport" è diverso dal "gioco". Il
calcio - a titolo di esempio - è un "gioco", non propriamente una disciplina sportiva: non
richiede doti di atleta e si può giocare anche da piccoli; inoltre,
non ha insito il principio e l'obiettivo del superamento dei limiti
fisici umani, quale espresso dai concetti di “record” o “miglior
tempo”. Il gioco mette in scena il talento nell'utilizzo creativo
di uno strumento, come nel caso del pallone per il calcio e per il
basket, della racchetta per il tennis e così via.
lunedì 21 ottobre 2013
IL CAPITANO E I TOPI
(Difficoltà: 2,7/5)
Se c'è una cosa che quel pusillanime di Schettino ci ha insegnato, è che se la nave sta affondando, il capitano deve rimanere a bordo e i
primi a lasciarla sono i topi.
Si parla della “fuga dei cervelli” e dei giovani che lasciano
l'Italia per cercare lavoro all'estero come di un danno economico
irreparabile per il belpaese, ma anche di una prova di coraggio di
persone che decidono di emigrare per reinventarsi una vita.
Ma c'è anche una visione opposta, la quale dice che queste persone, per lo più giovani,
rinunciano così facendo alla lotta per un paese migliore, e optano
per l'autoesilio. Quale delle due interpretazioni ci sentiremmo di
appoggiare? Semplice: se abbiamo a cuore la sorte di quei giovani, la
prima; se abbiamo a cuore la sorte del nostro paese, la seconda.
Non una bella situazione, come si sarà capito.
lunedì 14 ottobre 2013
10 MILA COSE CHE MI FANNO INCAZZARE/9984
IL VERO DRAMMA DEI "FIGLI DI PAPA'"
(Difficoltà: 3.6/5)
Se c'è una cosa che mi incazzare, sono i "figli di papà", quei fighetti privilegiati che amano esibire sicumera e arroganza da sberle. Ma sono essi veramente degli esseri baciati da Dio? E' tutto oro quello che luccica? Per cominciare, una nota di costume. Al mondo non esistono persone
sicure e persone insicure. Esistono solo persone con il culo coperto
e quelle che non hanno santi in paradiso. Ma, come dicono gli
anglofoni, “non eistono pranzi veramente 'gratis'”. Ogni
vantaggio sociale che uno eredita ha una nemesi.
lunedì 7 ottobre 2013
DELL'ASSURDITA' DEL "COLLEZIONISMO" DI MASSA
(Difficoltà: 4,2/5)
Gli Effetti della "Sopravvivenza Aumentata" sull'Ineguaglianza Sociale e la sua Autopercezione
Il
consumismo, attraverso la creazione dei bisogni accessori, innalza la
soglia di sopravvivenza. Siccome sempre più beni si uniscono a ciò
che definisce il minimo di sopravvivenza, allora si è di fronte a
una “sopravvivenza aumentata”. Non ci basta mangiare, dormire,
abitare, spostarci, comunicare ecc., ma dobbiamo farlo secondo quello
che le sirene del consumismo ci suggeriscono a getto continuo. In una
tale situazione, aumenta il divario fra poveri e ricchi, perché la
spinta verso l'alto della soglia di sopravvivenza coincide con un
abbassamento della soglia di povertà.
domenica 6 ottobre 2013
lunedì 30 settembre 2013
10MILA COSE CHE MI FANNO INCAZZARE/9985
(Difficoltà: 4.6/5)
"ALLORA GLI DAREMO LA BAIONETTA!"
Se c'è una cosa che mi fa incazzare è la guerra. Vorrei trattare qui dell'assurdità e della cieca inutilità di quella pratica umana che chiamiamo guerra. Mi rendo conto che questo è forse un argomento fin troppo dibattuto, ma anche se ritengo di poter forse dire qualcosa di nuovo in proposito, va notato che il ripetere, anche a profusione, qualcosa che è vero, non ha nulla a che fare con la nozione di "luogo comune" e con tutte le sgradevoli sfumature che questo concetto porta con sé. Non c'è nulla di sbagliato nel rischiare di annoiare le persone con dei principi se questi sono riconosciuti in teoria ma dimenticati nella pratica.
lunedì 23 settembre 2013
QUALCOSA DI INTERESSANTE SUL CONCETTO DI PROGRESSO
(Difficoltà: 4,3/5)
Una domanda: è il progresso null'altro che l'insieme delle soluzioni ai problemi che esso stesso ha creato?
A
volte ci vuole coraggio nel rispolverare questioni che sono state messe in naftalina dopo secoli di discussione. Ciò deve essere
particolarmente vero nel caso del concetto di progresso.
Una interpretazione di questo concetto, tra le più interessanti, fu offerta da S. Freud in "Aldilà del principio di piacere ("Jenseits des Lustprinzips", 1920), in cui il fondatore della psicoanalisi esprime l'opinione che l'idea di progresso rappresenti un'illusione, in quanto il progresso altro non fa che offrire soluzioni ai problemi che esso stesso ha creato. La stessa idea si ritorse contro la psicanalisi diverso tempo dopo, a mò di scherzosa nemesi, quando fu espressa l'idea (Woody Allen?) che la psicanalisi altro non sarebbe in realtà che "il problema di cui dice di essere la soluzione."
Una domanda: è il progresso null'altro che l'insieme delle soluzioni ai problemi che esso stesso ha creato?
Una interpretazione di questo concetto, tra le più interessanti, fu offerta da S. Freud in "Aldilà del principio di piacere ("Jenseits des Lustprinzips", 1920), in cui il fondatore della psicoanalisi esprime l'opinione che l'idea di progresso rappresenti un'illusione, in quanto il progresso altro non fa che offrire soluzioni ai problemi che esso stesso ha creato. La stessa idea si ritorse contro la psicanalisi diverso tempo dopo, a mò di scherzosa nemesi, quando fu espressa l'idea (Woody Allen?) che la psicanalisi altro non sarebbe in realtà che "il problema di cui dice di essere la soluzione."
lunedì 16 settembre 2013
GIUDA VERO PROFETA DEL CRISTIANESIMO
(Difficoltà: 2,1/5)
Vorrei
qui avanzare una tesi provocatoria, dove per “provocazione” non
intendo una boutade o un divertissement, ma una sostanziale verità.
La tesi è che Giuda è il vero profeta del cristianesimo. Quali sono
le ragioni che se ne possono addurre?
Iniziamo col rispondere a una domanda. Qual è il
nucleo del messaggio del cristianesimo? Nessuno ha una risposta
definitiva: c'è chi dice la salvezza del genere umano, chi l'amore,
chi il peccato originale, chi il perdono. Per me, l'essenza
del messagio cristiano è - o dovrebbe essere - il pentimento, che include tutte le
specificità appena indicate, e altre ancora.
Senza pentimento non c'è salvezza, non c'è amore (l'amore richiede la rinuncia di sè, quindi il riconoscimento dei propri errori e limiti per lasciar posto all'altro), non c'è perdono (che lo richiede come precondizione), e il peccato originale sarebbe senza di esso una condanna irrimediabile.
Senza pentimento non c'è salvezza, non c'è amore (l'amore richiede la rinuncia di sè, quindi il riconoscimento dei propri errori e limiti per lasciar posto all'altro), non c'è perdono (che lo richiede come precondizione), e il peccato originale sarebbe senza di esso una condanna irrimediabile.
domenica 15 settembre 2013
lunedì 9 settembre 2013
LO SPAZIO-TEMPO DELLA "NEW ECONOMY"
(Difficoltà: 3,9/5)
In questo articolo, vorrei proporre una possibile teoria della New Economy, in connessione con le dimensioni di spazio e tempo che costituiscono la nostra realtà. Essenziale a questo è una distinzione preliminare fra un vecchio (Old) e un nuovo (New) modello di economia, perché la comprensione del vecchio ci aiuta generalmente a teorizzare il nuovo.
In questo articolo, vorrei proporre una possibile teoria della New Economy, in connessione con le dimensioni di spazio e tempo che costituiscono la nostra realtà. Essenziale a questo è una distinzione preliminare fra un vecchio (Old) e un nuovo (New) modello di economia, perché la comprensione del vecchio ci aiuta generalmente a teorizzare il nuovo.
lunedì 2 settembre 2013
10MILA COSE CHE MI FANNO INCAZZARE/9986
(Difficoltà: 4,1/5)
Se c'è una cosa che mi fa incazzare è la supponenza - soprattutto da parte degli intellettuali - con cui si sentenzia sulla stupidità altrui (di solito, della massa, col patetico intento di chiamarsene fuori), non riconoscendo il fatto che la stupidità, come l'intelligenza, ha mille facce, e nessuno è immune da tutte. Ne voglio approfittare per dire la mia su questa cosa chiamata appunto "intelligenza".
MITI SULL'UOMO: PARTE 1: L'INTELLIGENZA.
Se c'è una cosa che mi fa incazzare è la supponenza - soprattutto da parte degli intellettuali - con cui si sentenzia sulla stupidità altrui (di solito, della massa, col patetico intento di chiamarsene fuori), non riconoscendo il fatto che la stupidità, come l'intelligenza, ha mille facce, e nessuno è immune da tutte. Ne voglio approfittare per dire la mia su questa cosa chiamata appunto "intelligenza".
lunedì 26 agosto 2013
UN GIORNALISMO DA RICCHI E POVERI
(Difficoltà: 2/5. Ma se non cogliete il tenore sarcastico
dell'articolo, aumentate pure di un paio punti)
La chiave della crisi dei giornali sta non nell'obsolescenza del supporto cartaceo, che é aspetto affatto formale e prescindibile, ma nei contenuti, si dice. Più che nella inutilità pretestuosa dei contenuti, ci sarebbe qualcosa da dire sull'approccio ai contenuti. L'approccio dei quotidiani alle notizie del giorno riflette poco o nulla il nuovo stato di cose, fatto di crisi finanziaria, spread ecc.; ma, soprattutto, riflette poco lo iato fra ricchi e poveri, che in Europa e nel mondo - ma soprattutto in Italia, che è tra le molte cose un paradiso fiscale di fatto - ha raggiunto livelli sauditi.
La chiave della crisi dei giornali sta non nell'obsolescenza del supporto cartaceo, che é aspetto affatto formale e prescindibile, ma nei contenuti, si dice. Più che nella inutilità pretestuosa dei contenuti, ci sarebbe qualcosa da dire sull'approccio ai contenuti. L'approccio dei quotidiani alle notizie del giorno riflette poco o nulla il nuovo stato di cose, fatto di crisi finanziaria, spread ecc.; ma, soprattutto, riflette poco lo iato fra ricchi e poveri, che in Europa e nel mondo - ma soprattutto in Italia, che è tra le molte cose un paradiso fiscale di fatto - ha raggiunto livelli sauditi.
domenica 25 agosto 2013
martedì 20 agosto 2013
"PRESENZA SUL TERRITORIO" E "CENTRALITA' DEL CLIENTE": LA VERITA' DIETRO GLI SLOGAN
(Nota preliminare: trattasi di un articolo un pò datato ma attuale che ho riscoperto nel mio "archivio" e che ho voluto ivi inserire. Grazie.)
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(Difficoltà: 2,9/5)
Con l'avvento dell'home banking, della possibilità di eseguire operazioni di gestione conto e similia dal telefonino, e con la diffusione di ATM (le macchinette bancomat, per intenderci) "evoluti" - e cioé non solo adibite al prelievo ma anche ad altre operazioni - le banche lamentano una penuria di clientela "fisica" agli sportelli delle filiali. Andati sono i tempi delle lunghe code allo sportello, in attesa del proprio turno. Buona cosa, ovviamente. Ma la storia non finisce qui.
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(Difficoltà: 2,9/5)
Con l'avvento dell'home banking, della possibilità di eseguire operazioni di gestione conto e similia dal telefonino, e con la diffusione di ATM (le macchinette bancomat, per intenderci) "evoluti" - e cioé non solo adibite al prelievo ma anche ad altre operazioni - le banche lamentano una penuria di clientela "fisica" agli sportelli delle filiali. Andati sono i tempi delle lunghe code allo sportello, in attesa del proprio turno. Buona cosa, ovviamente. Ma la storia non finisce qui.
martedì 13 agosto 2013
INTERVISTA ESCLUSIVA A WALTER VELTRONI
(Difficoltà: 0,8/5)
"Come tutto iniziò e mai finì..." |
Continuiamo la serie – invero appena
iniziata – delle nostre interviste a personaggi di punta del
panorama politico. E' la volta di Walter Veltroni, ex candidato
premier del Pd e attuale commentatore cinematografico del canale tv
berlusconiano Iris.
Buongiorno Veltroni. Lei è quello
che, in qualità di Responsabile Comunicazione di Massa del PCI,
garantì nell'85 il beneplacito del PCI al “decreto-Berlusconi”
di Craxi, in cambio dell'occupazione comunista di Rai3, autorizzando
la corruzione in nome della lottizzazione, e permettendo l'inizio
della videocrazia berlusconiana. Un inizio di carriera fulminante (per noi e per la Democrazia, ça va sans dire). Qualcosa da dire?
Vede, la politica è una questione complessa, che chi ha lavorato nella vita non può capire. E' vero che instaurammo una trattativa, che non ostacolammo il decreto, che non facemmo mancare il numero legale, e che sarebbe bastato un po' di ostruzionismo per far scadere i tempi utili, ma... (Veltroni a questo punto dà l'impressione di non sapere dove voleva andare a parare, assume un'espressione assente, impallando gli occhi a lumaca. Alla fine, decido di toglierlo dall'imbarazzo, ndr.)
giovedì 8 agosto 2013
NICHI VENDOLA: UN'INTERVISTA ESCLUSIVA
(Difficoltà: 0/5)
A pochi giorni dalla condanna definitiva
di Berlusconi nel caso Mediaset, che getta ombre sulla tenuta del
governo, il leader di Sel (Sinistra, Ecologia e Libertà) Nichi
Vendola ci ha gentilmente concesso un'intervista, che pubblichiamo
con orgoglio.
Onorevole Vendola, cosa pensa
dell'attuale congiuntura politica? Il governo tiene o no?
Vede, io ritengo che l'esperienza di
questo governo sia già coniugabile al preterito. Si è trattato di
una sorta di experimentatio monoatomica per la quale si è avuto
l'accortezza di lasciare a casa gli elettroni, creando un ambiente
florido per la proliferazione di materia oscura, nella quale siamo a
tutt'oggi impelagati fino al collo. Ma aldilà di ogni metafora
astronomico-escrementizia, ciò che mi preme sottolineare è che si sono trattati
i rispettivi elettori alla stregua di contractor mezzadriaci
alludendo a improbabili orizzonti georgici. Lei non trova?
lunedì 5 agosto 2013
venerdì 2 agosto 2013
IL POLITICHESE COME LINGUAGGIO DELL'IGNAVIA TRUFFALDINA
giovedì 25 luglio 2013
ITALIA "PAESE DI MERDA"?
(Difficoltà: 1,3/5)
mercoledì 24 luglio 2013
sabato 20 luglio 2013
IL "VIVERE NEL PASSATO". UNA RIFLESSIONE SULLE DIMENSIONI DEL TEMPO
(Difficoltà: 4/5)
Si dice spesso che bisogna guardare al futuro, che il passato può diventare una prigione di rimpianti e ricordi malinconici. Si dice che bisogna guardare al futuro anche rispetto al presente. Chi vive nel presente non non impara dagli errori del passato e non si prepara al futuro. C'è chi si spinge a dire che il futuro è l'unica dimensione che conta perché, tautologicamente parlando, è ciò che ci toccherà inevitabilmente.
Si dice spesso che bisogna guardare al futuro, che il passato può diventare una prigione di rimpianti e ricordi malinconici. Si dice che bisogna guardare al futuro anche rispetto al presente. Chi vive nel presente non non impara dagli errori del passato e non si prepara al futuro. C'è chi si spinge a dire che il futuro è l'unica dimensione che conta perché, tautologicamente parlando, è ciò che ci toccherà inevitabilmente.
Ma è veramente così? Il futuro merita
lo status di unica dimensione a contare fra le tre alle quali può
aprirsi la nostra vita? Il passato e il presente sono veramente delle
prigioni senza sbocchi, l'una contrassegnata da rimpianti e l'altra
da sensazioni futili e da un improduttivo “vivere alla giornata”?
mercoledì 10 luglio 2013
COME LE MAFIE ARRIVARONO A CONQUISTARE LA COSA PUBBLICA
(Difficoltà: 2,1/5)
A fronte di uno Stato disorganizzato e inefficiente, succube di ladrocinii e incompetenza dirigenziale, l'"Antistato" se la passa piuttosto bene.
A fronte di uno Stato disorganizzato e inefficiente, succube di ladrocinii e incompetenza dirigenziale, l'"Antistato" se la passa piuttosto bene.
Se ripercorriamo le tappe dell'attuale
dominio mafioso in Italia, appare chiaro che esiste una “storia
della mafia” come esiste una storia d'Italia. Di più: le due
storie per larghi tratti coincidono, come appare evidente in libri
come “Storia della Mafia” di G. C. Marino (Roma 1998).
venerdì 5 luglio 2013
LA "TAVOLA ROTONDA" DI ARTU' COME SIMBOLO DELLA LOTTA ALLA DISGREGAZIONE SOCIALE
(Difficoltà: 3,4/5)
E' capitato a tutti di uscire a cena
con amici o persone e trovarsi forzati a parlare per tutta la serata con quelle
meno interessanti, fino al punto da non poterne più e non vedere l'ora che finisca. Come può succedere questo? Semplice: si entra in
coda al gruppo nel ristorante, e chi ci precede nella compagnia s'accaparra i posti migliori.
Partendo da una questione affatto elementare, è possibile ricavare
degli elementi di natura storica, che possono dirigerci a
un'approfondimento di alcune questioni assieme psico-sociali ed
economiche.
Excursus Storico: La Leggenda di Re
Artù e della Tavola Rotonda
Alcuni storici ritengono che, dietro l'architettura
leggendaria che da sempre ne contraddistingue la narrazione, Re Artù
sarebbe realmente esistito: si tratterebbe di Riotamo, Re dei Brettoni,
nel V sec. impegnato a fianco dei Romani contro gli invasori barbari. Anche dell'esistenza della famosa fortezza di Camelot ci sarebbero
indizi importanti. Per quanto si
riferisce invece all'altrettanto famosa “Tavola Rotonda”, è
probabile che si tratti di una leggenda integrale, rispondente però
a un simbolismo preciso: in contrasto con il massiccio processo di
gerarchizzazione politico-militare dei tempi successivi, si ritiene
che nel primo Alto Medioevo (fine Impero Romano – anno 1000 circa)
i nuclei politico-militari raccolti attorno a un capo o "re guerriero"
fossero organizzati più in forma di confraternite, pervase da un
certo egualitarismo e sostanzialmente libere da pressioni
gerarchizzanti.
In particolare nelle occasioni
conviviali, si era soliti riunirsi attorno a un focolare, quindi con
quella disposizione circolare che non prevedeva un “capo-tavola”,
come sarebbe invece stato in tempi successivi. Quest'usanza fu
consacrata all'immaginario collettivo con la rappresentazione
plastica di una “tavola rotonda” che però non rimanderebbe
quindi a una realtà precisa bensì a un principio.
Esempio di Quotidianità: Il Sedersi al
Tavolo del Ristorante
Perchè ho affrontato questo excursus
storico? Ai giorni nostri, si è un po' perso il principio richiamato
dalla “tavola rotonda”, e anche nelle occasioni di relax quali
quelle conviviali, si tende a costituire posizioni di privilegio e a
intraprendere tenzoni per l'acaparramento di posizioni "territoriali" favorevoli. L'esempio di una vita
quotidiana pervertita dalle stesse logiche che animano la
competizione economica e sociale non potrebbe essere più efficace che nella
semplicità di un oggetto come la tavola, forse assieme al letto
l'oggetto più intimo e più legato alla vita quotidiana e ai suoi
rituali.
Quello che i membri di un gruppo (di
amici, di lavoro ecc.) inscenano quando sono chiamati a scegliersi i
posti attorno al tavolo di un ristorante, possiede i colori e le
sfumature della lotta per la sopravvivenza. A seconda dell'importanza
dell'evento, le conseguenze dell'essere sopravvanzati nella scelta
dei posti migliori possono estendersi da una serata noiosa alla
perdita di un'occasione di carriera.
L'aspetto curioso è che una sorta di
pudore legato a doppio filo alla civilizzazione, impedisce di
chiedere una cosa così semplice come uno scambio di posto. Ciò che
la ragione fa percepire come una richiesta ridicola e triviale
riveste invece molta importanza dal punto di vista della natura, che per
l'uomo – animale sociale - vuol dire anche “socialità”. La
prospettiva di venir percepiti come degli individui infantili ha la
meglio sulla prospettiva di rovinarsi la serata sedendo a fianco di
persone meno gradite all'interno del gruppo, o in una posizione poco
centrale del tavolo, qual è il capo-tavola.
Il capo-tavola rappresenta infatti la
posizione più svantaggiosa, perchè permette di poter parlare
confortevolmente con solo due persone: quelle che siedono al nostro
fianco. Il centro-tavola, al contrario, agevola la conversazione con
un minimo di 5 persone: le due a fianco e le tre di fronte. Ciò
aumenta le probabilità di trovare persone gradite e di trascorrere
una serata lieta.
Proprio qui sta un'ironia della Storia:
se il “capo-tavola” era motivo d'orgoglio e marchio di
superiorità in un passato più o meno lontano, esso diventa nella
nostra società – dove il principio dell'uguaglianza è ormai solo una predica demagogica - per la maggior parte dei casi un handicap.
La Determinante Economica: la Gestione dello Spazio
La questione che ho proposto
all'attenzione riveste maggior importanza di quella che si è
normalmente disposti a concedere (e ad ammettere). Sicuramente, apre
a delle riflessioni su ciò che è diventata la società oggi, dove
la divisione, l'antagonismo e la competizione sociale tengono banco
anche ai livelli più elementari della vita, eludendo con
sistematicità la “controcorrente” che gli si vorrebbe opporre:
quella della civiltà e della ragione.
I ristoranti seguono dei criteri
logistici che dal loro punto di vista sono perfettamente razionali:
come indica la figura qui sotto, dei tavoli di forma quandrangolare
permettono una migliore organizzazione dello spazio che non tavoli di
forma circolare, che se uniti lascerebbero dello spazio vuoto e
inutilizzato al centro. Tavoli quadrati risponderebbero alle stesse
esigenze di quelli circolari (equidistanza dei partecipanti), ma con
un limite di posti rispetto a quello rettangolare. Non è un caso
quindi che la forma di tavolo più diffusa sia quella rettangolare,
cioè quella che più di tutte, in ragione della sua lunghezza,
accentua la formazione di sottogruppi all'interno del gruppo
originario.
La Determinante Psico-Sociale nelle Dinamiche di
Disintegrazione del Gruppo
Ed è proprio la formazione di
sottogruppi – una tipica categoria psico-sociologica – a
registrare la dis-integrazione del gruppo originario nelle occasioni
conviviali. E', ancora una volta, materia esperenziale comune:
nell'impossibilità di conversare con membri dislocati lontani da sé,
ci si limita a scambi dialogici con i membri siti a portata di voce, rimanendo
il più delle volte completamente all'oscuro di ciò che avviene e di
ciò che è discusso negli altri sottogruppi. Nella maggior parte dei
casi, questi sottogruppi sono destinati a dissolversi con il
concludersi della cena, per riorganizzarsi con diverse configurazioni
ad una successiva occasione. Ma può anche capitare che si instauri
lo stigma di una sotto-appartenenza (o "appartenenza al
sotto-gruppo"), destinata a perpetuare una scissione di fatto dal
gruppo originario. Il sottogruppo tenderà a riproporre quella
disposizione attorno al tavolo che ne ha occasionato la formazione, e
si precluderà un'approfondimento della conoscenza degli altri membri
del gruppo originario, sulla scorta di un elemento identitario destinato a prendere sempre più forma.
Il gruppo originario può così
continuare ad esistere, ma, data la virtuale incomunicabilità dei
propri sottogruppi – che ratifica in forma di struttura
l'incomunicabilità sperimentata nelle singole occasioni conviviali -
esso si trova ridotto poco più di un vuoto simulacro, a un aggregato di più sotto-gruppi.
Conclusione
L'esempio del tavolo di ristorante è
solo un aspetto quotidiano di un fenomeno sociale più ampio. Ma,
proprio perchè vicinissimo a noi, è un esempio particolarmente
illustrativo dell'interazione fra decisioni economiche e dinamiche
proprie della psicologia collettiva e di massa. Come compresero i
Situazionisti, sussiste una forza tendente a smembrare la società in
un nugolo di sottogruppi autoreferenziali, a partire dalla
quotidianità di ognuno di noi. La quotidianità è quindi assieme
terreno di comprensione di questa realtà e teatro privilegiato della battaglia
contro di essa. La "tavola rotonda" diventa allora il simbolo del recupero di un senso di socialità e di comunitarismo partecipativo volti a superare le tendenze divisive del nostro tempo.
mercoledì 26 giugno 2013
LA QUERELA COME ATTO INTIMIDATORIO
(Difficoltà: 4,2/5)
La querela può diventare uno strumento
intimidatorio, e quindi antidemocratico, perchè può essere usata per inibire la libertà d'espressione e di denuncia.
La querela fa sì che la libertà di
parola sia subordinata al livello di censo: i tempi della giustizia
italiana e le alte parcelle degli avvocati costituiscono una
combinazione micidiale per chi non goda di benestare economico.
L'incertezza della pena si declina poi in una duplice forma a
offuscare ulteriormente il quadro: chi mi dice che chi ha i soldi per
tenere per anni a libro paga un avvocato non li abbia anche per
comprarsi la sentenza? Non viviamo dopotutto in uno dei paesi più
corrotti al mondo? E: ammesso che io abbia ragione e il giudice
confermi, al terzo grado di giudizio – cioè dopo anni - , che i
reati che ascrivevo al querelante sono reali, cosa rischia questi
veramente rispetto a quello che rischio io, considerati i vari indulti, gli sconti di pena e il
perdonismo di una legislazione penale fatta dai colletti bianchi per
i colletti bianchi?
La Legge Nasce per Tutelare i Deboli, Non i Forti
La legge è nata per i deboli, non per
i forti. Per i forti già esistono le leggi di natura (dove
all'ereditarietà dei tratti somatici nel regno umano si affianca
l'eredità patrimoniale e di status sociale), che li privilegiano. Ne
consegue che la legge non deve essere imparziale, bensì seguire la
sua vocazione nel porsi a tutela della parte offesa. Resta inteso che
il “debole” è colui che ha subito il torto in una specifica
occasione, e quindi il concetto non definisce per principio e in
partenza una condizione sociale o di censo.
I problemi strutturali del sistema
giudiziario italiano – afferenti in pari tempo a questioni
amministrative e legislative – implicano purtroppo la creazione di forti
squilibri. Come impedire, quindi, che anche le querele per ingiuria o diffamazione non diventino
espedienti intimidatorii in grado di interferire con la libertà di
cronaca e di opinione?
Con la naturale premessa che le
lentezze e le storture del nostro sistema giudiziario hanno una
ragione d'essere nella gaglioffaggine della nostra classe dirigente,
la principialità della Costituzione potrebbe forse offrire leva per
insenature interpretative del codice e richiamare così concetti come
la “verosimiglianza” del giudizio apparentemente lesivo, la fondatezza di questo in
accadimenti precedenti ecc. A titolo di esempio, la querela a seguito
di un'accusa giornalistica, anche qualora questa non fosse sorretta
da prove decisive, dovrebbe essere rigettata in nome dei principi di
libertà e di verità ricavabili dalla Costituzione. L'attribuzione
di un fatto dovrebbe fungere da stimolo per gli organi di informazione e
di giustizia per far luce su eventuali responsabilità, in ragione di
un criterio di trasparenza perfettamente afferibile ai principi della
libertà d'espressione e di parola.
La semplice constatazione di una
pregiudiziale nell'inizio di una causa per diffamazione - alla luce
per es. di un semplice criterio di verosimiglianza della
dichiarazione presuntivamente lesiva - dovrebbe inibire l'avvio del
procedimento, se non per accertare la veridicità delle attribuzioni
e quindi il valore testimoniale delle attribuzioni emerse, decidendo
così per il luogo a procedere ovvero per un obbligo di rettifica. Il
giudice dovrà valutare già in sede preliminare la buona fede del
querelato, cioè la sua intenzione o meno di ricercare la verità.
Per questioni minori quali scaramucce o
insulti, spontanei ovvero poco o per nulla legati a fatti specifici,
il giudice dovrebbe – come per altre situazioni simili –
subordinare la questione a un criterio economico e di censo: se la
parte lesa ritiene che la propria dignità in casi triviali le
valga più delle spese legali, può chiedere e ottenere giudizio.
Solo in caso di evidente disparità economica a vantaggio del
querelato si dovranno disporre provvedimenti risarcitori e il rimborso totale delle spese legali,
qualora si riscontrasse l'infondatezza delle attribuzioni. E' il caso,
per es., di un datore di lavoro che insulti un dipendente. Il pagamento delle proprie spese legali, per converso, dovrebbe essere sufficiente punizione per il querelato condannato/soccombente, quando questi ricopra un livello economico-sociale significativamente inferiore rispetto al querelante.
Una giustizia che si possa ritenere tale deve tener conto dei soprusi e storture generati da un consistente divario nei rapporti di forza.
Una giustizia che si possa ritenere tale deve tener conto dei soprusi e storture generati da un consistente divario nei rapporti di forza.
Conclusione
In conclusione, la giungla delle
denunce per diffamazione - strumento particolarmente in voga fra politici interessati a imbavagliare la stampa - potrebbe essere fatta uscire dallo “stato
di natura” in cui versa – e in cui scade a strumento di
sopraffazione del forte sul debole – rendendo il concetto “feudale”
di “onore” (non a caso caro alla mafia) qualcosa di gregario
rispetto ai principi civili e costituzionali della libertà, della
verità e della trasparenza, gli unici in grado di decidere sulla fondatezza di certa onorabilità.
lunedì 17 giugno 2013
10MILA COSE CHE MI FANNO INCAZZARE/9987
(Difficoltà: 0,9/5)
Se c'è una cosa che mi fa incazzare è il “giornalista inviato col ditino alzato”, cioè quel giornalista che risiede all'estero e che periodicamente, dalle poltrone dei talk-show o più comunemente in collegamento “etereo” da lidi dove la democrazia, lì sì, funziona a mille, ci versa il calice amaro della nostra inferiorità come Stato, come economia, come mentalità, come altezza media dal suolo e scelta di deodorante ecc., al cospetto del paese che lo ospita tra suite d'albergo e cene quotidiane in ristoranti, pagate spesso (si suppone più che volentieri) dal contribuente medio italiano. Questa figura è oggi rappresentata per ampi versi da Vittorio Zucconi, inviato “ammerigano” full-time (sembrerebbe), figlio di papà (il paparino Guglielmo fu pure giornalista-direttore – olè – e SEMBRA che il Vittorio sia il solito raccomandato, ma... suvvia, sempre a pensar male!).
IL "ZUCCO", OVVERO L'ARROGANZA DELL'
"ESTEROFILIA" GIORNALISTICA
Se c'è una cosa che mi fa incazzare è il “giornalista inviato col ditino alzato”, cioè quel giornalista che risiede all'estero e che periodicamente, dalle poltrone dei talk-show o più comunemente in collegamento “etereo” da lidi dove la democrazia, lì sì, funziona a mille, ci versa il calice amaro della nostra inferiorità come Stato, come economia, come mentalità, come altezza media dal suolo e scelta di deodorante ecc., al cospetto del paese che lo ospita tra suite d'albergo e cene quotidiane in ristoranti, pagate spesso (si suppone più che volentieri) dal contribuente medio italiano. Questa figura è oggi rappresentata per ampi versi da Vittorio Zucconi, inviato “ammerigano” full-time (sembrerebbe), figlio di papà (il paparino Guglielmo fu pure giornalista-direttore – olè – e SEMBRA che il Vittorio sia il solito raccomandato, ma... suvvia, sempre a pensar male!).
Questo giornalista grassoccio, pelato e
sudaticcio, arrogantello e saputello, dalle guanciotte
rossicce e l'apparenza magnona e godereccia, ha fatto show di se
stesso nella puntata di Piazza Pulita del 10/06/2013, che qui sotto
ripropongo. Eccezionalmente, qui il nostro confezionatore di
reportage dall'estero (ma più spesso di opinioni proprie che non
interessano una ceppa a nessuno), calca (supponiamo sdegnato) il suolo italico e si
materializza in persona nello studio in luogo, come d'uso, di concedersi
madonnescamente da oltreoceano mercè collegamento esterno (con tanto di
faccione in schermo da 500'' e audio ritardato e echeggiato à la
papa G. Paolo II).
Invito il lettore a prestare particolare attenzione ai punti elencati sotto al video, dove la saccenza e arroganza di questo pluripremiato monstre del nostro giornalismo d'esportazione s'appalesa in tutta la sua virulenza.
Invito il lettore a prestare particolare attenzione ai punti elencati sotto al video, dove la saccenza e arroganza di questo pluripremiato monstre del nostro giornalismo d'esportazione s'appalesa in tutta la sua virulenza.
- A partire da 1:30:20, il nostro fa una implicita tirata-spot per la proposta di legge della Finocchiaro volta a far fuori i movimenti come il M5S dalle prossime elezioni politiche.
- A partire da 1:39:15 il nostro non si vergogna di dire che è andato a mangiare a casa della piccola imprenditrice Nonino, presente in studio. Viene da chiedersi: a che titolo? E il famoso principio del distanziamento fra giornalismo e potere (politico e economico)? E se il Zucco va a cena a casa di una piccola imprenditrice, che fa con uno del calibro di Marchionne o Geronzi?
- All'1:42:08, parla il Professore Becchi, vicino al M5S. Quando questi si incarta all'inizio di una frase, il Zucco lo prende per il culo: “Ma, ma, ma”.
- A partire da 1:42:45, Zucconi si esibisce in uno sboccacciato sfogo contro Becchi e l'“assemblearismo”.Si ode ben distinta la parola "cazzo".
- A partire da 2:03:30, il Zucco ancora dileggia Becchi, dicendogli: “Ma cammina, (và)” in risposta a una parola usata da questi.
E chi l'avrebbe detto che il nostro
glorioso paese non esporta solo salsa di pomodoro, mozzarelle,
caciotte e cavoli, bensì anche cospicui cervelli giornalistici? Ma
soprattutto: perchè? Forse per somministrare alle nostre pantanose
paludi provincialistiche periodiche folate di internazionalismo,
attraverso il sano metodo dell'arroganza tesa a umiliare e a ricordarci che siamo tutti delle merde? O forse
perchè, dopo attenta considerazione, è meglio che certi cervelli se
ne stiano fuori dai... patrii confini? E ancora: ma c'è qualcosa di più provinciale dell' italiano "scugnizzo a New York" che, scambiando la grandezza dei grattacieli per la propria, si mette a guardare dall'alto verso il basso la terra che gli ha dato i natali?
La prossima volta (ma questa volta: veramente!) fateci caso.
La prossima volta (ma questa volta: veramente!) fateci caso.
martedì 11 giugno 2013
IL LATO OSCURO DELLA POP-CULTURE: WALT DISNEY
(Difficoltà: 4,2/5)
La critica alla cultura popolare in quanto tale non è solo artistocratica e snob: è concettualmente assurda. Cosa ci può essere di meglio, concettualmente, che una cultura che si rivolge al popolo, dopo che questo è stato per millenni relegato all'elemento naturale e irriflesso della condizione di sopravvivenza? Il concetto stesso di una cultura “popolare” è in sé rivoluzionario. Ciò a cui si dovrebbe rivolgere la critica è semmai l'intenzione dietro la cultura popolare: se questa assolva scopi partecipativi e divulgativi o se, al contrario, si instauri monodirezionalmente e serva gli scopi del consumo e dell'oppressione ideologica e “di casta”.
La critica alla cultura popolare in quanto tale non è solo artistocratica e snob: è concettualmente assurda. Cosa ci può essere di meglio, concettualmente, che una cultura che si rivolge al popolo, dopo che questo è stato per millenni relegato all'elemento naturale e irriflesso della condizione di sopravvivenza? Il concetto stesso di una cultura “popolare” è in sé rivoluzionario. Ciò a cui si dovrebbe rivolgere la critica è semmai l'intenzione dietro la cultura popolare: se questa assolva scopi partecipativi e divulgativi o se, al contrario, si instauri monodirezionalmente e serva gli scopi del consumo e dell'oppressione ideologica e “di casta”.
sabato 8 giugno 2013
ARTE E CRITICA DELLA SOCIETA': UN RAPPORTO IMPOSSIBILE?
(Difficoltà: 4.1/5)
La Filosofia non Può Essere "Originale"
Iniziamo col dire che quando si parla
di un filosofo, lo si definisce spesso “originale”. Ma
l'aggettivo è quanto di più sbagliato: la filosofia è la capacità
di leggere, di rispecchiare e spiegare i fondamenti della realtà,
che sono già lì presenti da sempre (per la filosofia
“sostanzialistica”) o nella contingenza storica (per gli
“storicismi” quali quello marxiano, per il quale anche il
capitalismo è una forma storica che ha un inizio e una fine). La
filosofia non è arte, quindi si può parlare di acume e intelligenza
del filosofo e della sua opera, non certo di “originalità”,
perchè questa implica creatività e inventiva. Al limite, una filosofia potrebbe essere detta "originaria" in quanto meglio si aggancia alle origini della realtà o della condizione umana in senso ontologico o storico.
A voler trattare la
questione con rigore, anche l'originalità dell'artista sarebbe
immanente alla tecnica, cioè al “filtro” stilistico
(pointillisme, surrealismo, cubismo ecc.), quindi alla
superficie, essendone il contenuto - dalla critica sociale di un George Grosz al decadentismo di Klimt per arrivare all'“angoscia”
di Munch - qualcosa di ricavato da un contesto storico o
storico-esistenziale, contingente ma pur sempre vissuto e effettuale,
o dall'universo immutabile delle pulsioni e dei desiderata
umani.
Arte e Critica della Società: un Rapporto Impossibile?
Arte e Critica della Società: un Rapporto Impossibile?
Anche l'arte in un certo modo si sforza
di riconoscere la realtà, ma non con l'obiettivo di spiegarla, bensì
di esprimerla. Per questo, essa è costretta a modificare
“creativamente” il suo stile a seconda delle emergenze portate
alla luce dal nuovo spirito dell'epoca. Per esempio, a seguito di un
periodo di crisi epocale quale quello del periodo che dalla seconda metà
dell'800 portò alla Grande Guerra, era fatale che il
linguaggio dell'artista si volgesse più decisamente
all'espressività. La brutalità e l'irrazionalità della condizione
umana erano state portate alla luce nel modo più brusco, confermando
una consapevolezza che già fermentava da tempo nell'ambito
filosofico e culturale (Schopenhauer, Nietzsche, Freud, Bergson), e avrebbero imposto una “lettura” più
essenziale e comprensiva della realtà, la ricerca di un minimo
comune denominatore dell'agire umano e della natura che avrebbe
smascherato il metodo realista come inadeguato. Se nell'arte antica e
moderna l'atto empio poteva essere fermato nel tempo come fatto singolo,
legato a un fatto storico o a una narrazione mitica, e il
collegamento con una condizione universale era lasciata alla sua
rilevanza storica o a una simbologia già tramandata (ad es. la
“Cacciata dal Paradiso” di Masaccio illustra un fatto biblico che è perciò già di per sé portatore di una caratura simbolica e universale),
ora esso diventa solo una singolarità nel violento magma della
passionalità umana in sé o nella sua interazione con una storicità
che la rivela per ciò che essa è veramente. Il risultato è che diventa
inessenziale soffermarsi sul singolo atto, e bisogna invece adeguare
il medium artistico nel senso di una più grande e decisiva
generalizzazione. Non più il delitto, ma la passione che rende
possibile il delitto; non più il fatto storico o umano, ma la
condizione storica o umana. Non più il Realismo, ma
l'Espressionismo (cioè la prima tendenza del nuovo corso
avanguardistico dell'arte novecentesca).
Ecco allora che la parola “realtà”
lasciata a se stessa non è materia né della filosofia né dell'arte
in senso moderno: entrambe non hanno interesse per la realtà per
come si manifesta, ma si pongono un problema della “verità della
realtà”, della sua lettura e interpretazione. La via intrapresa
dall'arte sarà quella dell'espressività, quella della filosofia la
teoria e la spiegazione.
Arte e Critica della Società: un
Rapporto Impossibile?
Tutto questo detto, l'arte
contemporanea può possedere una carica socialmente critica, ma
questa è lasciata alla suggestione e al potere evocativo
dell'immagine. L'arte cioè “suggerisce”, non spiega, e quindi
non consente, anche nelle sue forme più efficaci, una partecipazione
consapevole e attiva dello spettatore, che rimane quindi un
“astante”, un soggetto contemplativo, anche se nel senso più alto. E poco aggiunge l'indubbio assorbimento partecipativo del nuovo fruitore dell'arte, che è in grado di operare “letture” di stili divenuti complessi e di scorgere referenti tematici delle opere sempre più nascosti dietro lo stile:
tutto si svolge all'interno del discorso artistico. E' quindi facile
comprendere come l'arte d'Avanguardia abbandoni ben presto la critica della
società, che non aveva mancato di incarnarsi in forma “diretta” in manifestazioni potenti (il già citato Grosz), per convogliare
l'aspetto critico nell'ambito angusto del “sottosistema sociale
artistico” (Peter Bürger), in forma di una polemica nei confronti
dell'irregimentazione del discorso artistico nell'istituzione museale
e in tutti i santuari della contemplazione borghese. Già solo in
questa limitazione del suo abbraccio critico, già solo per il fatto
cioè che l'arte dell'Avant-garde “settorializza” la sua
critica, marchiandosi a fuoco con quel tipico contrassegno
dell'organizzazione borghese della società che è la “divisione del lavoro”, il suo discorso si riduce a null'altro che a una
diatriba interna al mondo borghese, e il riscontro nella sua
impostazione di un certo retrogusto snobistico e elitario non è
casuale: molta dell'arte dell'Avanguardia Storica, se non tutta, supera l'arte
borghese non in direzione del popolo, ma in direzione di
un'aristocraticità contenente già i germi della sconfitta a venire.
L'Arte Situazionista come Prima
Autentica "Arte Critica”
Fu così che l'accostamento di un impianto teorico
all'arte non potè andare aldilà dei “manifesti” introduttivi,
come quello celebre di Breton. Solo i Situazionisti,
corrente di nuova avanguardia artistica sorta negli anni'50,
cercarono di implementare una reale integrazione fra teoria e prassi,
cioè fra filosofia e critica della società e arte. L'arte viene
pensata a partire dalla “teoria” - che è fondamentalmente la
“teoria critica” della Scuola di Francoforte, cioè
l'impiego delle categorie marxiane in una prospettiva
interdisciplinare - e questa vede a sua volta nell'arte un
imprescindibile correlato pratico. La società – questo il
messaggio situazionista - non deve solo essere capita attraverso la
teoria, ma anche trasformata attraverso l'arte; nel contempo, l'arte
non può operare da sola, ma deve avvalersi di un impianto teorico
che la guidi, pena l'autorelegarsi a “sottosistema sociale” e
culturale nell'organizzazione borghese della società e quindi,
sostanzialmente, l'esservi assimilata come feticcio dell'autocontemplazione borghese (diventato nel frattempo il consumismo delle immagini nello Spettacolo).
Invece, i dipinti di Grosz entrarono nei musei, e vi entrarono per essere contemplati e “goduti” dalla stessa borghesia egoista, lussuriosa e corrotta che essi raffigurano.
Invece, i dipinti di Grosz entrarono nei musei, e vi entrarono per essere contemplati e “goduti” dalla stessa borghesia egoista, lussuriosa e corrotta che essi raffigurano.
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